Abbiamo tutti le nostre piccole abitudini. Per quanto riguarda il caffè, in primis. Conosco persone che senza una tazzina di caffè in corpo la mattina non riescono a proferire parola. Altre che si bevono un cappuccino ogni sera al bar prima di infilarsi a letto (alla faccia di chi dice mai il cappuccino dopo le 11 di mattina!). I miei genitori partono con una tazza di caffellatte la mattina presto, giorno dopo giorno da sempre, per poi concedersi un espresso in un bar fuori casa qualche ora più tardi. C’è chi ti offre il caffè appena entri in casa sua, a qualsiasi ora del giorno, come un automatismo. E pare che il caffè fosse una vera e propria mania per lo scrittore francese Honoré de Balzac, che ne beveva a dismisura durante le sue giornate.
Il caffè è pure una costante (felice) delle mie, di giornate, anche oggi che mi trovo a scrivere al tavolino di una libreria bistrot, con una scritta che mi balza agli occhi dall’alto della parete, e dice (non a caso):
Sono nel posto giusto. Spinta dalla curiosità di allargare la mia conoscenza sul caffè nel mondo, alcuni mesi fa mi è venuta l’idea di raccogliere voci esterne alla mia, sul caffè, in risposta alla domanda: “quale voce parla, il tuo caffè?”. Le risposte sono arrivate varie e appassionate.
Una voce, quella di Elena Papadaki, arriva dalla Grecia. La Grecia l’ho conosciuta proprio attraverso e grazie ad Elena, con cui ho condiviso, negli anni, lunghe giornate (e caffè!) sia a Salonicco che ad Atene. Quando chiudo gli occhi e penso alla Grecia, mi appare l’estate. E assieme all’estate, un caffè shakerato, morbido e rinfrescante, dentro un bicchiere gigante.
Ma la Grecia non è solo questo. La Grecia è tanto altro, come ci ricorda Elena con toni scherzosi: “LA voce del mio caffè? La: articolo singolare? Impossibile! Il caffè in Grecia ha molte voci”. Ed Elena passa a spiegarci in dettaglio cosa intende dire, premettendo innanzitutto che il caffè greco “non ha a che fare con il caffè italiano”.
Una prima differenza consiste nel “come” lo si beve: in piedi di fronte al bancone, prima di correre svelti al lavoro? Macché, scordatevelo!! I tempi greci, per il caffè, sono decisamente più rilassati, chiarisce Elena: “il caffè alla greca si beve seduti (mai mai mai in piedi). Dura come minimo un’ora e mezza”. E, per chi fosse curioso di sapere fino a quante ore può arrivare, precisa Elena, la risposta è fino a 3-4 ore!
Quanto al sapore, ancora una volta, secondo Elena, “nessun confronto con l’italiano”. Dentro al caffè greco si nascondono davvero mille voci, che poi sarebbero i tanti ingredienti di cui può essere composto, come “acqua, latte di mandorla, di soya, zucchero (di canna, stevia, aspartame), cioccolato, vaniglia in varie quantità e forme”.
Sono questi elementi variegati che fanno la differenza nel caffè greco, e, prosegue Elena, “trasformano il vero caffè italiano (quello che ho conosciuto da studentessa in Italia) in un liquido unico (unico dal punto di vista di consistenza non di sapore)”. Ed è proprio per questo che, commenta Elena con una battuta, “bere un caffè alla greca è sinonimo di vivere pericolosamente!”
E dal “pericolo” del miscuglio di sapori, si passa al “vantaggio social” del caffè greco: se il caffè in Grecia si beve in mille modi, per una durata di almeno un’ora e mezza, non può non essere sinonimo di condivisione. E infatti per Elena alla fine il caffè diventa una (bellissima) scusa per “incontrare le mie amiche e i miei amici, il mio ragazzo, i miei studenti e colleghi. Il caffè alla greca è socializzazione, è amicizie, è parlare, discutere, chiacchierare, ridere, sono molte voci insieme, in altre parole” conclude Elena con una allegra metafora, “è una seduta di psicanalisi di gruppo.”
E allora ben vengano, penso, queste sedute di psicanalisi di gruppo alla caffeina (greca!), dove trovare tempo per condividere e ascoltare, nutrire il corpo e le relazioni.
Verusca Costenaro