Idolo Hoxhvogli
Introduzione al mondo – notizie minime sopra gli spacciatori di felicità
Scepsi & Mattana 2011
raffaele taddeo
Una prima difficoltà quando ci si pone il compito di recensire un libro come questo è quella di inserirlo in un genere. “I Pensieri” di ascendenza pascaliana possono essere un modello di riferimento. Ma lo può essere anche un genere come quello satirico. Eppure è ancora qualcosa di proprio che sfugge ad ogni regola classificatoria. Siamo di fronte ad una sorta di riflessioni acide, aneddoti pungenti, spunti satirici e mordaci rivolti, più che contro qualcuno, verso la società stessa e la sua organizzazione. Quest’insieme di brevi testi è suddiviso in tre parti denominate: La città dell’allegria, Civiltà della conversazione, Fiaba per adulti. In effetti l'”allegria” è la cifra tematica delle riflessione che Idolo Hoxhvogli offre e propone in questi scritti. E’ una allegria che viene proposta e viene imposta nominalmente, perché ci sono megafoni nella città che continuano a ripetere questo termine fino a farlo diventare un suono unico non più distinguibile. Nessuno può sottrarsi a essere inondato da questo rumore di fondo che incombe sulla città, neppure se allegro non è e vorrebbe vivere in pace senza “allegria”. In alcune pagine viene proposto lo schema diagrammatico della diffusione dell'”allegria”, o, come in altra parte, la struttura piramidale dell'”allegria”. E’ eloquente l’aneddoto che coniuga con sarcasmo la distanza enorme esistente fra governanti e governati, come si può osservare in “La legge in città” (riscrittura, si dice poi in nota alla fine del libro, di un brano di Kafka), in cui si racconta di come alla “legge” è impedito di entrare nelle stanze del sindaco, il quale assomiglia molto ad un primo ministro italiano da poco dimessosi. Non potevano certo mancare “pensieri” sulla condizione degli stranieri. Quelli intitolati “il noi”, “l’altro”, “Guardoni”, “Piccola biografia” sono una gamma di considerazioni sull’essere stranieri, non solo in Italia, ma dovunque. Si scopre che è una violenza “il silenzio assordante dell’indifferenza”. Con questo ossimoro si coglie una delle caratteristiche del rapporto fra autoctoni e stranieri che quando sembra pacifico è invece sottilmente, ma brutalmente violento. Sono tante le considerazioni acute e sottili che possono essere portate ad esempio. Si rimanda quindi al desiderio del lettore di scoprirlo. Ed è sorprendentemente vero quanto si afferma in “rilettura” che un testo non vale la pena leggerlo se non quando vale la pena rileggerlo.
Alcune spunti analitici sulla lingua, che è elevata. Ci si trova davanti a termini inusuali e ricercati come “aggottare”, o “scaracchio”. Ma spesso si gioca con le parole e con le trasformazioni che portano ad altri significati. Si osservi ad esempio questo passo: “Siamo entrambi gravi, io e il soggetto. Gravitiamo per volere di una gravità dalla quale non c’è redenzione. Dovremmo limitarci a gravitare. Non dovremmo gravarci a vicenda. Non dovrebbe gravarmi ingravidando.” Oppure ancora:”Qualora un qualunquista qualsiasi si recasse in un altrove qualunque, le cose cambierebbero”.
Personalmente l’introduzione che recita in questo modo: “Le radici, secondo i più, si trovano nel passato. In questo modo pongono un’ipoteca sul soggetto e sul suo avvenire, perché il passato è stato una volta e per sempre….A coloro le cui radici sono nel futuro, a loro è dedicato questo libro.”, mi ha fatto sperare in qualcosa di diverso, mi ha fatto sperare in una serie di riflessioni ove l’identità venisse collocata non nelle esperienze fatte, ma nei sogni che ciascuno fa. Come a dire “sei come sogni”. Ed invece mi sono trovato di fronte ad una continua sottilissima satira, ma ancora coniugata sul passato, perché la satira può parlare del gravido passato o al massimo del presente.
23-01-2012