Generazione che sale

Scuola Media Cassinis – Classe II D

Progetto Riguarda Niguarda 

Testi autobiografici classe 2D, età media 12 anni – scuola media Cassinis – Milano – gennaio/aprile 2015

Professoressa referente: Angela Giroletti

 

NOUR

1)      Come vivo?

Il 26/05/2007 è nato mio fratello, e io sono abbastanza felice ma anche preoccupata per il fatto che ora è mio fratello il piccolo della famiglia, e quindi mi toccherà rinunciare a tante cose per mio lui e i suoi giochi.

Comunque cerco di non dargli tanto peso.

 -Adesso bastaaaa!!! -urlai- non ne posso più di Rayene (mio fratello) l’ho sopportato troppo allungo e lui è sempre prima di me !!!!- all’improvviso però esplodo, anche se mentre urlo contro mia madre mi sento in colpa.

Mia mamma rimane zitta limitandosi a prendere per mano Rayene e ad uscire di casa.

Sono sola e mentre piango non capisco perché lui è sempre il più favorito.

Sto guardando un film quando mi travolge un sonno terribile e mi addormento sul tappeto.

Quando mi sveglio mi ritrovo sul mio letto sotto le coperte, con mia mamma con una faccia spaventata che mi misura la temperatura : -hai la febbre a 39.6 !!!- urla, e io non riesco neanche a muovermi; la febbre mi rimane addosso per una settimana e mia mamma annulla tutti i suoi impegni per starmi accanto … bella la febbre, capisco che sono importante per lei.

Daira

  • Mi chiamo Daira

Mi chiamo Daira sono una bambina di 7 anni, sono bassa, ho i capelli neri e lunghi, sono molto pasticciona, in tutto. Vivo con mio padre da quasi 1 anno a Cusco, una città del Perù. Ho solo due amiche: Grabriela e Vanessa, sono del mio stesso quartiere e abitano di fronte a me. Sono state due amiche molto importanti: mi facevano da mamma e da sorelle, cercando di farmi dimenticare in tutti i modi che mia mamma non era vicino a me. Non le dimenticherò mai per quello che hanno fatto. Mia mamma è in Italia per questioni di lavoro, io e mio padre non vediamo l’ora che arrivino i documenti per raggiungerla. Finalmente il documento arriva: il 17/07/2010 possiamo andare a vivere con mia mamma. Arrivata in Italia con mio papà, mi sento finalmente a casa con la mia famiglia. È ottobre quindi mi devono iscrivere a scuola. Lì incontro la mia amica del cuore: una bambina simile a me. È simpatica, dolce, chiccherona, molto divertente e anche carina!!!! Nella classe 2b conosco solo lei, ma mi basta per non sentirmi più sola: lei è sempre quella che calma le mie paure, i miei pianti e i miei dolori. Mi dice sempre “lasciali perdere”, quando qualcuno dei miei compagni mi prende in giro, magari solo perchè non so parlare l’italiano. L’anno passa in fretta, pero non capisco ne parlo ancora bene l’italiano, i miei compagni dicono che parlo solo in spagnolo, una delle mie maestre manda a chiamare un ragazzo che fa da traduttore per me. Nel 2011, in 3b comincio a parlare un po’ meglio, poco a poco socializzo anche con il resto dei compagni:  conosco altre bambine simpatiche. Alla fine della scuola ritorno in Perù con i miei genitori, ci rimaniamo per quasi 1 mese e mezzo: rivedo le mie care amiche e con loro passo giornate bellissime: andiamo al luna park. Poi però arriva il giorno per ritornare in Italia: piangiamo tutte tre tantissimo. Arrivata in Italia mi tocca anche finire i compiti delle vacanze, però capisco che ora l’italiano va molto meglio e anche per questo non vedo l’ora di rivedere i miei compagni. Evviva! sono in 4b, sono contenta perché adesso mi sento parte di tutti i miei compagni: quando facciamo dei tornei gli vinciamo tutti,  sempre uniti. La mia migliore amica mi invita quasi sempre a casa sua: lì giochiamo con i soliti giochi da bambini, quei giorni non li dimenticherò mai, mi rendo conto che gli anni passano veloci,  sempre con lei. Ora però ho anche un mio migliore amico. Il mio migliore amico ama giocare a calcio, sopratutto gioca con i suoi amici ai giochi serali: è un posto dove si va dopo la scuola. Provo anche io a giocare a calcio ma faccio così tanti falli che non mi vogliono con loro. La 5b è brutta: alla fine dell’anno scolastico dobbiamo dividerci: alcuni i miei compagni andranno in un’altra scuola diversa alla mia. La mia classe è composta da dodici femmine e dodici maschi: è perfetta, fino alla quinta, poi non so nulla, se non che devo ricominciare.

