Mio l’affanno del dì perduto
sui corpi cimeli si spegne la carne unta
sui palmi vuoti cade l’acqua arsa
dal nulla eterno dal giorno perduto
dal mio corpo muto dal grido spento
si inabissa nel suolo la parola sola
nel buio del mondo si rompe l’effige maestrale
–
Il tuo volto scompagina la carne
la sera remota sui cigli si adagia
sui fori bui delle carni spezzate
sulle ossa cenere del corpo muto
sulla lingua rossa la sfera cade
sui marmorei gigli di bianco vestita
all’altare del nulla giungo a piedi nudi
sulle ginocchia rotte porto il tuo nome
vassallo nel mio corpo irridente
la mia carne tocca la tua
nel mio unico silenzio mortale
–
Sugli altari plumbei scorre il sangue
sui calici bianchi le macchie nere
sono ombre del tempo finito
sui volti grigi si corrompe l’ora tardiva
si manifesta il passo funesto
adombrato dal silenzio di un vecchio abito sgualcito
dagli orli smunti e dai tessuti logori
dalla pelle a pezzettini divampano le animelle
si nutrono del cuore morente del torbido mondo
della gente
del giorno perso sul nulla della mano piccola e ferma del cuore morente sul torbido giorno
–
Nei fuochi sparsi sui luoghi perduti
cade il seme spurio di me
sul padre giace il fardello eterno
del mio nome
sui colmi ripiani degli altari
sui corpi piani esangui
si annovera la storia lontana
effige del mondo rituale perduto
del giorno maestoso rimane l’incanto
incantesimo nuovo del mondo morente
mio l’altare del padre perduto
–
Nel deserto ramingo elemosino il giorno
lontano resta la mano
nella mia pena si sfalda peregrina la tua voce
silente non resta che il buio niente
–
Arrivo da lontano sono nata dal nulla
e nel nulla io vivo
–
Riposo nella requie stanca
calda genesi delle acque purpuree
pura requie di forme sottili
amplessi soavi su calde oscurità cavernose
pura requie stanca calda genesi purpurea
–
Sulla seta marmorea si posano le mie mani
sui corpi bianchi cade la neve
sulla pelle striata l’acqua penetra la carne
sui bastimenti lontani si dilegua il passo stanco
–
Sui volti pallidi il desueto cantare
rigore nel tempo si rompe il pelago gelido
–
Del danno perduto resta ancora il fremito.
Del giorno sonoro l’oltraggio infausto.
L’ora compiuta il passo remoto nell’inverno dei monti sulla cenere della coltre bianca riposa mesta l’attonita effige del greve viso.
Istante convulso plauso sonoro del tempo
invisa geme nel calderone nero il plauso spento
desta il torpore muto sul candido languore.
Del danno perduto resta ancora il fremito.
Del giorno sonoro l’oltraggio infausto.
L’ora compiuta il passo remoto nell’inverno dei monti sulla cenere della coltre bianca riposa mesta l’attonita effige del greve viso.
Istante convulso plauso sonoro del tempo
invisa geme nel calderone nero il plauso spento
desta il torpore muto sul candore improbo.
Cade nell’aere sommessa disadorna la mano
si accascia sul freddo tempo si accascia sul lungo tempo si accascia su smarrimenti svaniti sul lungo tempo disadorna la mano cade nell’aere sommessa sul freddo tempo su smarrimenti svaniti la mano
si accascia nell’aere sommessa
invisa geme nel calderone nero il plauso spento
desta il torpore muto sul candido languore.
Del danno perduto resta ancora il fremito.
Del giorno sonoro l’oltraggio infausto.
L’ora compiuta il passo remoto nell’inverno dei monti sulla cenere della coltre bianca riposa mesta l’attonita effige del greve viso.
Istante convulso plauso sonoro del tempo
invisa geme nel calderone nero il plauso spento
desta il torpore muto sul candore improbo.
Cade nell’aere sommessa disadorna la mano
si accascia sul freddo tempo si accascia sul lungo tempo si accascia su smarrimenti svaniti sul lungo tempo disadorna la mano cade nell’aere sommessa sul freddo tempo su smarrimenti svaniti la mano
si accascia nell’aere sommessa