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Intervista. Luisa Carrer

INTERVISTA DI LUISA CARRER

Sto investigando in quale misura e con quali modalità il supporto digitale
può favorire il potenziale creativo delle persone immigrate in Italia nonché
la sua diffusione. Recenti studi sull’immagine degli immigrati nei mass
media italiani (TV, radio, stampa) hanno dimostrato la generale
tendenziosità dell’informazione, e provato la quasi totale assenza di
considerazione e promozione della letteratura della migrazione. Ebbene,
vorrei capire quanto ha potuto e può il mezzo elettronico per alterare
questa tendenza e dirigerla in senso del tutto opposto.

È un fatto risaputo che l’immagine degli immigrati nei mass media italiani è manipolata e distorta. Gli stranieri in Italia sono presentati quasi sempre collegati ai più squallidi casi di cronica, oppure ritrattati con una sorta di ipocrita compassione in situazioni di miseria e di abbandono. Sono sempre ritrattati come “perdenti”, come quello che negli USA chiamano gli “underdogs”, mentre un libro recente come “Fratellastri d’Italia” mostra invece che la loro è una storia di successi, anche economici. Che è altissimo il numero di imprenditori riusciti che sono arrivati in Italia soltanto pochi anni fa come immigrati, a volte addirittura clandestini. Questo per non parlare degli “scrittori migranti”, un caso sorprendente e innegabile di affermazione sociale e culturale. Si tratta di una storia di successi che supera sicuramente quella degli emigranti italiani all’estero un secolo fa, “quando gli albanesi eravamo noi” come illustra il sottotitolo di un altro ottimo libro recente, “L’orda”.

Senz’altro Internet ha un ruolo decisivo nell’equilibrio necessario riguardo a quest’immagine. È evidente a questo punto che la rete è diventata – magari a scapito dei suoi creatori – il grande, e forse unico vero sistema di informazione alternativa a quella “ufficiale”, e l’ultima guerra del Golfo, così come, per rimanere in Italia, le denunce delle torture e dei soprusi durante il G-8 a Genova nel 2001, lo comprovano. Questo accade soprattutto perché la produzione e l’emissione d’informazione attraverso Internet, almeno per ora, ha dei costi relativamente bassi, e quindi sopportati da quei gruppi sociali e culturali che non possono contare con le abbondanti sponsorizzazioni dei suoi detrattori. Se tutto questo sarà o meno in grado di alterare queste tendenze neo-conservatrici, o per usare una felice espressione di Pasolini, il “fascismo consumistico” dei nostri tempi, con il suo carico di preconcetti e di razzismo, solo il tempo dirà.

Quando nasce l’idea di ‘Sagarana’ come rivista elettronica?

È nata pochi mesi dopo le attività della Scuola Sagarana, come una naturale espansione del sito, creato nel 1999, e che è il nostro principale strumento di diffusione (una volta che la stampa tradizionale era, ed è tuttora, ostile o indifferente a iniziative culturali come la Sagarana).

Perché una rivista elettronica: vi è una motivazione ed una filosofia
precisa dietro la scelta del supporto digitale, o, forse, i minori costi
rispetto ad una pubblicazione a stampa sono stati decisivi?

Tutte e due le cose, in primo luogo la questione dei costi, ma soprattutto, più importante dei costi, la distribuzione, che è il nodo centrale dell’esistenza di una rivista culturale. Poi, una filosofia di inserimento: a) arrivare dappertutto, anche in altri paesi dove si studia la cultura italiana e dove ci sono lettori, soprattutto nelle università. b) Arrivare gratis a tutti quelli che avranno accesso a un computer (e oggi questo acceso è libero nelle scuole e biblioteche). È la democratizzazione assoluta di questo tipo di informazione. c) Aprire ai contributi dei lettori in un ambiente interattivo possibile solo attraverso le nuove tecnologie della comunicazione. d) Esperimentare nuove possibilità estetiche e organizzative di un sito Internet letterario, ottimizzare quindi il suo potenziale.

Come viene accolta l’idea di una rivista elettronica dalla comunità dei
collaboratori alla rivista?

Dalla comunità specifica dei nostri collaboratori, benissimo, senza problemi, direi proprio con entusiasmo. Già dall’ambiente letterario in generale, soprattutto dei più anziani, con interesse, curiosità, ma anche con una certa diffidenza, per due ragioni, da quanto ho potuto capire. Una è concettuale: una rivista dev’essere per forza fatta di carta, altrimenti non è una vera rivista, non si può leggerla bene, non si può mostrarla né archiviarla, non è nemmeno una pubblicazione che meriti di essere inserita in un Curriculum serio; l’altra è, direi, giuridica-paranoica: se pubblico un testo mio in questa Internet, qualcuno potrà rubarlo, copiarlo e poi firmarlo come suo, ed io non lo scoprirei mai, e anche se vengo a scoprirlo, non saprei cosa fare, a chi rivolgermi per ripristinare i miei diritti d’autore. È una cosa troppo pericolosa, questa Internet…

Di quale natura è il feedback che ricevete dai lettori? Potete affermare
che la letteratura della migrazione ha tratto sicuro vantaggio dal mezzo
elettronico – penso in particolare alla rubrica ‘Ibridazioni’- richiamando
lettori che prima non l’avevano mai avvicinata?

Il feedback è straordinario, i giovani soprattutto capiscono subito che si tratta di una rivista seria, che avranno una visibilità enorme se pubblicano in essa, una visibilità che oggi come oggi nessuna rivista culturale cartacea in Italia potrebbe offrirgli. Loro sono cresciuti inseriti ormai in questa realtà. Inviano i loro testi in abbondanza, il meglio che producono, e sono molto orgogliosi quando riescono ad avere un testo accettato dalla rivista.

Senz’altro la letteratura della migrazione è quella che più trae beneficio – rispetto, diffusione, spazi di riflessione – dalle pubblicazioni sulla rete. Oltre alla sezione “Ibridazioni” sulla rivista Sagarana, potrei menzionare anche il sito della Rivista El Ghibli, di Il gioco degli specchi, di Kuma, di Immiground, di Voci dal silenzio, ecc.

Chi cura l’aspetto prettamente tecnico e di output della rivista? La
struttura del sito (che apprezzo molto) è stata pensata specificamente per
il tipo di contenuto?

Sì, la struttura – ciò che io chiamo “l’architettura” del sito – è stata concepita a posta per questa specifica pubblicazione, da me personalmente. Poi ho portato la bozza del progetto a un gruppo di web designer molto bravo, che ha dato la forma iniziale del sito (la distribuzione fisica degli spazi, i colori, i caratteri, la dimensione delle foto, ecc). Dopo questo gruppo iniziale di webmasters, chiamato Memphremagog, siamo passati sei mesi dopo a un’altra ditta del genere, Animago, poi a un designer individuale, che è stato recentemente affiancato da una nuova squadra, stavolta di webmaster brasiliani, con sede a Niterói, in Brasile, chiamata Pixel. Sono loro che hanno realizzato due mesi fa il progetto grafico della nuova sezione Il Direttore (sempre a partire di una “bozza architettonica” mia).

L'autore

Luisa Carrer