Davide M.

  • Devo parlare di me …

Sto partecipando ad un laboratorio autobiografico e sono arrivato al dunque: devo trovare un modo per raccontarmi, devo anche decidere cosa raccontare di me stesso … un bel problema, ho la testa vuota. Se avessi potuto scegliere avrei partecipato ad un corso del genere, magari per curiosità, e forse me ne sarei pentito: mica facile! Però non ho potuto scegliere perché è un lavoro di classe, quindi non mi resta altro che provarci. Sono in classe, mi chiamo Davide, ho 12 anni, la professoressa ci fa ragionare su tutte le nostre paure e pensieri brutti, anche sulle cose belle: non so lo stesso cosa scrivere … Mi confronto con il mio compagno di banco, è anche il mio migliore amico: con lui ho passato momenti bellissimi, quando uscivamo e facevamo cavolate, insieme anche con nostri compagni di classe. Naturalmente, come tutti gli amici, abbiamo litigato in passato ma i momenti belli con lui prevalgono su quelli brutti. Questi sono i pensieri che mi attraversano. Mi viene voglia di pensare all’amicizia … Crescendo, le cose che mi circondano sono cambiate, ad esempio la scuola, i compagni, i professori, gli amici, ma soprattutto il mio carattere e il mio modo di essere: sento che ho imparato tante cose della vita e continuerò a imparare. Sento soprattutto che la vita bisogna accettarla per quella che è.

Martina

  • I sogni si realizzano

Era lì, davanti a me mi guardava e sorrideva. La persona che ho sempre visto come un idolo era con me… non ci potevo credere… sono riuscita ad incontrarla.

