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Intervista. Fabio Germinario

FALSI SUL WEB: OPERA DI BRASILIANI

di FABIO GERMINARIO

La rete è piena di “falsi d’autore” come la poesia che l’ex ministro Mastella ha attribuito a Pablo Neruda. Secondo lo scrittore Julio Monteiro Martins si tratta di una moda proveniente dal Brasile
Chissà se l’ultima immagine che ci rimarrà negli occhi della seconda Repubblica sarà quella di un ministro della Giustizia che si dimette per sedicente «senso dello Stato» leggendo una falsa poesia di Pablo Neruda.
E’ il 16 gennaio e Clemente Mastella, nel generale stupore dei senatori e del pubblico televisivo che in quel momento lo sta seguendo, fa precedere il voto che affonderà il governo Prodi dalla lettura di un testo che attribuisce al poeta sudamericano.
L’effetto mediatico è forte e studiato, ma la paternità di quella poesia vagamente new-age è improbabile come il ruolo di chi l’ha declamata. Il giorno successivo, evidentemente distratti dalla bufala politica, sono pochi i commentatori che smascherano quella letteraria.
Quei versi enfatici e melensi non appartengono infatti al grande poeta cileno e neppure alla poetessa carioca Cecília Benevides de Carvalho Meireles, come riportato da altri giornali. Sono invece opera di tale Martha Medeiros, scrittrice e giornalista di Porto Alegre il cui nome è già emerso in casi analoghi.
Con ogni probabilità Mastella, in caccia di clamorose giustificazioni alla gravità del proprio gesto, è stato vittima di una delle nuove mode circolanti sulla rete: attribuire ad autori famosi il contenuto di testi altrimenti destinati al grigio anonimato. Una moda che conta un numero sempre maggiore di adepti e che sembra avere radici brasiliane.
Ne parliamo con Julio Monteiro Martins, scrittore di Niteroi (RJ) da tempo residente a Lucca, dove dirige una scuola di scrittura. Avendo pubblicato nove libri in Brasile e cinque in Italia ed essendo conoscitore di «scrittura migrante» appare la persona più qualificata per comprendere e commentare il fenomeno della letteratura contraffatta.

Professor Martins, lei sostiene che la rete è costellata di “falsi d’autore” e che il fenomeno riguarda principalmente il Brasile. Può spiegarcene il motivo?

«Da molti anni osservo questo strano fenomeno, anche perché essendo da otto direttore di una rivista letteraria, la Sagarana, i lettori mi inviano spesso poesie e testi cui sono particolarmente affezionati. Già qualche anno fa avevo notato, tra i messaggi ricevuti dal Brasile, alcuni testi firmati da un brasiliano come Millor Fernandes e da un portoghese come Fernando Pessoa, ma anche da Jorge Luis Borges o da Charlie Chaplin, che chiaramente erano contraffazioni».

Lei come se ne è accorto?

«Era facile capirlo: si trattava di brevi articoli o poemetti di pessima fattura, stucchevoli, leziosi, scritti in quel modo “new age” buonista, per intenderci in stile Baci Perugina. Cose del tipo “un vero amico è quello che…”, oppure “muore lentamente chi non cambia le proprie abitudini…”, oppure “amare è non avere più una ragione per sentirsi solo…”, e così via. Una cosa proprio deprimente, scadente e inqualificabile dal punto di vista letterario. Roba da deficienti. Ma che purtroppo sembra piacere a un sacco di gente, soprattutto ai giovanissimi, in Brasile e non solo. Un segno dei tempi, probabilmente. Brutti tempi per la cultura…».

Si consoli: non solo per la cultura. Ma esistono, che lei sappia, anche casi analoghi accaduti in Italia o che riguardano autori italiani?

«Da parte di autori italiani non mi risulta. Ho verificato però la diffusione in Rete di traduzioni in Italiano di alcuni di questi testi falsificati, traduzioni di poesie attribuite a Chaplin, per esempio, o questa che ora è diventata famosa a partire dal recente episodio Mastella, col titolo dolciastro e magniloquente di “Ode alla vita” e attribuita a Pablo Neruda… Povero Neruda, che è sempre riuscito a mantenersi lontano dal “kitsch” anche parlando dell’amore, un argomento che spesso scivola nel cattivo gusto, e ora sembra che ci siano su Internet circa 50mila pagine con questo incubo che è questa “poesia” contraffatta che porta la sua firma».

Perché si dice convinto che queste contraffazioni siano opera di brasiliani?

