Asilo politico

L’asilo politico lo davano alle ginnaste rumene
che sparivano dagli alberghi durante le Olimpiadi
lo davano ai grandi scrittori
e, naturalmente, alle spie.

Poi ci fu il crollo
il grande collasso d’Oltrecortina
e arrivarono rumeni a migliaia
spinti dalla difficoltà
e attratti dalle insegne luminose
del capitalismo.

Arrivarono gli albanesi
e non sapendo dove metterli
li rinchiusero in uno stadio.
Come le ginnaste rumene
avevano «scelto la libertà»
ma erano troppi
la libertà andava bene solo per pochi
per esili ragazze dai muscoli lunghi
capaci di fare salti mortali
sopra una trave
che farne di quegli elettricisti
tappezzieri, operai metalmeccanici
di industrie obsolete?

Allora è venuto fuori il razzismo
«sparare nella pancia ai barconi»
dicevano fini, casini
e maroni
«è arrivata l’orda!».
C’era un articolo nella Costituzione
il 10 comma 3
che recitava:
«Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese
l’effettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana,
ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica».

Ma era finito ormai il tempo del comunismo
si poteva ascoltare i Pink Floyd
e indossare mutande sexy
mancava il pane ma c’era la libertà.

Così in Europa le maggioranze silenziose
si sono messe a urlare
e non hanno più smesso.
L’asilo è un grande principio
ma è difettoso
quando è politico.