Sono le 18:30, apro l’armadio e prendo i vestiti. Mi metto il mio solito maglione beige e i jeans. Esco di casa e suono il campanello della mia vicina, Alessia. Lei ha undici anni, uno in meno di me, e verrà con me. Scendiamo velocemente le scale e ci precipitiamo in macchina. Suo padre, intanto, prepara il navigatore. Siamo dirette al M.A.S, una scuola di recitazione che si trova a Milano, non molto lontano da casa mia ma difficile da raggiungere perché il traffico è sempre terribile e poi il tragitto è pieno di sensi unici e vietati; insomma questo viaggio mi sembra un’odissea e aumenta la mia agitazione! Stiamo andando ad incontrare Lodovica Comello, una ragazza italiana di ventiquattro anni che recita nel telefilm argentino Violetta. Ormai sono tre anni che la seguo e non vedo l’ora di incontrarla. Sono passati dieci minuti ed io non ce la faccio più, l’idea di vederla e abbracciarla mi riempi il cuore di felicità. Passano ancora cinque minuti ma niente allora prendo il mio telefono e vado su YouTube. Metto la canzone “Universo” (una sua canzone) ed io e Ale cominciamo a cantare come due pazze. Guardo fuori dal finestrino e non credo ai miei occhi. Vedo un palazzo con la scritta M.A.S., incomincio ad urlare e lo dico alla mia amica. Scendiamo dalla macchina e io mi metto a correre verso l’entrata. Dentro alla scuola ci sono altre ragazze che sembrano tranquille. Io mi avvicino ad una finestra e guardo fuori. Lodo è lì con il suo splendido sorriso: mi vede e mi saluta. Voglio urlare ma non ci riesco…sono troppo emozionata!  Entra e dice “ciaoo siete tantissime,Wow! Facciamo una cosa, mettetevi tutte in fila così facciamo le foto!”. Lodo si mette davanti alla finestra dove stavo guardando fuori prima e mi fa cenno di venire. Sto per andare quando una bambina mi supera … grrrr … Ecco, ora tocca a me. Mi avvicino e inizio a tremare. Lei era lì, mi guardava e sorrideva. La persona che ho sempre visto come un idolo era con me…non ci potevo credere…sono riuscita di incontrarla. Mi guarda e dice “ehi ciao! Tutto bene?” Io annuisco perché non riesco a parlare, mi metto vicino a lei, sorrido e la mia amica ci fa una foto. Prima di andare al mio posto mi giro verso di lei e l’abbraccio fortissimo. Lei mi stringe ed io non capisco più niente… sono felicissima. Le riesco a dire “grazie di tutto Lodovica” e poi la lascio andare, lei poi sorride e mi risponde dicendomi “grazie a te, davvero!”. Ritorno al mio posto contentissima e aspetto che le altre ragazze finiscano di fare le foto. Finalmente è il momento degli autografi. Le do il mio diario e le dico il mio nome, Martina. Lei fa un sorriso (forse le ricordo una del cast che si chiama come me) e nel diario mi scrive “Marti un bacio!!! Lodo” poi la saluto quasi piangendo e vado via. Lei mi saluta dicendomi “ciao Marti, ci vediamo al concerto!”. Esco dalla scuola e mi siedo in macchina stringendo il diario. Prossimo appuntamento, il concerto: non vedo l’ora di vederla, è importantissima per me.

Manuel A.

  • Io e i miei amici: il falò clandestino

Era un giorno d’estate, precisamente i primi giorni di agosto, quando, sul lago maggiore dove io e dei miei amici abbiamo la casetta, una bambina sgradevole, Matilde, sopportata a stento per tutta l’estate, se ne va al mare. Quando veniamo a saperlo, io e un mio amico un po’ più piccolo, Manuel, decidiamo di festeggiare; ma questa volta in un modo diverso, clandestinamente, facendo un Falò.

Il giorno prima ci organizziamo e ci mettiamo d’accordo su chi doveva portare cosa; eravamo in sette e quindi ci siamo divisi i compiti. All’inizio non doveva essere un falò, ma soltanto un festeggiamento con coca cola e incensi, solo per il gusto di bruciare qualche cosa. Peccato che prima di farci la doccia alla fine di un pomeriggio di calcio, da altri nostri amici arriva una triste notizia: il padre di Matilde ha forato una gomma e quindi posticipano la partenza al giorno seguente.

Eravamo distrutti al solo pensiero di rimandare i festeggiamenti  ma soprattutto, lo eravamo al pensiero di doverla sopportare un altro giorno.

Questa bambina è isterica, di sicuro ha preso dalla madre che, neanche lei scherza, è più isterica di mia madre quando lascio la stanza in disordine, in più il suo linguaggio è peggio di quello di cinque scaricatori di porto messi insieme. Finalmente però, alla fine, arriva il fatidico momento: sono le 10:00 e attendo insieme agli altri, al bar, di vedere la macchina di Matilde partire per vedere il fantastico momento aspettato da due lunghi mesi, ed ecco che se ne va. Eravamo più felici dei tifosi del Milan nei suoi anni d’oro.

