Ngassa Zoléko Pierre
Université de Douala/Camerun
Riassunto :
La mia ricerca pone la questione sulle aspirazioni e sulle difficoltà incontrate da chi vive in Italia con la pelle nera. Il romanzo con la lente dell’arte, mette un accento sulla vita quotidiana degli africani neri o nati da un genitore italiano. E il romanzo di Pap Khouma è il risulato di un’esperienza vissuta ma presentata in perspettiva narrativa attraverso i personaggi come testimoni di questa difficile realtà che coivolge africani neri che vivono in Italia. Per la nostra ricerca abbiamo fatto riferimento alle teorie postcoloniali di Achille Mbembe e Edouard Glissant. E per una prospettiva di creolizzazione della società italiana abbiamo fatto ricorso alle teorie di Edmond Cross. E per quanto riguarda il razzismo come fattore culturale abbiamo citato Emmanuel Kant che, nel suo saggio sulle razze, definisce l’uomo nero un essere inferiore. Questa considerazione ha avuto un forte impatto sulla costruzione indentiraria in Europa e in Italia, paese che Pap Khouma presenta nel suo romanzo anche per dimostrare quanto l’impatto dell’ideologia di razza superiore ha avuto sulla percezione dell’italianità.
Nell’opera dello scrittore senegalese l’italiano nero e meticcio è presentato con un’identità complessa. I suoi personaggi si muovono nella narrazione con le loro pluri-identità. La presenza fra i personaggi dell’opera della donna italiana, sposata con un nero, dimostra che l’ideologia razzista ha anche spesso un ruolo marginale visto che non può impedire del tutto la mescolanza culturale. E cosi questa identità ibrida non è più vista come una non identità, ma piuttosto nella prospettiva postcoloniale come una rappresentazione di una storia difficile dell’umanità, che ha permesso agli uomini, ieri emarginati, di incontrarsi e fare i conti con la storia. L’incontro tra i popoli è spesso fatto di violenza. Ma questo incontro determina una vera identità plurale che partecipa alla convivenza di popoli differenti.
Parole chiavi : Razzismo, identità, metticciato delle identità, ibridismo, italiani neri, integrazione.
Abstract:
My research questions the aspirations and difficulties of the black people living in Italy. The novel with the lens of art emphasizes on the daily life of black Africans or those born of an Italian parent. Pap Khouma’s novel is the result of a lived experience but presented in a narrative perspective through the characters, as witnesses of this difficult reality that involves black Africans living in Italy. For a theoretical point of view, we referred to the postcolonial theories of Achille Mbembe and Edouard Glissant; and for a perspective of creolization of Italian society, we have resorted to the theories of Edmond Cross. Moreover, to present racism as a culturally contributing factor in the construction of identity, we presented Emmanuel Kan citing his essay on races in which he presents the black man as an inferior being and this has had a strong impact on the construction of income in Europe. The writer also presents Italy in his novel to demonstrate the impact that the ideology of a superior race has had on the perception of Italianity. Pap Khouma’s work presents black and mestizo as a complex identity through: it’s characters, the textuality with varied language register and characters, moving alone with multiple identities. In addition, the presence of the Italian woman among the characters in the novel, married to a black man, shows that racist ideology also often plays a marginal role since it cannot completely prevent cultural mixing. Therefore, the hybrid identity is no longer seen as a non-identity, but rather in the,postcolonial perspective, as a representation of a difficult history of humanity, which allowed yesterday’s marginalized men to meet and come to terms with history. We present an encounter often made up of violence between peoples as we have examined in the novel. However, this encounter constitutes a true plural identity that participates in the coexistence of people from different origins.
Keywords: Racism, identity, mixed identity, hybridism, black Italians, integration
Introduzione
Secondo il saggio sulle razze del filosofo tedesco (Emmanuel Kant, 1775) certi gruppi umani sono inferiori ad altri. In tal modo voleva dare una giustificazione scientifica all’esistenza delle razze umane e consolidare la credenza del razzismo.
