La grazia di casa mia – Gianluca Bocchinfuso

(Recensione pubblicata sulla Rivista Il Segnale, n° 98, Luglio 2014.)

Diciamo subito che questa raccolta di Julio Monteiro Martins, La grazia di casa mia, ha il senso della ricerca profonda sulla parola e nella parola. Tutti i testi narrano una tensione verso lo svelamento dei profondi contenuti dei termini che danno origine, cambiano, evolvono. Disegnano nuovi scenari. E recuperano il passato fatto di radici e di vissuti che ritornano e riemergono con tutta la loro forza. Anche per questi motivi, i versi di questa raccolta sono testimonianza più profonda di lemmi appartenenti a lingue diverse che comportano incontro e nello stesso tempo scontro o addirittura conflitto. Prima di essere generatrice di nuova conoscenza dentro cornici cangianti e aperte. Di identità altre.
La parola come parabola di più mondi in cui la poesia è strumento di testimonianza: Monteiro Martins diventa protagonista del suo tempo e della sua storia, legando esperienze reali a soggetti spirituali e profondamente emozionali. Gli uni si mettono in movimento verso gli altri alla ricerca continua di significati esperienziali che li assimilano verso un centro comune. In questo movimento centripeto, il realismo dell’autore non cede mai il posto a forme trascendenti e a sfondi non indagabili. In lui, rimane formo lo scenario di un mondo che si muove con tutte le sue “notizie”, i suoi fatti, di cui dà conto e su cui riflette in maniera sempre viva e articolata: “La finestra / è il presente. / La camera invece / è l’eterno” (p. 123). È un mondo che si tinge di più colori; che richiama e riprende luoghi tra Oriente ed Occidente, tra Nord e Sud; che traccia descrizioni di persone – e personaggi – mettendole dentro la loro storia attraverso la loro memoria e azione conoscitiva; che indaga i sentimenti e le emozioni soprattutto in tema di identità e di consapevolezza; che ha senso attraverso il suo movimenti e, quindi, il suo cambiamento.
Riflessioni poetiche che non nascondono anche valutazioni amare: “Siamo soli / senza rimedio / Scrutando il deserto / che preannuncia i leoni / vediamo dappertutto / i miraggi delle belve / inferocite / martiri nudi / per sempre in mezzo al circo./ [] I nostri occhi, a centinaia  girano intorno al pianeta. / Vedono tutto / ma capiscono poco. / Vorremmo cancellare / le prediche esagitate / a colpi di atomica / per restarci soli / a parlare / tra le colonne mozzate?” (p. 89-91).
Questa raccolta è molto empirica. Anche per tali motivi mantiene intatti tutti i percorsi – narrativi e poetici – intrapresi da Monteiro Martins in cui malinconia e solitudine stanno assieme ad entusiasmo e amore gioioso. È il segreto della vita che non dobbiamo mai smettere di percorrere e di capire, soprattutto quando si presenta con tanti volti e tanti significati. Diversità naturali del nostro essere sociale: “L’eterno ritorno, / il ciclo della vita, / le linee parallele / che s’incontrano all’infinito / sono altre scelte possibili” (p. 105). Anche questo è segno di speranza che varca i confini e tiene legati pezzi di storia e di memoria. Oltre il presente soggettivo.