Recensioni

Tutta intera

Scritto da Raffaele Taddeo

Esperancé

Espérance Hakuzwimana
Tutta intera
Einaudi,  2022

Le vicende del romanzo di Espérance Hakuzwimana possono essere lette acquistando il suo testo, che spero venga fatto, o è possibile farsene un’idea dalle note della quarta di copertina. Voglio soffermarmi su alcuni aspetti riguardanti l’organizzazione strutturale e il senso generale che ne deriva dopo la lettura della narrazione.

Ultimamente mi sono imbattuto in due testi in cui la struttura dominante è quella contrappuntistica. Derivo questo termine dal linguaggio musicale, in cui il contrappunto è uno delle forme più significative ed usate.  Il romanzo Tutta intera si muove su due spazi che sono in contrapposizione quello di Basilici e quello di Bellafonte. Sono spazi opposti e divisi dal fiume Sele, procedono parallelamente, ma non simmetrici perché sono discordanti. La diversità degli spazi sta ad indicare una differenza di condizione sociale, etnica. Il Sele segna quasi un confine, ma non solo fisico. È un confine di obiettivi, di scelta di vita, di condizione economica. È una demarcazione di possibilità di speranza di vita, di sogni.

Sara, una giovane donna di ventitré anni, è la protagonista che cerca di cucire la frattura esistente fra i due spazi, fra le diverse etnie. Lei ha avuto l’incarico di svolgere una sorta di doposcuola a ragazzi “difficili” e di colore. Lei spera di potere, attraverso il lavoro, operare la cucitura anche perché anche lei è di colore e quindi, in qualche modo, appartenente al loro mondo.  L’operazione non è semplice e a questo punto si inseriscono i ricordi di Sara bambina, poi a scuola prima elementare e poi media. Si riflette sui suoi rapporti con amici/amiche, con i genitori adottivi.

I ragazzi di Basilici non riescono, però, a ritenerla del loro gruppo, la chiamano Bellafonte.

L’esperienza di Sara che emerge man mano le fa pensare a come a volte si è sentita ricacciata indietro, non riconosciuta appartenente a quella società dei genitori che l’hanno adottata, a quello spazio privilegiato. La protagonista non riesce a condividere quanto al di qua del Sele si vive e si realizza, spesso proprio per lo sfruttamento operato a scapito di coloro che sono al di là del Sele. Ma neppure può accettare l’emarginazione di coloro che sono al di là del fiume, quasi segnati definitivamente alla loro condizione. Gli abitanti di Bellafonte arrivano a impedire a chi vive al di là del Sele di poter convivere anche le feste del paese, non vogliono che venga disturbato il loro quieto vivere. Per questo arrivano a chiudere anche un ponte per impedire l’accesso a Bellafonte  degli abitanti di Basilici.

Il romanzo non prospetta una soluzione perché la protagonista da una parte vede che la vita nello spazio privilegiato consente di raggiungere obiettivi, anche lottando, consente di poter sognare una propria emancipazione, dall’altra vive l’amarezza di non essere accettata nel gruppo che vive in Basilici ma anche la consapevole inquietudine di una condizione difficile da mutare.

Da sottolineare in questo romanzo la funzione che acquista la lingua. In sé ogni lingua diversa da quella dominante, che sia dialettale, che sia gergale, che sia di appartenenti ad etnie diverse da quella prevalente sul piano politico e sociale, è uno strumento di opposizione, di difesa, di lotta. In questo romanzo questi ragazzi di Basilici usano la diversità di lingua per difendersi da Sara non ritenuta appartenete al loro gruppo. Notevole è il fatto che pur di etnie diverse, quindi con lingue prime differenti, loro sanno capirsi. I gruppi minoritari, che rivendicano una loro presenza, che si oppongono allo strapotere di chi domina, fanno uso della lingua per i loro fini emancipatori.

raffaele taddeo  gennaio 2023

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".

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