Narrativa transnazionale

La cicogna che sorveglia i barconi

Sono una cicogna bianca con la coda nera, il becco lungo, un po’ a punta. Mi chiamo Crispina (non so chi è stato il primo a chiamarmi in questo modo, non è stata una bella idea, secondo me, con tutti i nomi che ci sono, però ormai mi chiamo così e mi tengo il mio nome). Emigro da un posto all’altro, come tutte le cicogne, ma due anni fa ho deciso di non spostarmi più insieme al mio stormo e di andare da sola. È successo così: stavo sorvolando il mare con un’altra decina di cicogne e all’improvviso ho visto sulla superficie dell’acqua un barcone pieno di gente che faceva su e giù in mezzo alle onde. Dall’alto sembrava piccolo, quel barcone, ma man mano che mi avvicinavo s’ingrandiva sempre di più e scorgevo tante teste, una incollata all’altra. Mi sono staccata dal gruppo per andarlo a vedere più da vicino. Il sole non era ancora spuntato sul mare e sull’orizzonte c’era un fascio di luce arancione che illuminava tutto. Io volavo sopra il barcone, a circolo (come fanno gli avvoltoi, anche se io non lo sono, ma mi veniva di fare così). Qualcuno, mi ricordo ancora, aveva alzato lo sguardo per vedermi volteggiare. Poi aveva alzato la testa un’altra persona, e poi un’altra ancora. Altri non ce la facevano, ad alzare la testa. Le cicogne che erano rimaste su in alto mi urlavano da lontano: “Crispina, vieni su, dobbiamo proseguire… Non ci possiamo fermare qui”.
“Andate pure, vi raggiungerò a terra… Non voglio lasciare da sola quella gente,” ho risposto indicando le teste sul barcone. Non mi piaceva staccarmi dalle altre cicogne, si capisce, ero cresciuta in mezzo a quello stormo, ma non potevo lasciare quel barcone da solo in mezzo al mare, così, in preda delle onde. Per ore e ore sono rimasta a sorvegliarlo dall’alto, finché è arrivato su una spiaggia deserta e la gente si è buttata in acqua e poi, finalmente, si è sdraiata sulla sabbia, stanca e con poco fiato. C’era un ragazzino che durante la traversata non mi aveva mai staccato lo sguardo di dosso e quando io, alcune volte, andavo giù in picchiata per poi riprendere quota, si metteva un po’ a ridere, come se stessimo facendo un gioco. Gli piaceva e io cercavo di divertirlo come meglio mi riusciva.
Da quel giorno seguo la gente sui barconi, anche loro sono migranti come me e come tutti noi, cicogne migranti, che ogni anno facciamo avanti e indietro attraverso il mare. Certe volte vorrei scendere ancora più giù di quanto faccio, ma non ci riesco; ho paura che poi l’acqua non mi faccia più risalire. So che se cado tra le onde qualcuno dei viaggiatori potrebbe aiutarmi. So anche, però, che sono in tanti sopra quegli zatteroni e che forse non potranno fermarlo per raccogliermi. Le persone non possono pensare agli altri quando sono su quei barconi: riescono appena a badare a se stesse; sono in balia del mare, come quando noi, cicogne migranti, andiamo da un posto all’altro, e siamo in balia dell’aria e del tempo. E poi, la mia vita è lassù, vicino alle nuvole, non sulla superficie dell’acqua. Ma penso alle volte che nemmeno la loro vita, la vita di quelli sui barconi, è sul pelo dell’acqua, dovrebbero stare liberi tra acqua e terra, come fanno tutti gli uomini.
Ogni tanto qualche stormo di cicogne passa sorvolando il mare. Tra di loro commentano, lo so, perché una volta le ho sentite: “Quella laggiù è Crispina, la cicogna che accompagna i barconi fino alle spiagge deserte,” e ridono. Io so che non serve a niente accompagnare i barconi fino alle spiagge deserte, ma non posso fare altro per questa gente che mi è simile. Sorveglio i migranti dall’alto e quando qualche barcone resta a dondolare tra le onde, senza riuscire più ad andare avanti, io aspetto che arrivino le barche col motore a portare via la gente che è rimasta a galleggiare sulla superficie con le braccia aperte. Sembrano me quando volo, solo che loro non si muovono, si lasciano dondolare sul pelo dell’acqua. Per ora, l’unica cosa che mi rimane da fare è non distogliere lo sguardo e continuare ad accompagnare gli altri nel loro viaggio. Sperando da sopra che abbiamo fortuna.

Racconto uscito nel 2015 in questo libretto on-line della Giunti scuola:
https://papermine.com/booklet/mi-racconti-una-storia/

L'autore

Adrian Bravi

Adrián N. Bravi è nato a San Fernando, Buenos Aires, vive a Recanati e lavora come bibliotecario. Nel 1999 ha pubblicato il suo primo romanzo in lingua spagnola Río Sauce (Buenos Aires) e nel 2004 ha esordito in Italia conRestituiscimi il cappotto (Fernandel). Con Nottetempo ha pubblicato i romanzi La pelusa (2007) e Sud 1982 (2008), scritti in italiano. Nel 2008 ha vinto il premio “Popoli in cammino” per il suo ultimo libro.

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