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ricordi – Pietro Pascarelli

Non ho mai conosciuto di persona, purtroppo, Julio Monteiro Martins. Conobbi prima Sagarana, la sua rivista, e il progetto che -fra tante altre cose importanti- dava voce finalmente in letteratura non solo a personalità già accreditate, ma anche agli esordienti, ad autori sconosciuti, sottraendosi ai condizionamenti di mercato e alle mode. Da allora -pochissimi anni, un secolo fa- presi a leggere le sue interviste, le sue rubriche, i tanti suoi interventi sull’arte, sulla società, sulla dignità umana, ma ancora poco conoscevo dei suoi libri di prosa e di poesia. -Avrò tempo- mi dicevo, affascinato intanto dal senso di libertà e di solidarietà fra gli uomini che a poco a poco mi rivelavano la sua presenza, i suoi modi, i suoi contenuti in termini letterari, culturali, politici -conosciuti per spezzoni di letture, conversazioni, interventi sui media- il suo volto. Gustavo in quel frattempo un sorta di sentimento di familiarità e insieme di ammirazione che i miei ideali collegavano alla figura di Julio Monteiro Martins. In fantasia ero già iscritto a uno dei suoi corsi di scrittura, da me intesi forse soprattutto come corsi per amare la vita attraverso l’arte, corsi per migliorare il mondo e noi in esso coltivando l’intelligenza -un’intelligenza non distaccata dai sentimenti- contro le derive della stupidità, corsi per riaffermare la creatività come valore. Costruire un mondo nuovo, questo era il sogno, in cui il desiderio produce il mondo e ci rinnova, ci fa più liberi e indipendenti. Sagarana pubblicò, nel primo numero del 2013, una mia piccola suite, intitolata Kamchatka. Ciò creò in me un legame ulteriore con lui e la Rivista, soprattutto subito legame di gratitudine, ma in sostanza sostenuto dal mio riconoscermi nel progetto culturale, e mi determinò a proseguire con la scrittura, e con una ricerca, in una prospettiva che arricchisce, cambia la vita e non può avere termine. Leggendo poi quel che egli aveva scritto sul ruolo e la responsabilità dello scrittore, insieme alla mia limitatezza avvertii però l’importanza di una funzione che mi pare fondamentale per la società umana, sentii di avere un punto di orientamento per cogliere il senso e alcune implicazioni anche del mio modesto lavoro di apprendista innamorato della poesia. Ho sempre ricordato con affetto le parole di apprezzamento che Julio ebbe a scrivermi sui miei testi. Incoraggiato da questo ho tentato di esprimere anche con alcuni versi il significato da me attribuito alla sua presenza, il dolore e l’emozione alla notizia della sua scomparsa, appresa il 30 gennaio scorso.

Siamo
in viaggio
con bisacce e cornamuse paffute come nuvole
piume e colori accesi sul filo di foglie di mangrovia
musica di uccelli e acque incrociate
il dorso imperlato di gocce bianche
latte delle origini impervie
siamo mani a scuotere la foresta improvvisa
scrutiamo nel rumore che s’alza al cielo

la luce delle lacrime guardano con amore i tuoi occhi
e nulla li distoglie dal dolore

amico
ancora amico
nascosto
sull’aria e il mare increspato
geroglifico di molecole ali pesci
scorza di ciliegio lucido
inaccessibile
a radiazioni del nulla
del pianeta
aspetti
si fa la strada assieme
brecce del sogno e
succhi d’erbe
facciamo da mangiare
con calce nuova
facciamo una casa dopo tanti
addii
senza denaro senza giungla urbana
senza poteri
un’America una madre di fango e sole
una casa con libri e tramonti rosa alle finestre
qualcosa che unisca ciò che si è spezzato senza preavviso
lasciandoci
alla distanza
in cui non s’ode il nome

Reggio Emilia, 7 febbraio 2015

L'autore

Pietro Pascarelli