In bicicletta più veloci di Nibali andiamo in mezzo al campo da calcio che ormai a quell’ora era tutto buio, prendiamo gli incensi nascosti la mattina precedente e gli accendiamo felicemente. Li incastriamo nel terreno, nel  mezzo del campo da calcio, sugli alberi, sui pali delle porte, insomma da tutte le parti possibili. Quando, dopo 45 minuti, esauriamo gli incensi a nostra disposizione prendiamo le scatole e iniziamo a bruciarle. A quel punto, presi dalla frenesia del momento, io e Manuel corriamo a prendere la carta dai bagni pubblici. Quando il falò è diventato largo un metro e alto due mi accorgo che il vento porta il fumo verso il bar e da lontano vediamo arrivare un genitore; tutto pauroso inizio insieme agli altri a lanciarci sassi sopra e a calpestarlo. Un mio amico se la vede brutta: una scarpa gli prende quasi fuoco. Ci hanno scoperti, ma tutto sommato non va così male: ci dicono di non farlo più perché è pericoloso però, forse, l’estate e la leggerezza ci evita una brutta sgridata, che in realtà ci aspettavamo.

  Andrea   

  • Io, a 12 anni, in prigione!

Chi sono io? Non è una domanda da poco!

Trovo molto difficile descrivere i miei pensieri e i miei sentimenti, ma ci proverò…

Comincio con il dire che mi chiamo Andrea, sono un ragazzo di 12 anni e vivo a Niguarda, un quartiere di Milano, ma preferirei di gran lunga vivere in montagna, magari in un paesino quasi deserto.

Secondo me se abitassi in montagna mi potrei sfogare di più, invece qui a Milano mi sento in una specie di prigione piena di macchine e gente che va e torna dal lavoro.

Se abitassi in montagna in inverno andrei tutti i pomeriggi, dopo la scuola, a sciare. Ah, se non lo ho ancora detto, lo sci è il mio sport preferito, ma andare sulle piste è troppo normale per me: io scendo in mezzo agli alberi, nei fuoripista! Invece sono qui a Milano in questa gabbia chiamata città piena di smog e il pomeriggio invece che andare a giocare a calcio o andarmi a fare un giro in bici con gli amici devo studiare per preparare interrogazioni e verifiche.

Se abitassi in montagna passerei i pomeriggi, quando le piste da sci sono chiuse, a guardare i cervi correre liberi per le montagne o, quando c’è neve, le seggiovie, che in inverno portano gli sciatori, andare continuamente senza mai fermarsi. Invece il massimo che posso fare qui a Milano è, oltre che studiare, guardare le macchine sempre in colonna per i troppi semafori o sentire i vicini che urlano.

Ma soprattutto sogno i pomeriggi d’estate dove in montagna c’è caldo, ma c’è sempre quel venticello che ti rinfresca. Invece a Milano i pomeriggi fuori equivalgono a tornare a casa tutti sudati per l’afa e pieni di punture di zanzare che danno un fastidio incredibile.

Da quello che avrete capito io sono un tipo a cui non piace stare in città.

Mi sto organizzando per il mio futuro, devo scappare da questo incubo.
Il mio obbiettivo è riuscire a diventare guardia forestale.

Mi sono informato e per arrivarci devo fare il liceo scientifico e poi laurearmi in biologia, oppure in geologia … ci sono molte facoltà e università che potrei fare, certo mi sembrano tutte difficili.

Se ci penso, ho molta paura di non farcela, ma devo provarci altrimenti non potrò scappare da questa prigione.

