Monthly Archives: Dicembre 2014

Kim Clark

Malattia e desiderio, maternità e mondanità sono gli sproni dell’incessante viaggio di Kim Clark tra poesia e prosa, scena e pagina. La sua prima raccolta di narrativa, Attemptations (Caitlin Press), è uscita nel 2011 e uno dei racconti è stato scelto per un film di 90 minuti. Il suo chapbook di poesia, Dis ease ad De sire, the M anu S cript (Lipstick Press), è uscito ad aprile, 2012. Opere di Kim si trovano anche in Body Breakdowns (Anvil Press), e in Malahat Review, giornali elettronici e in altre pubblicazioni in Canada e negli Stati Uniti. La sua nuova raccolta di poesie, Sit You Waiting,  è uscita in libreria ad agosto 2012 per i tipi di Caitlin Press. Kim vive a Cedar sull'isola di Vancouver.

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Browner Shades of White

Under race/ethnic origin I check white I am not a minority on their checklists and they erase me with the red end of a number two pencil. I go to school quite poor because I am white. There is no square to check that I have no camels in my backyard, that my father does not have eight wives inside the tents of his harem or his palace or the island he bought with his oil money. My father is a farmer. My mother is a teacher. I am white because there is no square for exotic. My husband does not have a machine gun though sometimes his eyes fire anger because while he too is white, his borders have long since been smudged by the red end of a number two pencil. My friend who is black calls me a woman of color. My mother who is white says I am Caucasian. My friend who is Hispanic/Mexican-American understands my dilemma. My country that is a democratic melting pot does not. originally published in my name on his tongue, Syracuse University Press, 2012, translated with permission...
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Sfumature di bianco più scure

Sotto razza/etnia barro la casella “bianca” non sono una minoranza nelle loro liste e mi cancellano con la punta rossa di una matita numero due. Vado a scuola piuttosto povera perché sono bianca. Non c’è nessuna casella da barrare che non ho i cammelli in giardino che mio padre non ha otto mogli nelle tende del suo harem o del suo palazzo o dell’isola che ha comprato coi soldi del petrolio. Mio padre fa il contadino. Mia madre fa l’insegnante. Sono bianca perché non ci sono caselle per esotica. Mio marito non ha una mitragliatrice anche se a volte ha gli occhi che sparano rabbia perché sebbene lui pure sia bianco, da tempo la sua frontiera è stata sbavata dalla punta rossa di una matita numero due. Un mio amico nero mi chiama donna di colore. Mia madre che è bianca dice che sono caucasica. Un mio amico ispanico/messicano-americano capisce il mio dilemma. Il mio Paese, che è un melting pot di democrazia, invece no. traduzione di Verusca Costenaro...
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Handfuls of wind

This summer I caught handfuls of wind At 65 miles per hour In Kentucky And imagined That the air in my hand Was laced with orange blossom, That the billboards were not in English And that you were next to me. Your memories are piles of silk: Colorful and unraveled In a heap Like your promises I keep in a mother-of-pearl box With the turquoise earrings You gave me at birth To ward off evil. One summer I caught handfuls of wind At 120 kilometers per hour In Amman And imagined That you were not taking me To the airport so late in a night That tasted of whiskey And that you would be next to me. Your memories are photographs: Black and white On my desk Like my stories That I carry with me everyday With the turquoise ring You gave me at birth To ward off evil. originally published in my name on his tongue, Syracuse University Press, 2012, translated with permission...
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Manciate di vento

Manciate di vento Quest’estate ho preso manciate di vento 65 miglia all’ora in Kentucky immaginavo che l’aria in mano fosse adorna di fiori d’arancio, che i cartelloni non fossero in inglese e che tu mi fossi accanto. I tuoi ricordi sono pile di seta: pieni di colori e privi di nodi in un mucchio come le tue promesse che conservo in una scatola di madreperla assieme agli orecchini di turchese che mi hai regalato alla nascita per scacciare il male. Un’estate ho preso manciate di vento a 120 chilometri all’ora ad Amman e immaginavo che non mi stavi portando in aeroporto a quell’ora tarda in una notte che sapeva di whiskey e che mi saresti stato accanto. I tuoi ricordi sono fotografie: in bianco e nero sulla scrivania come le mie storie che mi porto appresso ogni giorno assieme all’anello di turchese che mi hai regalato alla nascita per scacciare il male. traduzione di Verusca Costenaro...
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Two women drinking coffee

