L’albero e la vacca

Adrian N. Bravi
L’albero e la vacca
Feltrinelli-nottetempo  2013

raffaele taddeo

La grandezza delle opere di Adrian Bravi sta nella capacità di guardare tutti i fatti, dai più semplici a più complessi con una sottile ironia, ma anche decisa comicità. Anche questo breve romanzo ne è una prova evidente. Nei precedenti scritti era il personaggio-non eroe che permetteva la calibratura ironica, perché il non eroe è quello che vede la vita con ingenuità, con semplicità e proprio per questo tutti gli avvenimenti caricati dalle tensioni dei furbi, violenti, sapientoni risultano spesso ridicoli.

Questa volta la scelta cade su un bambino, Adamo, che, anch’egli ingenuo e semplice,  vive con incomprensione le liti dei genitori. Non ci sono ragioni, cause che ne spiegano l’origine del conflitto. Sono ormai due persone che non si sopportano, anzi è la madre la più attiva nell’iniziare e protrarre i litigi. Il padre invece, uomo remissivo,  dedito a completare un’opera sull’ornitologia, opera che non finirà mai, accetta tutto con passività anche perché la realtà per lui sta tutta nei libri da consultare per rifinire, completare, il testo sugli uccelli. La possibilità narrativa ironica sta proprio nel fatto che tutto viene narrato con gli occhi di un bambino che non sa spiegarsi il perché di certi atteggiamenti dei genitori  e trova i suoi espedienti per sopravvivere.  L’albero del tasso, il salirvi sopra è la sua ancora di salvezza. E’ quasi la volontà di stare sopra la terra, la realtà, sopra le parti in dissidio. Il guardare dall’alto da sicurezza e liberazione, poter osservare anche la manchevolezza e piccineria degli uomini.

Il romanzo è diviso in tre parti, la prima nella quale si racconta di come i suoi genitori litigano, ma anche si narra delle trasgressioni del bambino, alcune timide, quali quello di salire su un albero di tasso e di là su guardare il giardino al centro del quale c’era l’albero, altre un po’ più rischiose come quella dell’ingoiare la parte polposa degli arilli (la parte esterna del seme della pianta del tasso) e averne allucinazioni, la più significativa delle quali è la visione della vacca bianca. La seconda parte in cui viene raccontato la vita separata dei genitori, il comportamento un po’ facile della madre e invece quello ritirato  e solitario del padre; nell’ultima parte è invece narrata brevemente la  crescita e raggiunta maturità anche professionale del personaggio principale del romanzo.

Perché Adrian Bravi ha scelto la vacca come animale visibile nelle allucinazioni date dagli arilli  e non un cavallo o un asino, per esempio? Noi  associamo la vacca a qualcosa di maestoso, ma pacifico, oltre che bonario ed utile perché produce il latte, alimento fondamentale per i primi anni di vita. La vacca sarebbe quindi un  contr ‘altare alla violenza verbale della madre che non permette nessun interlocuzione da parte degli altri, anche del proprio figlio, impossibilitato quindi ad esprimersi e forse assomiglia un po’ di più al padre perché continua a ruminare  erba, mentre il padre lo fa con l’ornitologia. Non è un caso che Adamo da adulto avrà come compagna una persona che conosce e pratica la cultura indiana.

Un altro aspetto sembra significativo da indagare e comprendere. La sua scelta di prosecuzione degli studi e scelta di vita viene fatta quasi tacitamente con un altro bambino, anch’egli nella stessa sua condizione di figlio  di genitori separati. Demetrio, il suo amico, è soprannominato “bambino bianco” per l’eterno pallore che l’accompagnava.   Era strabico mentre Adamo aveva ereditato l’inarticolabilità  di un braccio dopo la morte del padre ( una sorta di eredità psicologica), che veniva chiamato monco proprio per la mancanza di articolazione del braccio. Entrambi si giurano di dover diventare dottori per correggere i difetti degli altri, in fondo Demetrio forse per guarire il braccio di Adamo e questi per guarire lo strabismo di Demetrio. Ma il bambino bianco morirà e nonostante qualche momento di crisi Adamo riuscirà a diventare un medico che cura e guarisce. La scelta professionale del bambino protagonista  non dipende dai genitori, che anzi  altri sono gli esempi da cui Adamo trova ispirazione di vita. Chissà se Adrian Bravi abbia voluto sottolineare con una ironia dura ma profonda il senso di infelicità o di abbandono (deficit di accudimento,  lo chiamerebbe Moretti) di un bambino che non trova più nei genitori, quando sono in continuo litigio o separati, i riferimenti di vita. Certo è che sembrerebbe che ad un certo punto la crescita di Adamo avvenga in maniera del tutto indipendente da quella dei genitori.

IL romanzo è scritto come al solito con proprietà e cura dei termini, lo si legge sempre con il sorriso sulle labbra. E’ anche significativa sul piano narrativo la ricerca bibliografica sull’albero del tasso, e su tutto quanto di questo vegetale si sia detto nella storia.  L’accuratezza nella descrizione e dicerie sugli effetti che la conifera (albero della morte) ha sull’uomo  è da considerarsi legata alla qualità ironica del romanzo.

 Settembre 2013