Recensioni

Sette paia di scarpe

Eliana  Iorfida
Sette paia di scarpe
RaiEri  2014   €  13,00

raffaele taddeo

 

E’ una storia d’amore quella raccontata da Eliana Iorfida in questo romanzo. Storia d’amore che non viene coronata da successo perché i due promessi sposi si scontrano con abitudini, con tradizioni che frustrano il libero esprimersi del sentimento.

La narrazione è una sorta d’indagine compiuta da Aidha per scoprire le cause di una frattura fra la madre e la sua famiglia d’origine, che viveva in uno sperduto villaggio siriano all’interno della zona desertica della Jaazera.
Aidha, giovane ragazza risiede a Beirut con i suoi fratelli e il padre che per il timore di una rappresaglia israeliana, per motivi di sicurezza, preferisce mandare le figlie presso la famiglia di sua moglie, che fino alla sua morte non aveva mantenuto nessun rapporto, con la sua famiglia d’origine. Ma neppure il padre si era preoccupato di tessere legami con la famiglia della moglie. La decisione del padre sorprende quindi Aidha e i suoi fratelli.
La organizzazione spaziale del romanzo risulta significativa per l’impostazione della narrazione, così come la dimensione temporale che colloca le vicende da scoprire in tempi lontani.
Spazio e tempo fanno quindi da cornice ad una storia che vive del rapporto dialettico fra modernità e arcaicità. Modernità perché viene positivamente descritto l’incontro fra due persone, inserite in un ambiente sociale, culturale non ancora toccato dalla modernità. Essi riescono ad esprimere il loro amore, pur controllato e ancora privo di contatti corporali, fatto perciò da sguardi, da speranze, da sogni. Ma arcaicità perché le consuetudini di comunità d’appartenenza non davano importanza al sentimento e tutti i rapporti erano dettati da elementi di scambio economici.
In questa storia d’amore la tradizione, la consuetudine, l’autorevolezza del capofamiglia ha la meglio sui sentimenti, che vengono soffocati e ignorati.
Imad, padre di Aidha e sposo della madre che si era debilitata anche fisicamente, come scopre la figlia, perché impedita di dar vita ai suoi sogni d’amore, risulta quasi un benefattore. In questa narrazione non sappiamo nulla del rapporto che poi si è instaurato fra i genitori di Aidha. Hanno dato alla luce tre figli, che ormai vivono in una Beirut, fatta di modernità a contemporaneità. Ma questo è sufficiente perché il loro rapporto possa essere stato allietato da sentimenti spontanei, sinceri e specialmente affettuosi? E’ la domanda che rimane senza risposta.
L’autore ha preferito insistere sulla prima storia d’amore di Asiya, madre di Aidha, e Najib, sugli impedimenti che tradizione e consuetudine hanno impedito il realizzarsi della storia d’amore dei due giovani. Pur se impedita, repressa la narrazione tende a sottolineare che l’amore nasce, fiorisce anche in situazioni dove le regole di composizione della famiglia, del legame che si può stabilire fra due persone, sono dettate da fatti economici piuttosto che da libere scelte sentimentali.
Significativa, però, risulta la postfazione perché rivela l’intento profondo di questo romanzo. Essa è a cura della stessa autrice che trova nella situazione del piccolo paese siriano una sorta di rispecchiamento di consuetudini e tradizione della stessa Italia meridionale di non molti anni fa, quando le liti fra famiglie, per motivi futili, duravano generazioni e i matrimoni si rompevano per un nonnulla. Nel Sud dell’Italia la fuitina era la soluzione che due innamorati trovavano per opporsi alla durezza delle tradizioni e affermare la primarietà del loro amore.
Rispecchiamento che mette in risalto come la dialettica fra modernità e tradizione non è un fatto che è presente solo in luoghi lontani dalla cultura occidentale ed Europea, ma è insita in ogni luogo dove la comunità cerca di stabilire leggi e consuetudini che vanno al di sopra dei singoli sentimenti e la vita consiste proprio nell’equilibrio che si stabilisce fra il rispetto dei sentimenti individuali e le esigenze della comunità che vive e sopravvive per norme che lei stabilisce e che ritiene indispensabili per la dignità e la moralità delle persone.

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".