madrelingua – Consolata Lanza
Che cosa pensereste di uno scrittore che, dopo avervi messo sul gusto presentandovi i suoi personaggi, mettendoli in movimento, lasciasse voi e loro nel bel mezzo dell’azione appena iniziata per stilare una “piccola enciclopedia arbitraria” di voci fugacemente apparse nel testo? Che vuole esasperare il lettore, o non sa più come andare avanti, o semplicemente è pazzo. Invece Monteiro Martins sa benissimo dove vuole andare, e lo fa con coraggio e maestria, conducendoci per mano nel suo gioco divertente e pieno di intelligenza. Piazza Mané, sessantenne “consumatore di bellezza”, la sua amante K43, il bancario-cinefilo Salvo e Mercedes, espatriata colombiana, su una scacchiera e li fa muovere da un narratore quarantaseienne che assomiglia pericolosamente a Mané e da un petulante secondo narratore che interviene di continuo, in parentesi quadra, a sbugiardare e irridere il primo. L’intento, dichiarato nel preambolo, è quello di scrivere un romanzo decostruito, un’architettura matta, con scale che portano nel vuoto e pareti inesistenti. L’uso insistito del dialogo, tipico di Monteiro Martins, si alterna a citazioni di altre opere dell’autore (Racconti italiani, LN – LibriNuovi 17, primavera 2001 e La passione del vuoto, LN – LibriNuovi 29, primavera 2004), a digressioni sull’attuale situazione politica italiana (con un minaccioso Lui che incombe sulla società con la sua volgare e subdola pretesa di ridurre tutto a commercio), a considerazioni generali, persino a incantate descrizioni della natura. Il teatro dell’azione è una Firenze tra bellezza e sfascio ma altrettanto potenti e presenti sono la Colombia violenta del degrado sociale e il Brasile dei ricordi d’infanzia. Le voci dell’enciclopedia privata sono un piacere prezioso nel loro erratico vagare tra il calcio di Pelé e Garrincha, il cinema di Benigni e De Sica, Borges, Pasolini e gli zombie. Alla fine l’istinto del narratore prende il sopravvento, quasi impietosito di fronte alle aspettative di chi legge, Monteiro Martins ci regala la possibilità di dare uno sguardo sui destini dei personaggi, e persino un lieto fine multiplo ma senza troppe certezze.
Un libro agile che si legge d’un fiato, in cui il gioco metaletterario e la densa ma veloce tentazione saggistica non appesantiscono mai il piacere genuino della parola narrativa, spiritoso e ricchissimo di temi che non possono essere esauriti nel breve spazio di una recensione.