Luís Sepulveda
Raccontare, resistere. Conversazioni con Bruno Arpaia
Tea
pp 148 – 6 €
irene claudia riccardi
Luis Sepulveda racconta se stesso in una lunga intervista, una vera e propria chiacchierata a ruota libera, con lo scrittore italiano Bruno Arpaia, nel ruolo dell’intervistatore.
Come si diventa scrittore? Quale ruolo ha lo scrittore/intellettuale nella società contemporanea? E poi: globalizzazione, media e informazione, impegno ambientale… Questi alcuni dei grandi temi di cui i due scrittori dibattono e che illuminano sul percorso di formazione – letterario e personale – dello scrittore cileno. Dai primi passi nel Partito comunista cileno ai comizi di Pablo Neruda nei parchi di Santiago, dall’esperienza di studio in Unione Sovietica (da cui venne espulso perché trovato a letto con la moglie di un dirigente dell’Istituto di ricerche marxiste) alle prime prove letterarie (la prima raccolta di novelle gli fu ispirata, al liceo, da una professoressa disinvolta e si intitolava “Le notti bollenti della signora Camacho”. Da lì a scrivere romanzi per la radio il passo fu breve). E poi l’incontro con due grandi della letteratura cilena (il poeta Pablo de Rokha e lo scrittore Francisco Coloane) che hanno segnato i suoi esordi e lo hanno incoraggiato a tenere duro, anche quando la critica ufficiale lo ignorava.
Colpisce come le vicende politiche e personali di Sepulveda si intreccino strettamente alla sua esperienza artistica. E non potrebbe essere diversamente per un uomo che ha molto vissuto, esperienze forti, intense e anche dure quali il carcere e la tortura sotto la dittatura del generale Pinochet e lunghi anni di esilio. Spagna, Francia, il ritorno in Cile dopo tanti anni, il ritrovare gli amici e – proprio grazie a loro – il successo. Infatti “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” era stato pubblicato in Spagna nel 1989 ma la tiratura era rimasta quasi tutta in magazzino. Al suo ritorno in Cile gli amici, per accoglierlo degnamente, si fecero trovare con una copia, quasi amatoriale e tutta squadernata che, chissà come, arrivò fino in Francia, dove si trasformò in un best-seller.
Ma quello che più colpisce il lettore, la persona comune, è scoprire come intorno a uno scrittore della statura di Sepulveda non ci sia un’aura quasi mistica, ma una vita fatta di amore, moglie, figli, amici… proprio come quella di tutti.
E Luis Spulveda, su questo aspetto “vitale” non si stanca di porre l’attenzione: “Sì, perché per me uno scrittore è un uomo o una donna che è a suo agio dentro la vita, nelle cose più apparentemente insignificanti, e proprio per questo è scrittore… Contesto l’esistenza di quel limbo dello scrittore o dell’intellettuale che gli permette di essere lontano dagli altri e tuttavia di esprimere opinioni. Anche se mi piace la letteratura, anche se amo moltissimo scrivere, ci sono momenti in cui preferisco passeggiare con i miei figli, fare l’amore, pescare, giocare con il mio cane, cucinare perché vengono i miei amici a cena. Non sacralizzo nulla, men che meno la letteratura, che pure mi riserva momenti felicissimi”.
Non mancano neppure indicazioni più concrete sul suo modo di scrivere, sulle sue nevrosi (scrive solo a mano su fogli bianchi senza righe e su una scrivania ordinatissima) e suggerimenti impliciti per quanti vogliono cimentarsi nell’arte del racconto, sua “specialità”.
Settembre 2004
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