Luca

  • La mia amicizia

“Bella!”… finalmente è arrivata la vigilia di Natale e vado a mangiare da un mio amico, Jack. Un po’ di profumo, tuta della Boxeur e Jordan. Mi metto il giubbotto e aspetto impaziente che Elia, mio fratello, finisca di prepararsi. In questo arco di tempo mi immergo nei miei pensieri. Tante emozioni mi arrivano ma non faccio in tempo a distinguerle che dobbiamo uscire. Nel tragitto da casa mia a casa di Jack accendo l’Ipod e ascolto la musica. Mentre ascolto la musica mi sento strano e penso all’amicizia tra me e Jack. Cos’è l’amicizia? La nostra amicizia è una di quelle profonde o superficiali? La testa si riempe di questi piccoli enigmi. Cerco di trovare una risposta ma non ci riesco e questo mi rattrista e mi frustra. Magari l’amicizia è un valore? Un potere? Un pensiero?  Mi incomincia a girare la testa e il cuore mi batte all’impazzata e continuo a pormi le domande senza riuscire mai a trovare la risposta. Mi incomincio anche ad arrabbiare, ma per fortuna mia madre si accorge che io sono turbato e cerca di starmi accanto e di capire cosa mi turba. Io però non collaboro e non dico nulla. In questo frangente mia madre voleva aiutarmi come gli amici e pure quel sentimento era amore e non amicizia. Ma quindi cos’è l’amicizia? Giungo a casa di Jack che mi apre la porta con in mano qualcosa… un regalo. Ma per chi è? Non riesco manco a riflettere che lui mi porge il regalo e, con quel gesto, mi sembrò che tutte le mie emozioni positive si fossero risvegliate da un lungo periodo di inattività. Mi sento accettato, leggero, forte, felice! Il cuore si fa più forte e la testa si libera da quell’aria grigia ricca di brutti pensieri. Mi fa accomodare e, senza nemmeno pensarci lo abbraccio, lui ricambia. Ecco, questo è un gesto ricco di amicizia, di quel sentimento che tutti hanno e a cui tutti tengono. Mi sentivo meglio in quel momento non capivo il motivo ma adesso capisco che era normale sentirsi meglio… a questo servono gli amici!  Finalmente riesco a rispondermi alla domanda che mi ponevo: l’amicizia è un sentimento unico, speciale perché gli amici servono a non farci sentire soli, deboli, non accettati ma a dare un senso a quello che definiamo vita. Finiti i miei pensieri, vado con Jack a giocare a ping pong. Il tempo di riuscire a terminare la partita, che tra l’altro ho perso, che i genitori ci chiamano per cenare. Quando ci siamo sentiti sazi andiamo nuovamente a giocare. Jack mi blocca e mi dice di avere una sorpresa per me. Mi fa sedere sul divano, accende la tv e lui si siede affianco e mi dice che sarà divertente. Sullo schermo incominciano ad apparire le foto nostre con altri amici. Mentre scorrono veloci quei ricordi mi sembra di riviverli e non sapevo che dei semplici ricordi potessero farti sognare. Sognavo. Sognavo io e i miei amici da grandi. Come potevamo rimanere amici? ognuno avrebbe preso la sua strada. Eravamo dei ragazzini di 12 anni come tutti gli altri, ma noi avevamo qualcosa di unico, speciale, indescrivibile… qualcosa che nessun’altro aveva. Noi saremmo rimasti amici grazie al nostro unico legame. Il nostro legame può essere considerato come un’auto. Tutti i pezzi dell’auto sono diversi, ma tra loro comunicano per farla avanzare. Lo schermo torna nero privo di foto, ma nella mia testa continuano a proiettarsi quei ricordi, quelle emozioni. Colori vivaci appena affrescati. Era giunta l’ora di andare alla messa di Natale. Mentre usciamo tutti i miei pensieri nella testa lasciano spazio al resto. Ma quei bei colori hanno lasciato il segno di quella sera, di quei sentimenti e staranno anche se sbiaditi sempre nel mio cuore. Mi godo la serata, ma soprattutto mi diverto con Jack che non dimenticherò mai.

    Mattia

  • La mia più grande paura da piccolo

Da piccolo la mia più grande paura era il buio, infatti dormivo con una lucina.

