Supplementi

Racconti italiani – Raffaele Taddeo

Rintracciare un tema che unifichi questi racconti è impresa ardua perché sono molteplici e variegati. In essi si tratta dell’amore, del rapporto con la natura, del migrare, della solitudine , dell’importanza della vita per se stessa, ecc.
Quasi ogni racconto sottende un tema a sé.
Non si parte da un mondo di credenze, da una ideologia precostituita, su cui poi costruire le storie.
Il narratore è un vergine sul piano ideologico che va alla scoperta di ciò che esiste nella vita del singolo, nella vita di relazione.
Ciò che emerge è un approccio delicato, leggero teso a non sommuovere, a non contaminare la realtà, a non deturparla, ma a comprenderla nella sua espressione.
Il narratore è un’ape che si poggia ora su un fiore, ora su un altro senza alcun preconcetto per cogliere il polline che poi offrirà alla comprensione dei lettori.
La gioia comunicativa della scoperta epifanica, intravista in questo avvicinamento alla realtà sembra il segreto della poetica di Julio Monteiro Martins.
Non c’è un disegno, non c’è una linea che muove l’autore nella indagine della realtà. Ogni fatto, ogni elemento è un aspetto da indagare, da presentare come valore.
La poetica dello scrittore brasiliano sembra assomigliare molto a quella ungarettiana del porto sepolto.
Il poeta si cala, si appoggia sulla realtà per scoprire significati e riproporli o portarli in superficie in una offerta rivelatrice.
È il poeta ( fotografo) che sa cogliere l’epifania nella realtà e sa comunicarla e farla assaporare.
La realtà può essere positiva, estatica come lo è lo straniamento gioioso fino alla esaltazione provocata dalla costante nudità della donna; può far cogliere la grandezza della natura quando non è edulcorata, vestita, svilita dalla manipolazione umana, (si vedano i due testi in naturalibus e mentre dormivi), ma può anche essere negativa, cioè può portare amarezza, sconforto come in tanti racconti. Eppure essa non si presenta mai violenta. Il narratore guarda agli accadimenti umani con compassionevole partecipazione, senza mai cadere nel patetico, perché tutti i personaggi risultano composti, dignitosi, sia quando è un uomo ad essere abbandonato dalla propria donna, o quando si vuole dare voce alla dignità di una persona, che non deve essere schiacciata dalla altrui personalità.
I motivi narrativi sottesi a tutte le storie sono quelli della comprensione e del rispetto della libertà altrui. Sembra quasi che anche nella sventura più amara, che farebbe gridare dal dolore e dalla rabbia, ogni personaggio sappia capire le ragioni dell’altro, sappia rispettare la scelta dell’altro anche quando può portare dolore e sofferenza. È un’etica dell’accoglienza interiore.
Ne il puteale ad esempio una madre, sposa, spiega al figlio le ragioni dell’assenza del padre, che sono dettate da “fulmini” d’amore. Lei, abbandonata dalle improvvise esotiche passioni del marito, padre del proprio figlio, non ha una parola di rammarico, non una parola di disappunto o commiserazione, manifesta solo un invito, forse rivolto al probabile lettore, perché capisca il suo animo.
Una caratteristica tipica del raccontare di Julio Monteiro è in genere l’assenza di elementi spaziali. Non ci sono identificazioni precise e come dice Carmine Chiellino nella quarta di copertina a La Passione del vuoto si ha la sensazione di una ampiezza e apertura, proprio perché non colloca ad un hic et nunc la dimensione narrativa.
Qualche indizio ci porta a scoprire alcuni aspetti più nascosti dell’animo dell’autore.
Essi si rivelano in alcuni racconti che sono più significativi del rispecchiamento del suo spirito non narcisistico, perché il disvelamento avviene solo con parsimonia e misura.
Un primo elemento indiziario della personalità dello scrittore brasiliano ci viene dato da alcuni racconti centrati sulla dimensione migratoria degli esseri umani.
