La passione del vuoto – Carmine Chiellino
In questa sua seconda raccolta di 21 racconti Julio Monteiro Martins si riconferma come scrittore dalle memorie parallele. È cosa nota che le letterature nazionali hanno abituato da sempre i lettori a sentirsi protetti, cioè a sentirsi a casa loro nella lingua e nello spazio dell’opera che stanno leggendo. Gli autori che scrivono in una lingua diversa da quella della loro appartenenza culturale ricorrono invece ad una continua discrepanza tra lingua narrante e spazio narrato per creare spazi culturalmente autonomi, quasi innocenti. Una tale discrepanza non nasce come strategia di scrittura ma è l’espressione delle memorie parallele di cui è datato ogni scrittore interculturale.
Nei racconti di Julio Monteiro Martins il lettore italiano avvertirà la presenza di memorie parallele come fonte di scrittura ogni volta che egli sarà confrontato con “voli” topografici improvvisi ma sempre coerenti. Un racconto come “La piena” inizia in uno spazio non definito, si concretizza 30 anni dopo in un paesaggio lucchese per finire, dopo altri trent’anni, in Finlandia. Si potrebbe pensare ad un autore che fa sfoggio di memorie di viaggi e di stazioni della sua vita. Ma sarebbe la scoperta di un vezzo monoculturale che, anche se molto diffuso tra gli scrittori italiani contemporanei, non porta mai ad opere durature. Io credo invece che in Julio Monteiro Martins nel corso della sua vita si sia formato un coesistere di memorie parallele al posto della memoria consecutiva tipica delle persone sedentarie, stanziali e monoculturali. Tutto quello che egli ha vissuto, al momento della scrittura gli è presente contemporaneamente: sia che egli lo abbia vissuto in lingua madre, sia in inglese nordamericano che in lingua italiana. Da qui nasce un raccontare dove lo spazio raccontato e la lingua narrante coincidono solo a tratti. Il lettore, e di ciò ne sono più che sicuro, trarrà grande piacere dalla sorprendente fluidità con cui avvengono gli spostamenti interculturali dei protagonisti di Julio Monteiro Martins. Egli proverà una sensazione di spazi aperti, di possibilità impensate che lo aiuteranno a superare i disagi connessi ad una vita che si svolge in spazi monoculturali.
Sembrerebbe un paradosso ma la seconda caratteristica fondamentale della scrittura di Julio Monteiro Martins è quella di sapere raccontare senza spazio. L’assenza dello spazio gli permette di comporre una lingua estremamente compatta e trascinante come nel racconto “La passione del vuoto”, dove il lettore partecipa direttamente alla nascita di un personaggio come Pandolfini riuscendo, grazie alla complessità della lingua, a cogliere ogni piega nell’anima del personaggio. Allo stesso tempo il lettore non riuscirà a dare a Pandolfini (l’onnipresente Adolfino?), una chiara collocazione spaziale, perchè ogni definizione culturale limiterebbe la complessità del personaggio. L’alternanza di racconti che nascono da memorie parallele e di racconti che si nutrono dell’assenza dello spazio, garantisce alla raccolta un equilibrio estetico che ogni lettore amante dell’alta letteratura gusterà fino all’ultima sillaba.