«Perché all’inizio, prima ancora che i “falsi” circolassero in Italia, ricordo di averli letti in portoghese, e non a caso la maggior parte degli autori scelti per la contraffazione sono classici moderni brasiliani, portoghesi e ispanoamericani che si insegnano nella scuola media. Oppure sono autori che spopolano oggi in Brasile, come Luis Fernando Veríssimo, Mario Quintana e Clarice Lispector. La divulgazione in Italia di opere contraffatte – che non è soltanto una leggerezza, ma una barbarie, e anche un atto illegale di uso non autorizzato del nome di un autore conosciuto – ha avuto il contributo di un gruppo di devoti brasiliani della setta spiritistica del kardecismo, creata a partire dalle idee del mistico francese dell’Ottocento Alan Kardec, e che è diventata chissà perché molto più popolare tra il ceto medio brasiliano che nella Francia stessa. Per esempio, questo gruppo di Kardecisti in Italia ha divulgato in uno di quei allegati formato pps, che sembrano una mostra di diapositive, una poesia spacciandola per opera di Cecilia Meireles, che è stata una poetessa di altissimo livello e scriveva una poesia esistenziale densa e intensa, di grande spessore e frutto di uno straordinario lavoro linguistico. Questo file, che portava il titolo, guarda un po’, di “Non tutto è facile”, iniziava così: “Non tutto è facile / È difficile far felice qualcuno / Così come è facile farlo infelice. / È difficile dire ti amo / Così come è facile non dire niente…”. Ecco, questi seguaci del Kardecismo forse agendo in buona fede hanno però collaborato, con la loro leggerezza, al compimento di questo scempio letterario. Perché mi dica se non è un crimine attribuire pubblicamente a Cecilia Meireles un testo così banale e lezioso come quello che ho citato. Mi chiedo se sia in buona fede anche la vera autrice di questa “Ode alla vita”, e per quale motivo anche altri suoi testi siano apparsi in Brasile con le più svariate “firme famose”. Non peccheremo di ingenuità?».
Può darsi. Si tratta dunque secondo lei di un fenomeno diffuso?

«Purtroppo sì, molto diffuso. E questo è davvero preoccupante, perché il fatto tragico è che per la maggior parte dei lettori, che spesso ignorano l’opera di questi poeti e scrittori, oppure hanno provato a leggerla e non l’hanno capita, queste contraffazioni sono più apprezzate dell’opera originale degli stessi. C’è il rischio che diventino a tutti gli effetti la “opera originale” conosciuta di questi autori. Questo succede perché la moltitudine di lettori, superficiale e letterariamente ignorante, si identifica a meraviglia con queste versioni impoverite e mielose dal momento che queste almeno riescono a capirle. Solo questo può spiegare il fatto che ci siano più pagine in Internet di questa falsa “Ode alla vita” che di tutta la vera poesia di Neruda. Forse però è il caso di ricordare che quando la qualità del consumo letterario decade a questi livelli ne consegue un tale impoverimento intellettuale, concettuale e di sensibilità che la stessa democrazia ne è a rischio, perché la libertà dell’uomo è in gran parte assicurata dalla qualità del suo pensiero. E poi, un paese che non cura la qualità della cultura offerta ai suoi cittadini – e parlo del Brasile come dell’Italia – è in procinto di perdere il controllo su se stesso e di essere colonizzato culturalmente da altri paesi più diligenti, con più attenzione alla loro identità e al valore della loro produzione culturale».

Ma che cosa spinge a scrivere testi, oppure ad attribuirne altri già circolanti, ad autori famosi?

«Ovviamente il fatto che se non fossero firmati da questi autori nessuno li leggerebbe, oppure sarebbe subito chiara la mano di dillettanti e di cretini. Così, tuttavia, firmati da queste “autorità”, arrivano al lettore con l’aura di prestigio che queste firme automaticamente recano. Ma tranne quelli che davvero leggono e amano la letteratura, non è facile per il lettore inesperto capire in un primo momento che si tratta di un falso. Così, in buona fede, si girano gli email agli amici e si fa circolare via Internet questa nuova “simpatica e dolce poesiola” di Neruda, o di Borges, o di Charlot. Ho assistito addirittura, durante una cena con amici, alla lettura pubblica di questa “Ode alla vita” di “Neruda”, ed era un professore di Italiano di un liceo toscano a recitarla, quasi estasiato! Può immaginare il mio imbarazzo! Come fa un docente di Italiano a non capire che quello schifo non potrebbe mai essere stato scritto da un poeta dello spessore di Neruda?».

Non le sembra di esagerare in una società attuale dove ormai vero e verosimile coincidono? Quali sarebbero le conseguenze, sotto il profilo culturale, e in particolare letterario, di questa nuova moda?

«Io spero soltanto che non diventi una nuova moda. Sarebbe terribile. Se questa cosa diventerà epidemica, gran parte dei lettori che utilizzano Internet non avrà più i parametri per distinguere le opere vere da quelle contraffatte che circolano liberamente. Sarà un altro gradino in giù verso l’abisso dell’ignoranza generalizzata. Siamo impantanati in una melma indistinta di banalità. Come se non bastasse il fatto che la letteratura è stata colonizzata – complici il grande mercato editoriale e la stampa – da prodotti molto scadenti del tipo Harry Potter, Paulo Coelho, Stephen King e Il Signore degli Anelli, che impoveriscono il pensiero e riducono l’atto di leggere a conferma di stereotipi e preconcetti, ci mancava ora che anche i grandi autori del passato fossero presentati – e denigrati – attraverso parole che non hanno mai scritto, e che non avrebbero scritto mai. E attenzione, difendere l’integrità di queste opere e protteggere questi autori – il nostro più prezioso patrimonio – significa difendere noi stessi, evitare che il mondo dei nostri figli diventi un mondo banale e stucchevole, e di conseguenza anche superficiale, ingiusto e crudele, incurante dei valori dell’umanità. Perché, si sa, estetica e etica sono collegate. E lasciar correre questi scempi della letteratura rappresenta un danno oggi e un serio pericolo per il futuro».

L'autore

Fabio Germinario