Questa raccolta uscita nel 2017 è la terza silloge pubblicata da Duška Kovačević . Si discosta notevolmente dalle prime due per i contenuti e struttura formale. Incominciamo da quest’ultimo elemento. In questa raccolta compaiono molto più spesso i versicoli, struttura del verso che nelle prime due raccolte era molto limitata. La punteggiatura, salvo in poche poesie, viene del tutto omessa. Non si dà un titolo alle poesie, all’interno c’è sempre un verso in grassetto ma non si sa se può essere quello il titolo della poesia. Non esiste d’altra parte un indice che possa fare chiarezza. Un elemento che sembra ricorrente è quello della anafora, presente anche all’interno dei versi e non solo all’inizio o alla fine del verso. In tal modo si dà maggiore spessore musicale alla composizione letteraria. Si prenda ad esempio la poesia a pag. 20, l’elemento anaforico è “noi due in uno”, sintagma preceduto ora dalla congiunzione “e”, poi dalla “con” ed ancora da “da” e infine da “per”. Questo elemento anaforico è seguito da tre versicoli mentre l’ultimo è invece seguito da quattro versicoli dei quali il primo è “uno” che sarebbe quasi un’eco dell’ultimo termine dell’anafora. Dopo i tre versicoli ci si aspetterebbe la ripetizione dell’anafora ed invece si ha “a letto letto letto”, per cui l’elemento noi due in uno che fino a un momento prima era una metafora pudica, filosofica, si potrebbe dire, acquista una dimensione erotica, attenuata dai versi che seguono “Hai letto/ anche tu/ le righe più belle del mondo/….”. Ma il significato, a doppio senso, più che il richiamo alla lettura fa sprofondare in un più accentuato erotismo.
Un altro elemento tecnico a cui ricorre frequentemente nelle composizione la poetessa di origine bosniaca è quello della paronomasia, come nei termini “sirena, serena”, oppure con “statistica, mistica, casistica” oppure ancora con “intrecci, inciuci, cantucci”.
La breve analisi della poesia sopra citata a pag. 20 fa subito comprendere che anche sul piano del contenuto questa silloge si distanzia in maniera decisa da quelle precedenti. Ora la comunicazione poetica non sembra più impacciata o frenata dall’attenzione alla rima o meglio da un giudizio sulla sua scrittura. La poeta ora procede con sicurezza e sotto molti aspetti anche ostentazione, quasi a confermarsi in questo rinnovato coraggio sulle sue possibilità espressive, sulla necessità di una libertà comunicativa anche al limite della convenienza. La comunicazione poetica è intrisa di erotismo che tocca ogni sfera fisica. E tuttavia la poesia non scade mai nella volgarità perché l’intenzione poetica è quella della autenticità, della sincerità, della trasparenza. La silloge quindi può essere vista come una storia d’amore ove l’investigazione tende a ricercare, trovare in che modo lo spirito risponde alle sollecitazioni sensuali.
Ma è una storia d’amore reale? O è tutta una finzione poetica? Qualche poesia permette l’ingenerarsi del dubbio. A pag. 42 si legge “E va bene/ visto che siamo perfetti sconosciuti/ e che virtuale è il nostro giardino/ ti farò cogliere qualche fiore ancora/…”. Il giardino, l’hortus conclusus, che non può che essere quello dell’amore è solo virtuale, non reale, e solo perché è così è possibile cogliere qualche fiore ancora.
la poesia posta a chiusura dell’intera silloge sembra ancor più sottolineare la virtualità di tutta la comunicazione fatta e cioè che i suoi contenuti sono nell’immaginazione più che nella realtà. “E’ tutto molto più semplice/ nei mondi cosiddetti veri/ perfino le finzioni/ sono più autentiche e meno ostili/…/ il nostro mondo qual è?/ cosa è vero e cosa virtuale?”.
Ma procedendo con un procedimento più analitico si possono individuare gruppi di poesia a scansione tematica similare, così ad esempio le prime 4 poesie sono una sorta di presa di posizione dell’io donna, sono una dichiarazione di identità. Indicativa è quella posta a pag. 12. “Piacere, sono Donna/ e cerco quindi un uomo/ No, anzi, sono una Sirena/ e cerco un bel Niente/…/ Vero, sono Donna/ e quindi come Sirena, serena”. Questa poesia rivela un aspetto nascosto, che serpeggia in tutta l’opera di Duska Kovacavich: la coesistenza di essere e non essere. L’affermazione di essere donna alla ricerca di un uomo vuole indicare un’intensità sentimentale, che potrebbe essere poco gestibile o conturbante. La poetessa immediatamente però ridimensiona il tutto affermando di essere sirena. Viene capovolto proprio quanto annunciando al secondo verso perché la sirena aspetta l’uomo non ne va alla ricerca, quasi possa farne a meno. La poesia poi termina con questa pacificazione proposta e proclamata “ e quindi come Sirena, serena/ ti lascio sereno cercare/ e forse mi saprai trovare”:
Un secondo gruppo di poesie riguarda proprio il rapporto amoroso fra un lui e una lei ove si raggiungono posizioni metaforiche al limite con molti doppi sensi. La poesia a pag. 14 ci propone un verso significativo al riguardo: ”Percorrerei con la punta della lingua/ il marmo vivo di cui son fatte/ le tue braccia/ Leccherei il sale del tuo essere distaccata/…” Il termine “distaccata” però indica significati più complessi. Ma è la poesia a pag. 18 che porta all’apice questa libertà espressiva sul piano sensuale. Sarebbe da riportare tutta, ma basta solo qualche verso per poter sene rendere conto:”…/io magari tutta oleata con qualche/ triangolino scarno addosso/ E tu pimpante e vibrante e virtuoso/ intento FINCHE’ IO IMPARI/ TUTTE LE POSIZIONI DEL Kamasutra/…/mi stressa questo tuo/ volermi entrare dentro da tutte le parti/…/invece di minacciare inizia ad amare/ e magari lì succederà il botto”.
Ma poi ci sono poesie di estrema purezza e trasparenza: “I corpi si possiedono solo con lo sguardo/ Nel mio sguardo tu sei soltanto mio/ scintilli come una stella/ che porta il mio nome”.