Racconti italiani – Mariateresa Marino

“Immiground” Giugno 2001

Vite clonate, sentimenti in fuga, paure in agguato, anime a pezzi, vite segrete, assoluto e relatività. Non c’è un unico fil rouge che lega le ventinove storie di “Racconti italiani”. La cornice che le racchiude è apparentemente discontinua e sempre cangiante. Né tuttavia si tratta della caduta nell’ennesimo “elogio della malinconia”. Lo sguardo ironico e disincantato di Monteiro scongiura il rischio di ripercorrere un luogo letterario sempre più frequentato, vezzo narcisistico di generazioni di artisti, vecchia posa intellettuale. Il viaggio dentro la nuova umanità sperduta è lungo ma, avverte lo scrittore, il bagaglio da portarsi dietro è leggero. Lo dimostra il fatto che viaggia sempre con noi, fin da quando siamo al mondo. È il nostro corpo, groviglio di sensi e anima che trascorre tra odori, sapori, visioni e sentimenti con un moto perpetuo che dalla realtà ci riporta allo spirito e viceversa. I racconti di Monteiro vivono dentro questi passaggi, animando le pagine di vita e sensualità.
Storie che vivono ognuna per sé, ma che per gustarle appieno devono essere lette una di seguito all’altra, come capitoli di un unico romanzo. Eppure, il loro pregio letterario consiste proprio nella fuga dalla fissità icastica, nel rifiuto di una completezza artificiale cercata a tutti i costi, sacrificando “l’imprevedibile”. I sensi guidano la penna di Monteiro e chi legge tira un sospiro di sollievo, si mette comodo e recupera quei primigeni moti dell’animo che nel frattempo sono andati perduti tra le fobie e le urgenze della vita quotidiana. Racconti, dunque, nella primitiva accezione del termine: oralità recuperata, l’ascolto e il respiro che si fa parola.
Ma perché “italiani”? Perché il mondo che lo scrittore fotografa è il nostro, è quello delle nostre città, viste da uno “straniero italiano”. Ne viene fuori un ritratto lontano dalla agiografia di un popolo simpatico, generoso, allegro, ingenuo e raddolcito dal sole e dal mare. Gli italiani dei racconti di Monteiro sono anche rabbiosi, intolleranti, vili, fuggiaschi. Tuttavia, il fatto di essere italiani non ci sembra la peculiarità essenziale degli scritti. Ci piace piuttosto alzare lo sguardo e gustarli nell’insieme, come piccoli, preziosi ritratti dei tanti volti di un’umanità che si somiglia, a prescindere dalla terra che l’ha generata. Uno sguardo e un sorriso disincantato che si estende al di là di confini e stati, di passaporti e cittadinanza.