P.i.i. Canto alla pace

CANTO ALLA PACE

Cantare la pace
è senz’altro
più difficile
che cantare la guerra,
perché la pace
è un’assenza che respira,
mentre la guerra
è una presenza
che non ci lascia respirare.

È davvero difficile
cantare le virtù
di un non-evento.
Di un’esplosione silenziosa
che da dentro la vita
semina più vita.
Del sole mattutino
che riscalda il nido.
È più facile cantare
il vento forte
che lo spazza via.

Diceva Fernando Pessoa
che il mare è salato
dalle lacrime
delle madri portoghesi.
Ora vogliono salare
anche la terra
con strane armi
che non lasciano corpi
da seppellire.
Fanno tornare polvere
istantaneamente
i solubili nemici,
perché finiscano presto
l’imbarazzo e la vergogna.

E ci saranno ancora e sempre
le lacrime delle madri
a lavare la sabbia del deserto.

Insisto a chiedermi:
Cosa posso fare oggi
per la pace?
Questo latte,
questa luce,
che per tutta la vita
mi ha nutrito e protetto
in silenzio?

Posso fare poco.
E spero che basti.

Posso chiedervi un favore:
un attimo prima di dormire,
stasera,
sentite i battiti del vostro cuore,
il silenzio della stanza,
la morbidezza del guanciale.
Interpretate quel momento
come una metafora della pace.
E vi prego,
anche domattina,
un attimo dopo il risveglio,
prima di alzarvi
fate attenzione
a come sta cominciando
questa vostra giornata.
Basta poco
per capire
cos’è la pace,
anche se non è
per niente facile cantarla.

E non posso nemmeno chiedervi
di immaginare il suo contrario,
perché bastano poche immagini così
per danneggiarla.

Amici miei,
vi confesso,
è quasi impossibile per me
rendervi ora
il profumo sottile di questo vuoto.
Il vuoto non sa difendersi,
non trova parole
dentro di sé.
È una lavagna pulita,
e su di essa possiamo scrivere
quello che vogliamo.
Possiamo riempirla
con la nostra gioia
e i nostri amori,
con gli scarabocchi dei bimbi
o con altri canti di pace.

Ma qualcuno,
dentro il nostro sacro spazio,
vuole allestire
un modello in miniatura
dell’inferno.
Che tanto miniatura
non sarà…

Allora,
il canto alla pace
dev’essere un canto d’invito:
impariamo a conoscere
questo vuoto pieno,
e difendiamo
quest’assenza che respira,
questa quotidiana brezza di libertà.

Perché
nel fondo di questo vuoto,
al centro di quest’assenza,
ci siamo tutti noi,
discretamente.

C’è un groviglio
di vita
che non vuole altro
che essere lasciato
in pace.

Lucca, 24 Ottobre 2002

 

 

* Questa poesia è stata presentata per la prima volta durante il “Forum Sociale Europeo”, realizzato a Firenze nel 2002.