Storie di compleanno

Vivevano, lei mi dice, vicino a una forra –
monolocale al piano alto. Tendevano lungo il soffitto,
corde e ancora corde, intrecciandole in una
grata d’ombre, una rete per appenderci le loro vite ―
lumi, mobiles, abiti, e infine la mia culla.

Non dice molto della nascita,
del dolore straziante alla schiena
finché non la anestetizzarono – ombre bianche scesero
da una densa volta nera ― invece mi dirà come
lui si fece largo fra le infermiere, fermato solo
da quell’ultima porta chiusa.

Non descrive la prima poppata,
e la boccuccia senza denti che s’aggrappava
con sorprendente avidità alla pelle trasparente
che s’arrossava, schiudeva, quindi cedeva
al ritmico, gentile drenaggio, l’acqua della vita,
mi mostra, invece, le foto che lui scattò
attraverso il vetro, la targhetta al mio polso
che lui incollò accanto.

Ora, se lo chiedo, per il mio compleanno,
mi racconterà ancora della stanza, culla, foto,
tutto ciò che ora ricorda e sceglie di sapere, ora.

Come io, oggi, racconto storie per mia figlia,
ma anche per lei, sui crampi,
le lacerazioni, l’allattamento, le grida,
l’uomo accanto al letto di parto,
con segni di denti sulla mano ―

E poi entrambi ricorderemo
il modo in cui ci hanno porto le nostre figlie,

ponendocele fra le braccia
come crisantemi.

 

traduzione di Angela d’Ambra