Cheikh Tidiane Gaueù
Ombra
Kanaga 2022
Cheikh Tidiane Gaye ha ricevuto ultimamente il premio speciale di poesia dall’Accademia di Mihai Eminescu, ed è stato eletto membro dell’Accademia di Mihai Eminescu a Cracovia inoltre è stato nominato a Sannicandro (nelle Puglie) Accademico ad honorem dall’Accademia Internazionale di letteratura Contemporanea Lucius Anneo Seneca istituita dall’Accademia delle Arti e delle scienze Filosofiche
L’ultima silloge di Chiekh Tidiane Gaye presenta notevoli novità rispetto alle precedenti composizioni, sia sul piano della tecnica che su quella del contenuto. Sembra che il poeta, il quale ritiene di essere ad una svolta della sua vita, (“son cinquanta candele accese con gioia che inaugurano non udire”) e voglia iniziare un nuovo percorso, per dar luogo a questo nuovo progetto ha bisogno di riflettere su di sé. Due sono gli aspetti che allora rintraccia come fondamentali per iniziare il nuovo cammino poetico: il “non udire” e l’”ombra”. In molte poesie della parte iniziale della silloge emerge questa quasi invocazione del “non udire”. Sembra quasi un mantra che lo porta alla purificazione di sé. I mistici per purificarsi tendono ad allontanare da sé il pensiero che diventa lo strumento per far deserto dentro di loro ed elevarsi alla divinità.
Per il poeta non è la rarefazione del pensiero a portarlo ad una dimensione ascetica, ma è il “non udire”, “in un deserto / inoltro ogni assenza/ al futuro incerto” perché questa caratteristica fa piazza pulita delle parole che si sentono usualmente, mentre invece esse devono essere rigenerate dall’io.
Ma chi è questo io? Qual è il principio identitario dell’io? Così sorge il secondo elemento costitutivo di questa nuova fase poetica. La dimensione identitaria dell’io è l’”ombra”.
Ombra è il titolo dato all’intera silloge quasi che il poeta abbia rintracciato qualcosa che c’era dentro di lui che necessitava di essere riscoperto, dopo la decantazione dell’intera materia poetica.
L’introduzione e la postfazione alla silloge chiariscono cosa possa essere l’ombra dal punto di vista etimologico e semiotico. Ritengo che l’ombra debba essere vista come elemento della poesia evocativa di molteplici significati rimandati dalla risonanza che il termine ombra rimanda a ciascuno di noi. Potrebbe ad esempio essere indice di tentativo di oscurare un altro, “far ombra ad un altro”, oppure”fammi ombra”, cioè rinfrescami. L’ombra in Cheikh Tidiane sembra essere la sua dimensione identitaria. L’identità di un essere e specialmente di un poeta non è mai del tutto chiara, non è univoca. Essa è sfaccettata proprio per questa è oscura. Sembra che si sia in presenza del richiamo di Edouard Glissant al diritto all’oscurità come principio poetico.
L’ombra potrebbe anche essere uno sdoppiamento dell’io con cui il poeta deve confrontarsi. Ancora una volta, penso, che l’ombra sia una personificazione dell’io, un po’ come avveniva nella poesia di Cavalcante Cavalcanti che dava animazione a tutti i suoi sentimenti, ma forse una radice più profonda potrebbe collegare l’ombra all’animismo di ascendenza africana.
Ma la dimensione identitaria di Cheikh è quella di percepirsi un grande albero che produce ombra, necessaria a riposarsi dal cocente sole, necessaria per beneficiare di una frescura che induce alla creatività e alla produzione di nuove energie, di nuova vitalità, di nuova capacitò di generare parole e suoni. Possono essere tante le citazioni da produrre in questo senso. Ne cito qualcuna: “il sogno va con l’ombra nascosta/ in una terra rifiorita/in una natura rinfrescante”, “ho preso l’ombra della magica radice/ sradicarsi nelle linfe delle foglie dolcemente aspre”.
La silloge sembra divisa in due parti. Una prima densa di metafore il cui legame spesso sfugge così che ci si trova davanti ad una poesia oscura, cioè densa di richiami ermetici. Successivamente la poesia si spiana e, pur mantenendo una elevata pregnanza di ricchezza metaforica, acquista più linearità e lancia quasi un’ancora a cui il lettore può aggrapparsi e rasserenarsi.
Da questo punto di vista, sul piano tecnico, siamo alla novità più assoluta della silloge. Cheikh Tidiane Gaye cambia registro di composizione. In tutte le raccolte precedenti era evidente un canone, direi, più vicino a quello africano perché per questo, il fare poesia deve essere molto vicino alla dimensione dell’oralità, più vicina possibile alla tecnica del griot. Le rime si snodavano con semplicità e a volte poteva sembrare di essere di fronte ad una prosa scomposta in versi. È la tipica forma del canto, del recitare con la bocca per farsi comprendere da tutti, colti e incolti, da anziani e bambini. Spesso Cheikh usava le anafore proprio per dare spessore alla imitazione della comunicazione poetica orale.
Con questa silloge il poeta di origine senegalese sembra aver abbracciato il canone di poesia occidentale ove è copresente una molteplicità di ascendenze poetiche da quella ermetica a quella sperimentale della neoavanguardia, a quella più in sintonia con un lirismo fatto di pochi e significativi versi. La brevità delle poesie è un fatto totalmente nuovo in Cheikh.
Ci aspettiamo che, dopo il deserto dato dalla tensione del “non udire”, e la scoperta della sua identità come “ombra” possano scaturire altre espressioni di poesia di elevata competenza.
raffaele taddeo nov 2022