Via negativa
per Paul Tillich
Nostro dio senza dio, nostro uno
nessuno, tutte le nostre inezie,
specie il nostro nulla,
il nostro vento nel campanile
bronzeo di lode evanescente,
ricordi, quando le mie candele
offrirono le loro ombre,
tu non eri dio per me,
e così mi volsi invece
all’atto di implorare,
la preghiera che offrii
con occhi bassi, ogni parola
mi fluttuava lungo la schiena..
E nella veglia, vidi
sul tappeto un insetto ,
zaffiro di creatura,
che sgambettò, si fermò, scelse,
nella fede, una via nuova.
Pensai, lo spirito è economico.
No. Di più. È gratuito.
Quelle zampe mettono in moto
nella gran macchina del mondo
l’ingranaggio di scelte minime,
balenanti da qua a là, al nulla
nella narrazione scritta.
Allora tornai a temere gli
sbagli tutti e toccai
il blu sotto il bricco.
Più crescevo, più penose
le libertà, più blu la fiamma .
Se solo il futuro fosse
un qualche tiranno benefico.
Quanto intollerabilmente chiaro.
Invece svegliai mio padre
per spazzar via spettri d’insetti
dal mio letto. Non è niente,,
disse. A quelle parole,
tirai la coperta, sigillai
il buio in qualcosa di più buio.
Niente echeggiò, niente.
Lo fa ancora. Non ho padre,
né terra se non questa. La via
al sonno è lo stesso
lungo adito al mattino.
Scelgo dunque sono
scelto, parlato. Parlo.
Perciò lascio questo spettro,
la voce della mia voce, alle spalle.
(traduzione di Angela D’Ambra)