They sit in jeans and drink their coffees, black As kohl on their eyes. They pour their tales Of broken romance through a sieve: the words, While cardamom in flavor, are in English. Today they’ve met outside of a café; Their work is done and each is going home. It’s here they punctuate each other’s day With stories, lively jokes, and cigarettes. The mood is soft, the laughter not so strong. The talk is dominated by their thoughts Of home, to which there’s no return: like love That’s lost and leaves a stinging sadness there To bite the heart without a kind of warning. The one who’s lost more recently then sighs. Her hands are silent, her head turned away As she speaks in words with orange blossom scent: The angel I believed was always here Has flown to heaven and I now must cope Alone with love that’s in a different tongue I understand too well to misinterpret....
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Due donne che bevono il caffè

Sedute, indossano jeans e bevono caffè, nero come la matita che hanno negli occhi. Passano al setaccio storie di amori finiti: le parole, benché sappiano di cardamomo, sono inglesi. Oggi si trovano fuori da un bar; dopo il lavoro, sulla strada verso casa. È qui che costellano le loro giornate con storie, battute allegre, e sigarette. L’umore è leggero, le risate non troppo rumorose. Le chiacchiere sono dominate dai pensieri di casa, dove non c’è ritorno: come un amore perduto che lascia dentro solo un’ardente tristezza a stringere il cuore senza alcun preavviso. Quella che di recente ha perduto di più emette un sospiro. Ha mani silenziose e la testa girata mentre pronuncia parole che sanno di fiori d’arancio: l’angelo che credevo qui per sempre se n’è volato in cielo e ora mi tocca affrontare da sola un amore in un’altra lingua che io capisco fin troppo bene. traduzione di Verusca Costenaro...
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Laila Halaby

Laila Halaby è nata a Beirut da padre giordano e madre americana. È cresciuta negli Stati Uniti, per lo più in Arizona. Ha viaggiato molto, vissuto sia nella East Coast che nella West Coast, nel Midwest, in Giordania e in Italia. Possiede una laurea triennale in arabo e in italiano, e due lauree specialistiche, una in Letteratura Araba e una in Counseling. Al momento, fa la counselor per l’Università dell’Arizona. La sua pubblicazione più recente è un memoriale di poesie, my name on his tongue. Con il romanzo West of the Jordan si è aggiudicata il PEN/Beyond Margins Award, mentre con il romanzo Once in a Promised Land è stata nominata una delle migliori autrici esordienti dalla Barnes & Nobles. Il romanzo stesso è stato incluso tra le 100 migliori opere di fiction del 2007 dal Washington Post.

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Historias para soñar

Jacinta

Él era Mister B, o quizá Monsieur X o el Sr. H. Vivía en el centro de Londres, en Los Campos Elíseos de París o en el Barrio de Salamanca de Madrid. Coleccionaba objetos valiosos. Extraños amuletos traídos de los lugares más recónditos, de sitios en los que ni siquiera había imaginado que viviera alguien. Juguetes de la selva amazónica, encontrados por exploradores intrépidos, los anillos de boda de una princesa asiática, una máscara antigua encontrada en Bali, los colmillos de un desaparecido animal de África convertidos en pendientes, una bolsa de tela burda que contenía fósiles, ungüentos de los Andes, muñecos del Perú, quitapenas hechos con dedos tristes… Era la colección más valiosa de objetos incomprensibles que había en Europa. Estaba asegurada en un cifra incalculable, la parte del edificio en la que la había sido instalada, estaba protegida por los medios de seguridad más modernos y sofisticados. Cada objeto tenía una ficha, un valor y una vitrina impecable....

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Storie per sognare

JACINTA

Si chiamava Mister B, o forse Monsieur X o Signor H. Viveva nel centro di Londra, nei Campi Elisi di Parigi o nel Barrio de Salamanca a Madrid. Collezionava oggetti preziosi. Insoliti amuleti provenienti dai luoghi più reconditi, dai posti in cui non avrebbe mai immaginato vivesse qualcuno. Giocattoli della foresta amazzonica, scovati da esploratori intrepidi, le fedi nuziali di una principessa asiatica, una maschera antica trovata a Bali, le zanne, trasformate in orecchini, di un animale estinto dell’Africa, una borsa di tela mediocre che conteneva fossili, unguenti delle Ande, pupazzi del Perù, bamboline realizzate da dita tristi… Era la collezione di oggetti incomprensibili più preziosa che ci fosse in Europa. Era assicurata per una cifra incalcolabile, la parte dell’edificio in cui era stata collocata era protetta dai sistemi di sicurezza più moderni e sofisticati. Ciascun oggetto aveva una scheda, un valore, e una vetrina impeccabile. Lontani dallo stare...

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