Intervista 19. Sara de Carli

INTERVISTA DI  SARA DE CARLI, in “Vita non profit”, dicembre 2007

Ci aveva provato Roland Barthes negli anni ’70 a raccogliere i “frammenti del discorso amoroso”. Ora Julio Monteiro Martins ci riprova con 44 brevi racconti, raccolti in L’amore scritto. Brasiliano, scrittore per professione, è in Italia dal 1996: insegna portoghese e traduzione all’università di Pisa.

VITA: Ci racconti lei, il suo libro…

JULIO MONTEIRO MARTINS: Mi ero stancato dell’amore presentato sempre e soltanto attraverso la lente ideologica dei film americani: un amore melenso, che cancella la fisicità. Ho cercato di scrivere un libro che parlasse dell’amore vero, con le difficoltà di comunicazione, la potenza dell’istinto, la nostalgia dell’amato, e anche dell’amore non corrisposto.

VITA: La componente geografica centra?

MONTEIRO: Centra. Molte storie sono tipicamente italiane, molte tipicamente brasiliane, altre senza luogo. Per esempio, c’è una donna borghese, moglie di un medico, che tradisce il marito con un musulmano. Quando la scoprono, lei inventa una storia di minacce terroristiche: la cosa si ingigantisce e quest’uomo si vede distruggere la vita. Questa paranoia contro l’Islam è tipica dell’Italia. Come quel sottile ricatto sessuale che si respira negli ambienti lavorativi: non espresso, ma sempre presente.

VITA: È stato citato nelle tracce dei temi di maturità: uno sdoganamento?

MONTEIRO: Sì, ma le cose non vanno bene. Vogliamo essere giudicati solo per la qualità letteraria delle nostre opere: invece continuano a snobbarci, pubblicano solo donne belle ed esotiche, oppure quelli con il cliché dell’immigrato della vita travagliata, perché agli italiani piace sentirsi buoni. I grandi scrittori invece – penso a Ron Kubati, Eva Taylor o Arnold de Vos – siccome appaiono poco immigrati, vengono penalizzati.