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Il caffè nel mondo: riti di scoperta in cucina con la nonna

Eleonora Falchi scrive. Per passione, soprattutto.

Passione che riversa nel breve racconto che condivide a seguito della mia domanda “la voce del vostro caffè, qual è?” nel piccolo contest che ho lanciato dall’Irlanda in un articolo dell’estate 2019.

La voce del caffè di Eleonora è umana, è tenera. Ha i toni morbidi e teneri di una nonna che coinvolge la nipotina in un piccolo rito di scoperta del caffè. La voce del caffè di Eleonora è una stanza di casa, la cucina

Il caffè per me ha la voce di mia nonna Maria”, apre il racconto Eleonora. “Il mio primo ricordo di caffè è proprio nella sua cucina. Una stanza in cui si entrava diretti dalla porta di casa di servizio, collegata con la veranda, con un grande tavolo rettangolare in mezzo, sede di creazioni culinarie e pranzi con i nonni. Non avrò avuto nemmeno sei anni, era mattina, c’erano mia mamma e mia nonna e la macchinetta del caffè borbottava sul fornello a gas.”

Immagine che riporta di sicuro, noi adulti, ai nostri tempi bambini. Quando l’amore se ne stava al riparo in una stanza condivisa, vissuta a lungo, nido caldo pronto a cuocere e sfornare, nutrire e accudire.

Lo volevo anche io”, prosegue Eleonora.

Quel caffè che bevevano i grandi, quell’atto d’amore aromatico lo desiderava anche lei bambina: “non rammento come espressi il mio desiderio, ma di certo fu compreso. Mia mamma, un po’ preoccupata dalla richiesta, provò a dire alla nonna che visto l’età forse sarebbe stato più indicato l’orzo, ma la nonna fu perentoria: ‘macché, macché, meglio poco, ma buono anche per la bambina, in casa mia l’orzo non entra’.”

Ed Eleonora inizia a descrivere quel che appare proprio come un piccolo rito propiziatorio al caffè: “così iniziò la preparazione per farmi assaggiare il caffè. Il liquido nero bollente fu messo in un simil biberon di plastica, tipo quelli per fare la tintura ai capelli, mescolato con una mini panna liquida confezionata in un tetra brik a triangolo monodose, che lo avrebbe raffreddato e stemperato. All’epoca vendevano la panna liquida confezionata così e la nonna ne teneva sempre una scorta in frigo. Bevvi il mio primo caffè macchiato freddo soddisfatta, mi sentivo grande anche io.”

Il caffè che ci apre mondi. Per cominciare, quello dei grandi, che visto con occhi bambini ha così tanto fascino. Il fascino del tutto concesso. Della libertà – a partire da quella di bersi un caffè.

Eleonora quel mondo ha potuto saggiarlo già a 6 anni. Una fetta di felicità condivisa con mamma e nonna, quel liquido caldo macchiato di panna.

Da allora ne sono passati di caffè”, continua la scrittrice fiorentina, “ quelli per svegliarsi in caso di levatacce, quelli dopo pranzo per lavorare senza che cali la palpebra, quelli della pausa con le colleghe, quelli per far due chiacchiere con le amiche, quelli dopo pranzo in famiglia d’estate, magari affogati nel gelato.”

Caffè sempre presente, nella vita di Eleonora. Caffè che accompagna i momenti della sua giornata, gli incontri con le persone care.

Ma, si raccomanda Eleonora in chiusura di racconto, un caffè come si deve “mai d’orzo, perché – come diceva la nonna – “meglio poco, ma buono!”.

Grazie a Eleonora Falchi, e al suo ricordo.

L'autore

Verusca Costenaro

Verusca Costenaro, veneta di origine, laurea in Lingue e Letterature Straniere (Università Ca’ Foscari Venezia) dottorato in Linguistica Inglese e Master in Studi Interculturali, (Università degli Studi di Padova), vive e lavora a Firenze. Ha pubblicato La misura che non si colma (LunaNera, 2013), la plaquette Senza il sogno e con la pazienza (Le Murate, 2017) e Sofia ha gli occhi (Interno Poesia, 2018). Sue poesie hanno ottenuto menzione speciale al Festival DialogArti, al Premio Letterario San Domenichino, al Premio Internazionale di Poesia Leopold Sedar Senghor e al Premio di Poesia e Prosa Lorenzo Montano. Come traduttrice ha curato la raccolta Canto Mediterraneo di Nathalie Handal (Ronzani, 2018). Instancabile promotrice culturale, organizza eventi di poesia in una residenza per anziani alla periferia di Firenze, e scrive sul suo blog-rivista www.biocaffeina.it

1 commento

  • Leggere queste righe mi hanno fatto fare un tuffo nel passato. Che bei ricordi! Ho assaporato tutto quel caffè macchiato con panna! Ne ho sentito anchecl’odore e mi ha portato indietro alla mia infanzia e a quegli anni che sapevano di buono come il caffè della nonna.

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