Nel secondo racconto di questa antologia intitolato Magellano ci pare che si riveli l’amarezza di ogni emigrato che non è stato compreso nel proprio territorio di nascita, non è stato valutato per il suo valore e la sua grandezza nella sua patria. Le ragioni di ogni migrazione sono date dalla necessità, ma ad essa è sempre accompagnata la disistima, la incomprensione di ogni comunità nei confronti di colui che, senza speranza, ha deciso di andar via.
Un secondo elemento indiziario riferito sempre alla tematica della migrazione, è dato dal racconto Angeli in Europa, ove l’arte, la bellezza architettonica, ha la capacità di ingentilire l’animo di quel migrante le cui azioni sono al limite del lecito. Mi sembra che il retropensiero di questo racconto sia che l’impatto fra qualunque migrante con una dimensione ospitante culturale ove la bellezza, l’arte ne sia la struttura portante, ingentilisca ed educhi chi anche per necessità si è trasferito.
In una poesia, donata da Julio Monteiro per l’edizione di questo supplemento, si dice: “Era entrata in me/ la bellezza./ Un’intossicazione/ benigna di musica./ Uno stordimento,/ una spossatezza,/ un torpore nell’aria.. Versi che sono connotativi di una personalità che fa della ricerca della bellezza un obiettivo di vita e uno strumento di civiltà.
Un racconto si distingue rispetto a tutti gli altri sia per la sua struttura più tipicamente narrativa, sia per il suo carattere violento.
È l’unico racconto che si rivela amarissimo nella soluzione finale. Si tratta del testo contiguità. Un badante, si direbbe oggi, ha in cura un paraplegico, ex giornalista molto affermato, del tutto immobile su una poltrona, incapace di parlare e di muoversi, che riesce a comunicare solo attraverso un P.C. collegato probabilmente a stimoli celebrali o vocali e capace di leggere questi stimoli traducendoli in scrittura. Vi è un primo tentativo del badante di mettersi in relazione su un piano culturale con il giornalista che rifiuta tale comunicazione e ne prova fastidio. Ma poi il badante scopre che il suo assistito si pone in contatto con un amico sciorinando ipotesi fantapolitiche. Tenta allora di entrare di nuovo in relazione con lui offrendo giochi semplici, possibili a un paraplegico. Viene redarguito attraverso il P.C. da un amico del giornalista. Allora il badante stacca la spina dell’apparecchio informatico e solo le insistenze della madre lo inducono a ritornare in casa del giornalista a riaccendere il computer. Al mattino seguente si trova davanti alla porta di casa l’amico del suo assistito che lo licenzia. Aspetta nelle vicinanze che questo vada via, poi entra in casa del giornalista, raduna stracci e carta sotto la sedia del paraplegico, sotto il P.C. e sotto di sé, dando fuoco come un rito purificatore.
È un omicidio suicidio il cui significato sfugge ad una prima lettura. D’altra parte tutto il racconto assume attraverso gli elementi simbolici presenti una forte carica di polisemicità, per cui la lettura può essere variamente interpretata. A mio parere l’incapacità comunicativa da una parte, dall’altra la supponenza culturale del giornalista che emargina, svilisce il badante porta a questo funereo gesto riparatore.
Julio Monteiro, sembra di capire, è fortemente risentito quando la possibilità comunicativa viene spezzata, frantumata, interrotta, perché l’unica possibilità che si ha per continuare ad essere uomini, capaci di un minimo di sensibilità, è quello della possibilità e intenzionalità comunicativa.
Ma anche la supponenza e orgoglio culturale sono delle espressioni umane che lo scrittore di origine brasiliana vitupera e condanna.
Come affermato in altra parte, l’erompere dei sentimenti in questo caso non è inglobato, confiscato, da una appartenenza sociale che si è lasciata edulcorare dal perbenismo, dalla mediazione tecnologica, quale è quella della macchina e specialmente del computer, ma assume ancora la struttura della primitività, dell’alogico.
È l’erompere del dramma che qualche volta, o almeno sempre più spesso, si libera dalle catene nelle quali è avvolto e allora assume anche l’aspetto della brutalità e della regressione ferina.

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".