Quando non riuscivo proprio a dormire la notte mi alzavo e andavo da mia mamma perché con lei vicino mi sentivo al sicuro, quando ero nel mio letto avevo paura di mettere la mano fuori dal letto perché pensavo che ci fossero i serpenti pronti a mangiarmela.

Questa paura è iniziata quando avevo all’incirca quattro anni, quasi ogni notte mi svegliavo e andavo a dormire con mia mamma allora lei decise di comprarmi una lucina per essere più sicuro perché comunque riuscivo a vedere quello che succedeva nella mia camera.

Se riuscivo ad addormentarmi lo facevo quando mi si chiudevano gli occhi, circa mezz’ora dopo che mia madre mi aveva messo a dormire, ma per un certo periodo non mi alzai più.

A cinque anni ricominciai ad alzarmi ma non andavo a dormire nel lettone, andavo in salotto, sul divano, dove c’era mia mamma che guardava la televisione e rimanevo lì per un po’, poi lei mi metteva a letto. Andai avanti così fino circa ai miei sei anni e mezzo.

Arrivato ai sette anni mia madre non sempre mi accendeva la lucina, ma dopo un paio di notti al massimo glielo chiedevo io.

Lei mi diceva che ero grande, però me la accendeva lo stesso pur non essendo d’accordo.

Quando avevo quasi otto anni ne parlammo e venne fuori che quello che immaginavo di notte era solo fantasia e, probabilmente, dipendeva dalla separazione dei miei genitori, avvenuta quattro anni prima,. A quel tempo avevo anche un altro tic: sbattevo sempre le palpebre.

A otto anni smisi di usare la lucina, non ne sentivo davvero più il bisogno. Tuttavia però, ogni tanto mi svegliavo e andavo a dormire da mia madre fingendomi sonnambulo: in realtà volevo solo stare un po’ con lei.

     Lorenzo

  • La notte

Mi sveglio, mi alzo dal letto e magicamente mi ritrovo in pigiama seduto sulla sedia della mia classe, intorno a me ci sono i miei compagni, con voce tremula gli chiedo cosa sta succedendo ma loro stanno immobili a guardare la lavagna come se si fosse fermato il tempo.

All’improvviso si spengono le luci e si riaccendono e sono nel mio bagno, il rubinetto e la doccia versano acqua improvvisamente, in pochi secondi il bagno si riempie di acqua, nuoto verso i rubinetti e la doccia per chiuderli, mi immergo, ma non riesco a chiuderli, vado a galla per gli ultimi 10 cm di aria che mi rimangono: proprio quando sto per annegare si apre un buco nel muro che risucchia me e l’acqua.

Alzandomi con il peso del pigiama bagnato, mi accorgo che sono in un corridoio e dietro di me c’è un branco di leoni affamati che mi rincorrono, cercando di correre per scappare dal branco, mi accorgo che i miei piedi sprofondano nel terreno come se fosse una palude. Il mio cuore batte ‘a mille’ per la paura. Tremando e urlando cerco di scappare, e appena stanno per raggiungermi apro gli occhi: capisco che era solo un sogno e che è ora di andare a scuola, mi alzo, lavo i denti mentre rifletto sul sogno che avevo fatto, mi vesto e mi dirigo verso scuola.

La prima ora è quella di matematica, ma appena metto tutto sul banco vedo la matita che trema, anche il banco trema e capisco che c’è il terremoto, ma il tempo di urlarlo e la scuola crolla, il soffitto mi casca addosso, boom!!!!! Un colpo tremendo, un dolore acuto … sono caduto dal letto!!! un’esplosione di gioia mi entra nel corpo perché mi rendo conto di non essere stato travolto dalle macerie. Sono solo le due di notte e rimettendomi a letto, con gioia mi dico: “che incubo”!!

