Cattedrale di vergogna

Quanti ancora Ground Zero nell’abisso del Mediterraneo
speranze squarciate dai tsunami nostrani
quante?
Quanti respingimenti
e lenti annegamenti di corpi protesi verso le sponde-chimere
che i sogni mai più oseranno
che gli occhi mai vedranno
i piedi non toccheranno
le bocche zittite non canteranno
neppure più malediranno.
Prima di morire hanno gridato?
Imprecato?
Pregato?
Quante morti ancora Thalassa impietosa
rabbiosa di schiuma
furia bagnata
rimbombo di morte da sponda a sponda
che mordi la vita offrendo ai pesci
le anime scartate da leggi infauste?
Esci allo scoperto
stendi il giaciglio di corallo
al miraggio smembrato di chi ti giace nelle viscere brune
offrigli la pace
fallo.
Rigurgiti spavaldi di onde ornanti sepolcri fondi
di messaggi cifrati degli sciamani
assieme agli amuleti di salvezza e terrene scritture silenti
vergogna del cielo e dei viventi.
Thalassa placati
ferma l’umano salasso nella vastitudine del tuo grembo
guardati cosa sei diventata
una volta purezza blu
oggi Heimat bagnata
profanata da corpi benedetti dalle madri in attesa.
Non ha funzionato la tua impresa imperdonabile
di coprire da Libeccio osceni inganni
di retate e oceaniche palizzate dell’infamia.
Smiri svoje bijesne vode (1), tramutale in brezza
altrimenti
né oggi né mai
potrò coprirti di lode e gioire di tramonti dorati.
Quanti
quanti ancora?
Cattedrale di vergogna cristallina
spina profonda
ferocemente dis/umana.

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1. Placa le tue acque furibonde, (in croato).