Il Laboratorio di Scrittura “Sagarana”, guidato da Julio Monteiro Martins
Intervista di Marta Traverso
Perché una persona potrebbe o dovrebbe imparare tecniche di scrittura creativa?
Non si tratta di imparare soltanto “tecniche”, ma di immergersi in un’esperienza totale di scrittura, anche perché scrivere non è solo un “fare” ma è soprattutto un “essere”. Quindi è fondamentale lo sviluppo di una certa sensibilità, di una certa visione di mondo, l’essere spinto da energie morali e politiche, verso la trasformazione della società. Altrimenti, a cosa servirebbero le “tecniche”? Diventerebbero strumenti amorali e antietici, e basta. E il mondo non ha bisogno di altri “scrittori” conformistici, banali o pieni di preconcetti. La questione è: a cosa serve sapere “come “ scrivere se non si sa “cosa” scrivere e men che meno “perché” scrivere?
La vera letteratura non è mica un’altra attrazione dell’ “industria dell’intrattenimento” (che invece dovrebbe essere la sua più radicale nemica) , non è mero show business e non insegue il successo mediatico a tutti i costi, anzi, lo disprezza come frutto marcio di un terreno culturale inquinato. La vera letteratura è un modo forte e efficace di intervenire nella cultura, creare consensi alternativi, rivelare tutto ciò che il sistema cerca di nascondere, e finalmente contribuire a cambiare la vita di tutti. Altrimenti sarebbe solo un esercizio inutile e autoreferenziale di culto al proprio ego.
Quanti suoi allievi sono riusciti poi a pubblicare una loro opera?
Insegno scrittura creativa dal 1979, prima negli Stati Uniti, in inglese, all’Università dello Iowa e nel Goddard College, nel Vermont, poi a Rio de Janeiro, all’Oficina Literária Afrânio Coutinho, poi a Lisbona, all’Istituto Camões, e per finire in Toscana, a Lucca, Pistoia e Firenze, nella Scuola Sagarana. In questi ormai 32 anni di insegnamento tanti miei allievi in ciascuno di questi paesi sono diventati non solo scrittori pubblicati con grande merito (in Italia potrei citare gli scrittori Andrea Bocconi, Flavia Piccini, Francesca Caminoli, Katia Sebastiani, Livio Macchi, Damema Marcard, Fabrizio Mercantini, Monica Dini, Daniele Pierotti, Marina Sassu, una giovane scrittrice romana scomparsa quattro anni fa, Enzo Cei, Giovanna Gemigniani, Elena Pugliese, Aurora Borselli, Alessandro Agus, Martina Peca e Consolata Lanza), ma anche editori, agenti letterari, attori, giornalisti, umoristi, critici letterari e professori di scrittura creativa. Un laboratorio come quello della Sagarana apre le dighe della mente e dell’identità, fa sì che uno riconosca in se stesso la propria vocazione e il proprio talento specifico, oltre ad acquisire il coraggio di svilupparlo e di renderlo concreto.
Crede che per pubblicare con una grande casa editrice conti più il merito o la “conoscenza” di “qualcuno”? Quali percentuali fra le due?
Le conoscenze, sì, senz’altro, ma anche il fatto che l’autore sia già conosciuto in altre aree di attività, e che quello che scrive si addica allo stile della casa editrice, al suo progetto di marketing: sono spesso libri melensi e stucchevoli, o che rispecchiano certi stereotipi e cliché.
Il panorama oggi è desolante. Il talento e i meriti dell’opera contano zero (anche perché gli originali “non raccomandati” non sono più letti dalle case editrici medie e grandi, e non si può indovinare il contenuto dei manoscritti per telepatia, non è vero?)
Se crede nel merito, quali sono le sue azioni quotidiane per favorirlo?
Persistere, avere costanza, essere serenamente consapevole di chi sei e del valore di quello che fai. Il resto viene da sé, o non viene, ed è un po’ lo stesso, perché il valore autentico di un’opera non potrà essere negato né sottratto dalle circostanze editoriali avverse. Nel peggiore dei casi, il libro rimarrà inedito per un lungo tempo, senza che gli sia concessa visibilità, che invece è abbondantemente offerta alle opere scadenti e inutili, e non a caso. Del resto, l’oblio ha già nascosto ai lettori tanti grandi libri, e non per quello sono diventati meno grandi. Bisogna avere la saggezza di distinguere quello che è essenziale da quello che è meramente circostanziale. In un tempo in cui prevalgono i valori più distorti non sarebbe possibile che i libri belli trovassero più spazio delle nullità che prosperano senza limiti.
Per questo bisogna intervenire sul nostro tempo con la scrittura, prima che sia troppo tardi e non sia più possibile farlo. Bisogna cambiare il suo carattere e il suo spirito. Solo quando questo avverrà le opere di qualità saranno scelte al posto di quelle brutte e insignificanti.
Che cosa pensa delle scuole di scrittura creativa italiane se riflette in termini di qualità?
Si contano nelle dita di una sola mano, in Italia, quelle che sono tenute da professori veramente preparati, che siano scrittori veri, di alto livello, e che allo stesso tempo conoscano le metodologie didattiche specifiche di quest’area e che abbiano con gli allievi la dose indispensabile di empatia per entrare in sintonia con la loro vocazione naturale.
Ritiene che blog come Sul Romanzo possano essere utili in tale senso e quali sono i rischi all’orizzonte per le proposte on line?
Tutti gli spazi di informazione e di riflessione su questo argomento sono utili, anche perché non sono molti. Ma saranno più utili ancora se sapranno sin dall’inizio separare le iniziative serie da quelle dilettantesche.
Escluso lei, ci indichi qualche nome di insegnante di scrittura creativa in Italia che reputi professionale e originale.
Giuseppe Pontiggia e Pietro Pedace (putroppo già morti), Sandro Veronese, Mia Lecomte, e Valerio Magrelli, gli ultimi due nell’area della poesia.
Quale consiglio darebbe a una persona che sta decidendo come valutare la serietà di un corso di scrittura creativa?
Innanzitutto, leggere alcune opere del suo futuro orientatore. Capire che tipo di scrittore è. Poi avere un colloquio personale o almeno telefonico con lui o lei, per sentire il suo livello di serietà e capire se c’è un’ “alchimia” tra allievo e professore, una sensibilità condivisa (e anche lui, se è un professionista, deve poter valutare da questi colloqui se ha l’interesse o meno di investire il suo tempo in quell’allievo).