Alyssa

  • Ricomincio da qui

Siamo a scuola …

Tutto bene, ho tante amiche …

ma per la prima volta la sento lontana, guardandola e parlandole capisco che ho perso il suo legame. Martina mi risponde a monosillabi. Che cosa è successo? Fino a ieri era tutto a posto, il pomeriggio eravamo a casa e poi … non capisco! A scuola sto male e Martina incomincia a non guardarmi più. Chiedo alle altre ragazze ma nessuna sa niente. Ho veramente paura! Una fitta al cuore mi travolge, corro in bagno, mi sciacquo la faccia con l’acqua e torno in classe. Non c’è più …                    Martina è sparita. Per una settimana non viene più a scuola, mi sto preoccupando davvero tanto!                                                   Vado a casa sua per trovarla, i suoi genitori mi guardano con una faccia traumatizzata, tutto ad un fiato mi dicono che Martina non c’è in casa e chiudono sbattendo la porta. Cerco velocemente nel telefono il suo numero per chiamarla ma … Non c’è più neanche quello, corro a casa mi chiudo in camera e piango.

Non so più cosa fare, lei … la persona più importante della mia vita è sparita! Non ho più nessun tipo di contatto. La mattina torno a scuola con la forte speranza di trovarla. Niente, il suo banco è vuoto … come una parte del  mio cuore, del resto.                                                                                                  Bastaaaa! questa situazione sembra diventare un incubo, un film Horror. Peggiora ogni giorno.                                                             Più tardi mi arriva un messaggio col numero di suo papà, nel messaggio ci sono solo tre insignificanti puntini di sospensione. Penso a cosa potrei fare … Il pomeriggio dopo, sabato, torno a casa sua. Sua mamma senza dire una parola, abbassandosi leggermente in avanti e porgendo la mano vero l’interno, mi fa un gesto per dirmi di entrare.                                                                 All’improvviso tutto nero …  la porta alle mie spalle sbatte duramente, sento in sottofondo la voce di mia mamma che con voce sottile e accarezzandomi  mi dice che sono le 7.00 e mi devo alzarmi.                                                                                                     Non capisco niente! Apro gli occhi di colpo, sono a casa mia, sotto le coperte al caldo. Per fortuna era solo un brutto, bruttissimo incubo. Mi  vesto e mi lavo velocemente. Alle 7.55, in ritardo, entro. Lei è la … seduta al suo banco che ride, bellissima. Lascio la cartella dove capita e corro ad abbracciarla fortissimo, per un secondo il mondo si ferma sul nostro abbraccio infinito ed io sono la ragazza più felice del mondo! Lei non capisce, ma la storia gliela racconterò più tardi.

Navisha

  • Semplicemente io!

Oggi viene Giulia, sono agitata, aspetto il suono del citofono. Nel frattempo mi arriva il messaggio: lo leggo e il mondo mi crolla addosso perché il mio compagno mi considera brutta.

Giulia capisce che ho qualcosa e cerca di aiutarmi, allora le chiedo se è capace di truccare…e lei risponde di “SI”: le chiedo di aiutarmi. Dopo il suo intervento mi vedo poco più bella rispetto a prima. Da quel momento inizio a truccarmi;

Dopo un anno, in seconda media, smetto di truccarmi perchè mia madre non vuole, tutte le mie compagne di classe mi dicono che senza il trucco sto bene lo stesso …ma io non ci credo perchè i maschi mi prendono ancora in giro. Un giorno non mangio per tutta la giornata e penso a quel che mi dicono i maschi: sto malissimo, non ho più fame, sto dimagrendo tantissimo.

Un lunedì e tutti mi guardano male mi dicono “cos’hai Navy, sei dimagrita tantissimo ecc…” pure i maschi per la prima volta me lo fanno notare e dimostrano di preoccuparsi. Io però non dico niente a nessuno ma da quel giorno anche i ragazzi smettono di prendermi in giro, allora capisco che non è la bellezza il problema ma la corporatura!

