Racconti e poesie

La cura

Arrivò alle sedici precise. Lo so perché l’orologio aveva appena suonato il quarto rintocco. Quando si accomodò sulla poltrona davanti a me, notai qualcosa di familiare sul suo viso. Somigliava un po’ a mia sorella. Con un cenno di testa, le ho fatto capire che poteva iniziare.

 

Sono venuta perché sto bene.

 

Aspettavo che proseguisse, ma non disse altro. Forse pensava che l’avrei stimolata con un “Continui” o un “Vada avanti” ma io, in silenzio, la guardavo. Le persone che venivano da me, quando si sentivano osservate, di solito deviavano lo sguardo, ma quella donna mi osservava anche lei. Allontanai i miei occhi dai suoi.

Sono venuta perché sto bene.

 

Perché ripeteva la stessa frase? Nessuno si sedeva davanti a me per dire che stava bene. Probabilmente quell’affermazione nascondeva l’esatto opposto. Quella donna stava male, per questo veniva. Non tutti riuscivano già dalla prima volta a rivelare intimi disagi e sofferenze. Dovevo aspettare.

 

Sono venuta perché sto bene e in pace.

 

Più di venti minuti per sentir dire che stava bene ed erae in pace. Avevo voglia di esclamare: “Beata lei!”. Naturalmente, prevalse la professionalità e io continuai ad aspettare.

Sono venuta perché sto bene e in pace.

La lentezza cominciava a darmi fastidio. Sarebbe stato quello il nostro ritmo? Mi veniva voglia, ah sì, di sorprenderla: “Cara, ho già capito il suo messaggio. Quante volte mi ripeterà che sta bene e in pace? Quante volte, eh?”

Lei mi guardava. Mi guardava.

Sono venuta perché sto bene e in pace. Ho trovato l’armonia con me stessa.

 

Finalmente aveva aggiunto qualcosa. O meglio, no. Non aveva aggiunto nulla! Era ovvia l’armonia con se stessa per una che stava bene e in pace. Ma allora, perché veniva? Probabilmente, voleva che io le facessi delle domande, che le indicassi la strada, ma no, dovevo rispettare i suoi tempi.

Lei si mosse sulla poltrona. I suoi occhi però erano fissi su di me.

 

Sono venuta perché sto bene e in pace. Ho trovato l’armonia con me stessa.

 

La luminosità dei suoi occhi mi turbava. Una volta mi avevano detto di aver anch’io quella luce interiore. Che lavoro faceva quella donna? Tranquille erano le sue mani, serena la sua voce. Tornai a domandarmi perché mi cercava. Prima o poi sarebbe saltata fuori la ragione, avrei capito il perché del suo essere qui. Una questione di pazienza. Ero abituata ad attendere.

Sono venuta perché sto bene e in pace. Ho trovato l’armonia con me stessa. Amo la vita.

 

I nostri sguardi nuovamente si erano avvicinati. Che strana sensazione, come se lei mi guardasse con i miei occhi. Fra un po’ dovevamo salutarci e chissà se sarebbe tornata. Mi aveva detto e ripetuto di essere in armonia con se stessa. Amava la vita.

Perché non ero andata al lago con Ettore?. Pensavo al seminario del 28 luglio, al capitolo del libro che dovevo finire per la fine di giugno, alla lunga settimana che mi aspettava, piena di appuntamenti, obblighi, doveri. Era un periodo di stanchezza, non avevo preso le vacanze.

 

Sono venuta perché sto bene e in pace. Ho trovato l’armonia con me stessa. Amo la vita.

 

Diceva la verità. Lei era in pace. Io, invece, avevo perso l’abitudine della pace.

Forse ero pronta a dire: “Ettore, non sono stati gli impegni a impedirmi di partire con te. La ragione è … è … il nostro rapporto, Ettore,  non … ”

 

Sono venuta perché sto bene e in pace. Ho trovato l’armonia con me stessa. Amo la vita. Mantengo buoni rapporti con tutti.

 

Guardai l’orologio. Lo facevo sempre al momento giusto. Ancora tre minuti e quella donna se ne sarebbe andata. Forse non l’avrei più vista. Mi dispiaceva?

 

Sono venuta perché sto bene e in pace. Ho trovato l’armonia con me stessa. Amo la vita. Mantengo buoni rapporti con tutti.

Sì, mi dispiaceva. Stavamo per finire. Lei mi sorrise. Le sorrisi anch’io. I nostri occhi si sostennero a vicenda. Mi sentivo bene.

Sentii la mia segretaria bussare. Mi disse che era arrivata la prima paziente della giornata, quella delle ore sedici. In quel momento, l’orologio suonò quattro rintocchi.

L'autore

Christiana de Caldas Brito

Christiana de Caldas Brito ( www.miscia.com/christiana ), brasiliana, ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Rio de Janeiro. Psicoterapeuta e scrittrice, vive e lavora a Roma. In Italia ha pubblicato i racconti raccolti in:Amanda Olinda Azzurra e le altre (Lilith, Roma 1998; II edizione Oedipus, Salerno-Milano 2004. I Premio Narrativa “Il Paese delle Donne”, Roma 2003); la favola per bambini e adulti La storia di Adelaide e Marco ( Il Grappolo, Salerno, 2000). Presso la collana Kumacreola, diretta da Armando Gnisci, ha pubblicato il volume di racconti Qui e là. Nella stessa collana ha pubblicato nel 2006 il romanzo500 temporali.