Antonio, Cleopatra e Anupet
Bozza di capitolo tratto da romanzo in costruzione
Le reincarnazioni di una gatta come me erano segnate da alti e bassi.
“Upgrade, downgrade”, miagolava Bastet la Grande Gatta reincarnatrice. Lei azzerava i ricordi delle vite precedenti di un gatto prima di rimandarlo nella vita successiva; misteriosamente Bastet la Grande Giudice non resettava completamente la mia memoria. Ricordavo più meno vite precedenti, fratelli avuti, passaggi da gatta a umana, città dove avevo vissuto, legami con umani, animali. Consideravo upgrade trasformarmi da gatta a umana anche se presentava tanti lati incresciosi. Se imitavo la malvagità degli umani espiavo le colpe nella vita successiva.
“Anupet ti piace trasformarti in umana” miagolava la Grande Gatta prima di rimandarmi in vita.
“Perché è divertente trasformarsi in essere umano, Grande Bastet.”
“Essere un umano è fatto nevrotico, Anupet Fall. Devi avere professione, casa, andare al lavoro, avere parenti. Meglio rimanere gatta, avere un solo nome e tante vite.”
Agente segreto di Sua Maestà Cleopatra
Tre anni dopo l’assassinio di Giulio Cesare, ero ritornata, in vita da umana, ad Alessandria d’Egitto nell’Afriquia Palace della Regina Cleopatra non lontano dalla Grande Biblioteca.
Anupet era mio nome, visagista e parrucchiera di Cleopatra. Ho ideato lo stile della capigliatura, le lunghe trecce ingioiellate d’oro e perle preziose, il rimmel colore cielo sereno attorno agli occhi, il maquillage del viso di Cleopatra. Mentre nel Salon de beauté massaggiavo quotidianamente piedi e mani della Regina con latte di cocco tiepido, riportavo le voci in giro, pettegolezzi piccanti.
La Regina d’Egitto aveva dato carte blanche al Khnumhotep & Niankhkhnum Visir, ovvero la coppia alessandrina guru di eleganza e tendenze, con flagship ad Alessandria, vicino alla Grande Biblioteca e a Roma a Mons Palatinum, per decorare e arredare il Salon de Beauté. Gli artisti avevano impiegato parecchi mesi, il risultato finale era stato favoloso. La Regina soddisfatta dell’opera aveva ricoperto d’oro e di sesterzi i due artisti che condividevano vita privata e professionale. Prima avevo lavorato nei laboratoire di K & N Visir ed era lì che Cleopatra mi aveva individuata. Venivo ad Afriquia Palace su richiesta di sua Maestà per lunghe sedute di maquillage o rapide retouche nel profondo della notte, all’alba, quando desiderava la Regina. Alla fine Sua Maestà Cleopatra aveva stimato la mia competenza e deciso di trattenermi in esclusività e la coppia K & N Visir non aveva osato reclamarmi indietro in laboratoire.
La fama di creatori dei Visir, diminutivo usato dagli affezionati, attraversava l’Egitto, la Grecia, e giungeva fino a Caput Mundi. I Visir avevano conosciuto Giulio Cesare quando era partner di Cleopatra. Sua Maestà Cleopatra si affidava alle loro ispirazioni per le decorazioni e l’arredo di Afriquia Palace, le creazioni dello stile reale, guardaroba, maquillage, gioielli, scarpe, infiniti profumi estratti dal veleno di cobra o dalla bava di coccodrillo del Nilo.
“Sai Anupet, Khnumhotep & Niankhkhnum sono nomi d’arte che abbiamo preso in prestito da una coppia di visagisti e manicuristi molto in voga nella V dinastia, durante i regni dei faraoni Niuserra e Menkauhor”, si inorgogliva Niankhkhnum mentre eravamo in laboratoire.
“Dopo la morte desideriamo essere sepolti nella stessa tomba, come per Khnumhotep & Niankhkhnum nella V dinastia”, aggiungeva Khnumhotep d’Alessandria.
Narravo tutto e subito a Cleopatra. Neppure i due Vizir sapevano tenere la lingua chiusa in bocca, raccontavano proprio tutto alla Regina. Possedevano preziosi informazioni, perché parlavano egiziano, greco, latino, accedevano ai Palace dell’aristocrazia egizia da Alessandria alle città lungo il Nilo. Nelle boutique dei Visir si incrociavano patriziato, borghesia, artisti del Mar Nostrum. Khnumhotep & Niankhkhnum accompagnavano le presentazioni delle loro creazioni alla Grande Biblioteca con intermezzi musicali. Erano raffinati musicisti, suonavano il flauto e pizzicavano l’arpa. Nella flagsip di Roma senatori e nobiltà, compreso il grande Giulio Cesare, compravano e indossavano K & N Visir. Marco Antonio era un habitué delle boutique K & N Visir di Caput Mundi e Alessandria d’Egitto, indossava le loro creazioni, usava i profumi ancora prima dell’assassinio di Giulio Cesare.