Da quel momento sto attenta al mio corpo così evito le prese in giro e non devo “soffrire”. Certo che da quel momento, alla sera soprattutto, mi butto sopra il letto e penso a quanto i maschi

Possono essere scemi perchè per loro conta soltanto che le ragazze siano magre, belle, attraenti ecc… e non conta niente il carattere. Forse non è il caso che gli dia poi tanta retta …

Basmala

  • Vorrei essere me stessa

Mamma ho preso 5
Ovvio! Se non studi e stai attaccata a quel maledetto cellulare!

Mamma ho preso 9
Se studiavi di più magari arrivavi al 10!
Mamma ho preso 9 mezzo
E l’altro mezzo dov’è scappato?!
Mamma ho preso 10!
È il tuo dovere.
Ho sempre avuto paura del futuro, di chi sarò, come sarò, e della strada che dovrò decidere di fare. ..
Era il 18 febbraio del 2010, avevo preso il mio primo insufficiente. Ritornai a casa con mio padre. Tremavo.
Gli strinsi forte la mano. Già immaginavo mia madre con il fumo che le usciva dal naso. Eravamo davanti alla porta, mio padre bussò, così vidi aprire la porta di casa dalla persona più importante al mondo per qualsiasi figlia. Mamma era felice, non so perché ma aveva quel fantastico sorriso stampato sul suo viso. Io avevo paura, non riuscivo a pronunciare una parola. Mia madre mi abbracciò e mi diede un bacio sulla fronte.  Mi tranquillizzai e le dissi dell’ insufficiente. Mia madre mi accarezzò  con dolcezza con le sue calde mani e mi disse di stare tranquilla nessuno è perfetto. 《Non è vita se non incontri difficoltà ma tu dovrai anche superarle》disse, poi si fermò per qualche secondo e mi domandò 《cosa vuoi fare da grande? 》io le risposi con un sorriso che mi riempiva il viso《 voglio fare la dottoressa e aiutare tutte le persone del mondo! 》. Ed lì iniziò tutto. Mia madre mi abbracciò, mi strinse fortissimo, sentivo il mio cuore riempirsi dell’amore di mia madre. Le scese una lacrima poi mi domandò《 ti va di realizzare il sogno che io non

sono riuscita ad avverare?》le urlai di sì, felicissima di diventare quello che avrebbe voluto essere lei, e la abbracciai.
Ora invece sono grande, in seconda media. Non va tutto come previsto. Sono preoccupata, ho paura di non dare tutto o di non riuscire a realizzare il mio sogno, anzi il nostro sogno… Ora ho tanti dubbi, ho paura di non farcela, di non riuscire nell’impresa e soprattutto ho paura che il mio vero sogno non sia quello di mia mamma … Lei pensa che io sia perfetta ma non è vero, dice che devo prendere sempre 10, ma non posso. Non è la mia vita quella dei 10, è la vita dei miei genitori! io non posso fare niente di sbagliato: devo essere semplicemente perfetta ma è impossibile, nessuno è perfetto, in questo mondo tutti sbagliano, anche i grandi sbagliano. Oggi mi dice “devi essere perfetta”, ieri “nessuno è perfetto” … allora che senso ha la mia vita se decidono tutto loro?! Vorrei essere libera nella mia vita, non voglio che mi comandi o che mi giudichi nessuno. Vorrei essere me stessa per un giorno, libera per un giorno, senza aver paura di niente o di nessuno. Vorrei essere libera di esprimere i miei sentimenti, quelli che i grandi non capiscono, voglio vivere una vita come qualsiasi adolescente. Voglio rompere questa catena crudele che mi avvolge ogni giorno della mia vita.

L'autore

El Ghibli

El Ghibli è un vento che soffia dal deserto, caldo e secco. E' il vento dei nomadi, del viaggio e della migranza, il vento che accompagna e asciuga la parola errante. La parola impalpabile e vorticante, che è ovunque e da nessuna parte, parola di tutti e di nessuno, parola contaminata e condivisa.