La Rivista
Go to Ahmedabad | Va’ ad Ahmedabad |
Go walk the streets of Baroda go to Ahmedabad, go breathe the dust until you choke and get sick with a fever no doctor’s heard of. Don’t ask me for I will tell you nothing about hunger and suffering. (…) And suffering is When I walk around Ahmedabad for this is the place I always loved this is the place I always hated for this is the place I can never be at home in this is the place I will always be at home in. Suffering is When I’m in Ahmedabad after ten years and I learn for the first time I will never choose to live here. Suffering is living in America and not being able to write a damn thing about it. (…) | Va’ lungo le strade di Baroda, va’ ad Ahmedabad, va’ a respirare la polvere finché non soffochi e stai male di una febbre che nessun dottore ha mai sentito. Non me lo chiedere perché non ti dirò niente sulla fame e sul dolore. (…) E il dolore è quando cammino per Ahmedabad perché questo è il luogo che ho sempre amato questo è il luogo che ho sempre odiato perché questo è il luogo dove non mi sento mai a casa questo è il luogo dove mi sento sempre a casa. Il dolore è quando torno ad Ahmedabad dopo dieci anni e capisco per la prima volta che non sceglierei mai di viverci. Il dolore è vivere in America e non essere capaci di scrivere neanche una cosa sull’America. (…) |
Sujata Bhatt, da Brunizem, Carcanet 1988
Traduzione di Andrea Sirotti
El Ghibli è un vento che soffia dal deserto, caldo e secco. È il vento dei nomadi, del viaggio e della migranza, il vento che accompagna e asciuga la parola errante. La parola impalpabile e vorticante, che è ovunque e da nessuna parte, parola di tutti e di nessuno, parola contaminata e condivisa.
È la parola della scrittura che attraversa quella di altre scritture, vi si deposita e la riveste della polvere del proprio viaggio all’insegna dell’uomo e del suo incessante cammino nell’esistenza.
Cosa contraddistingue la migranza, la scrittura in transito, al di là della lingua in cui si esprime? L’identità multipla di cui è composta, la stratificazione di destini e progetti futuri che ne guida la voce. Una formula ogni volta differente che fa sì che in ogni momento sia altra, straniera a se stessa, in un continuo rinnovamento della propria volatile essenza.
El Ghibli, la rivista del vento, è la prima in cui la redazione è composta da scrittori della migrazione transnazionale. Si tratta dell’unione collaborativa di individualità ben distinte, ognuna espressione di una composizione alchemica assolutamente unica ed irripetibile, risultato di una personale e composita avventura biologica e culturale, che nella differenza accomuna storie e destini.
E per dare vita ad un progetto letterario che riconsideri consapevolmente la parola scritta dell’uomo che viaggia, che parte, che perde per sempre e che per sempre ritrova.
Un progetto letterario che parli del viaggio in movimento e di quello immobile.
Da cui le due sezioni letterarie principali della rivista: – “Narrativa transnazionale” e “Poesia Transnazionale”per i testi narrativi e poetici di vario approdo linguistico. E poi “Interventi”, che raccoglie i contributi critici, selezionati e valutati dagli accademici che sono parte del comitato di redazione; “Recensioni”, una panoramica sempre aggiornata delle ultime pubblicazioni. E lo spazio dedicato alle testimonianze, aperto alle diverse scritture che abbiano l’esigenza di raccontare, senza filtri letterari, l’esodo epocale in cui è coinvolta la nostra comune umanità.
Perché tutto questo possa essere finalmente ovvio: l’importanza sovranazionale della nostra necessità di comunicazione orale e scritta; l’ordinaria transumanza del nostro destino di artefici di parole; la sacralità delle parole sempre più contaminate e bastarde che ci sopravviveranno, di quelle “reliquie – come le definisce lo scrittore ungherese Deszo Kosztolànyi – santificate dalla sofferenza e sfigurate dalla passione”.