Narrativa transnazionale

Briciole

Scritto da Raffaele Taddeo

Alketa Vako
Briciole
Besa, novembre 2016

I fiocchi di neve sono briciole che poi si solidificano a formare ghiaccio; la segatura, briciole di legna, va a formare i pallet che ci scaldano;   anche le briciole di pane, se raccolte, possono, con un addensante adatto, costituire un qualcosa di solido e non disperdibile.
Briciole, composizioni di brevi racconti, riescono a costituire un solido tessuto letterario ove poesia e narrazione riescono a coesistere ad attorcigliarsi, a dipanarsi in sorgente di sensi vivi e intensi.

In quasi tutti i racconti è presente un elemento comune, che, forse, ha alimentato, per molti anni negli albanesi, un immaginario collettivo negativo: Il mare, l’acqua. Questo fluido, come forse avviene in quasi tutte le culture, può assumere il duplice aspetto di morte o di risurrezione.   Nella maggior parte dei racconti di questa raccolta l’acqua è specialmente un simbolo di incertezza, di profonda angoscia e molto spesso di morte. Il percorso fatto sulla terra da chi ci cammina costantemente, lascia tracce anche per secoli. È così che è avvenuto nei boschi più intricati, in cui le orme di chi andava a piedi hanno formato le diverse strade religiose.   La scia bianca che lascia una imbarcazione, dieci imbarcazioni, mille imbarcazioni nel mare, ma in genere in ogni distesa di acqua, non permane. È come se non ci fosse passato nessuno.  Un percorso di terraferma unisce, collega cultura, tradizioni, vita, perché ogni passo lascia dietro qualcosa, ma acquista qualcos’altro fino a perdere la dimensione di cosa si è lasciato e cosa si è acquistato essendo divenuto tutt’uno. Le città aperte e poste ai confini hanno proprio questa caratteristica. Si pensi a Trieste. Il mare, una distesa d’acqua porta ad una separazione irreparabile che si configura nelle mente come qualcosa di totalmente nuovo. Ciò che si lascia indietro rimane solo nella memoria e il nuovo si configura come rinascita.  “La lontananza è ghiaccia come la prima neve quando meno te lo aspetti”.

È significativo uno dei primi racconti, si riporta il tentativo di suicidio nell’acqua di un lago. Poi uno degli ultimi racconti fa intuire un altro suicidio nell’acqua del fiume. E poi in diversi racconti   emerge la negatività dell’acqua del mare, che, a volte se non spesso, inghiotte chi si avventura per un viaggio alla ricerca della sopravvivenza o della rinascita di una propria vita.  Il mare non risparmia nessuno, neppure chi è già stato dileggiato, denigrato dagli uomini. Ci si sarebbe aspettato che là dove l’uomo non è capace di umanità, sia la natura stessa a salvare e proteggere. Ed invece no.  È del tutto assente la prospettiva dell’acqua che salva, fa risorgere.

Le altre narrazioni sembrano assumere una varietà difficile da incasellare e tuttavia, mi sembra che la fisicità, la corporeità sia un altro aspetto determinante, come in Fratello Sole, Sorella Luna, oppure in Mani, pelle.

Infine, vi è una attenzione significativa al fatto linguistico, cioè alla conquista di una nuova lingua, all’essere da lei abitata.

Tahar Lamri ebbe a scrivere e affermare che il padroneggiamento della lingua del paese ospitante, la volontà di impossessarsene, denunciava una volontà di acquisizione di libertà, perché la lingua del paese da cui ci si è allontanati, se non fuggiti, era quella che imprigionava. Concetto simile esprime Alketa Vako, quando ripercorre il rifiuto di assoggettarsi alla declinazione della propria lingua. Occorre impossessarsi di un’altra declinazione che dia l’incipit a nuove espressioni di narrazioni e di libertà.

Aspettiamo da questa scrittrice nuove esperienze narrative, perché quando vuole sa essere raffinata anche sul piano linguistico con ricerca di termini anche inusuali. Ma specialmente sa associare narrazione e poesia.

raffaele taddeo
giugno 2021

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".

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