“Sai Anupet, Marco Antonio è fuggito fin qui ad Alessandria con armi, bagagli, navi e legionari dietro ai bei occhi e al sedere da favola della Regina Cleopatra”, mi raccontava in confidenza Khnumhotep. Lo sanno tutti ma tu non lo raccontare a nessuno.”
“Sai Anupet, Antonio e Cleopatra erano a Tarsus insieme a Ottaviano Augusto, Marco Emilio Lepidio, forse li conosci, insomma trattavano cose serie, il futuro di Roma e dell’Impero che era minacciato da spietati nemici come Decimo Bruto, Gaio Cassio e complici. E Antonio che fa? Abbandona i due alleati! Certo per le chiappe di Sua Maestà ma anche perché l’Egitto è una potenza economica. Cleopatra è bella, potente e ricca. Lo sanno tutti ma tu bocca chiusa”, aggiungeva sottovoce Niankhkhnum.
“Il Romano ha un’altra moglie, Ottavia vive a Caput Mundi. Se si lascia distrarre da ogni donna, Marco Antonio si farà fregare la Repubblica e tutto l’Impero Romano da Ottaviano che è ancora ragazzino ma scaltro. Lo sanno tutti ma tu non dire nulla a Cleopatra e Antonio, perché noi negheremo tutto e sarai l’unica a rischiare di finire nella fossa dei coccodrilli.”, avvertiva Khnumhotep.
“Altri pericoli sono i Galli; sono in agguato, basta un nulla e conquistano Roma e l’Impero”, si preoccupava Niankhkhnum.
Li ammiravo, ammiravo tanto Khnumhotep & Niankhkhnum, estrosi e pettegoli, a me piacevano i pettegolezzi. Correvo da loro in laboratoire nel poco tempo libero solo per ascoltare i pettegolezzi più pepati di tutto l’Egitto e del Mediterraneo. Peccato che non osavo riferire tutti loro pettegolezzi a Cleopatra, per non finire nella fossa dei coccodrilli o con il taglio della lingua.
Però quando le raccontavo di altre piccanti voci, mi sentivo l’agente segreto diSua Maestà la Regina Cleopatra e lei ascoltava in silenzio. Non mi aveva chiesto di divenire sua agente segreto, né di assaggiare prima di lei insieme al devoto e effeminato Apollodoro le zuppe di fave o d’orzo, il pesceo sorseggiare irep* o shedeh*,vini di datteri, di melograno,di palma dei banchetti. Assaggiavo il pesce e Apollodoro il pollo farcito, io non toccavo carne. Avevo il vantaggio su Apollodoro perché reggevo meglio l’irep o lo shedeh. Insieme ad Apollodoro, controllavo se non ci fossero serpenti nella sua tinozza da bagno o sotto le coperte. A volte la Regina mi travestiva uguale a lei per confondere i malintenzionati. Il rischio di prendersi una pugnalata mortale al suo posto era bilanciato dal godimento unico di indossare stoffe pregiate di lino, seta, collane d’ambra, perle rare, gioielli d’oro, d’argento creati esclusivamente da K & N Visir per la Regina. Cleopatra e io Anupet avevamo più o meno la taglia quarantadue e gli stessi raffinati gusti.
Ero eccitata come una gatta in calore quando orecchiavo i brainstorming in cui Cleopatra specificava ai dignitari romani e egizi, strategie politiche, cospirazioni, manovre militari, polemos.
“Polemos”, parola che tormentava Esopo quando avevo vissuto tanto tempo fa a Delfi e il mio nome era Cassandra. “Cassandra, la ragione del più del più forte è sempre la migliore”, mi diceva a Delfi il linguacciuto Esopo.
Il Romano non parlava bene l’egizio, i frenetici brainstorming tra lui e Cleopatra si tenevano in separata sede e in latino, sul futuro di Roma, su come eliminare Marco Emilio Lepidio e Ottaviano Augusto. Dopo escogitare come imporre ai membri reticenti del Senato una successione pro domo sua. Cleopatra insisteva su come liberarsi in fretta di Ottavia moglie di Marco Antonio.
Quanto ammiravo Cleopatra! Parlava egiziano, greco, latino, non era perfida malgrado tutto, nemmeno esageratamente arrogante come tutte e le vere Imperatrici e quanto detestavo i cospiratori e traditori che l’impedivano sonni tranquilli.
Pap Khouma
seguirà con un prossimo episodio