Con il tempo il razzismo ha continuato a persistere basandosi sulla paura dell’altro, nonostante il pensiero dell’età moderna incoraggi l’apertura verso l’altro. La xenofobia è solo un sentimento di paura verso il diverso soprattutto perché non si ha il pieno controllo dell’altro, che è vissuto come un pericolo per la propria vita. La xenofobia diventa la manifestazione del razzismo. L’individuo razzista si crede di razza superiore e non vuole mettere a rischio la sua esistenza con una contaminazione che può essere linguistica, culturale e sociale. Achille Mbembe (2000), politologo camerunense, presenta il razzismo come una costruzione mentale basata sull’inferiorità dell’essere nero dimostrando che il razzismo è solo una presunzione di superiorità consideri “l’altra razza” persino come un rifiuto e un errore della natura perciò un essere pericoloso per la riproduzione identitaria dell’essere superiore.
Edouard Glissant, da parte sua dimostra come ciò che chiamiamo oggi “appartenenza” non è altro che un caso della storia, perché sono state le guerre, la schiavitù e le migrazioni che hanno portato gli individui a occupare spazi e fare delle leggi per poi credersi autoctoni. E perciò secondo Glissant l’autoctonia è una presunzione perché in realtà nessuno è davvero autoctono in questo mondo. Tutti proveniamo da qualche parte e per un caso, perché « non si sceglie dove nascere », per riprendere Pirandello nel suo romanzo uno,nessuno e cento mila (2010), siamo tutti frutti del caso. Il razzismo, con la sua ideologia, ci inchioda in una sorta di prigionia mentale.
Per questo lo scrittore italo-senegalese Pap Khouma nella sua opera Noi italiani neri, attraverso i suoi personaggi, si interroga su quali siano le aspirazioni e disagi degli africani neri in Italia oggi, dei figli di coppie miste, di bambini adottati o figli nati da genitori africani residenti da molti anni in Italia. Per capire questo fenomeno lo scrittore fa un’indagine di tipo giornalistico usando anche la fiction e la narrazione come forza di denuncia. Studia il presente e il passato. La sua narrazione attraversa i luoghi come i campi di calcio con gli steriotipi degli ultrà. Lo scrittore mette in evidenza la complicità con la politica e racconta il passato coloniale con il sacrificio dei soldati africani neri che hanno combattuto per l’Europa per liberarla dall’invasione nazista e che sono stati prima utilizzati dagli alleati e dopo dimenticati. Lo scrittore attraverso i personaggi fa parlare i figli dei migranti africani che si vedono negare il diritto a possedere la cittadinanza italiana. Sottolinea il caso del calciatore Mario Balotelli che è sempre in conflitto con i tifosi che non vedono di buon occhio un nero giocare nella squadra nazionale, anche se è integrato nella società italiana, paese dove è nato e cresciuto. Il libro di Pap Khouma non si ferma solo a denunciare, ma dà anche una speranza per il futuro degli africani in Italia. Da una parte l’Italia affronta i cambiamenti culturali, al contempo è stupita di vedere al proprio interno una marea di nuovi italiani neri. Questi credono in un futuro migliore. Parafrasando lo scrittore martinicano Edouard Glissant bisogna allora decostruire la superiorità dei vecchi colonizzatori conciliando la cultura italiana con la cultura africana e far nascere così un nuova identità italiana creolizzata che integri tutti. Una nuova identità che fa nascere una nuova lingua italiana arricchita con nuove parole. Nell’italiano attuale, d’altra parte, si ritrovano facilmente parole di origine greca, balcanica, araba, persiana, spagnola…
1 Razzismo nell’Africa orientale italiana
Il celeberrimo storiografo italiano Angelo Del Boca nella sua opera « italiani brava gente ? » decostruisce il mito della cosiddetta missione civilizzatrice degli indigeni africani, detti primitivi.
E Achille Mbembe, da parte sua, nella sua teoria critica sulla colonizzazione dimostra che il razzismo come costruzione mentale non era solo un elemento presunzione coloniale, ma era soprattutto un elemento su cui gli europei, e in questo caso anche i colonizzatori italiani, si sono basati per sterminare gli indigeni, nell’impunità totale. Basti pensare al Manifesto della razza pubblicato dal partito fascista nel 1938 in cui il razzismo diventava legale e quelle leggi dovevano essere rispettate anche nelle colonie. Si vietavano, perciò, matrimoni misti e legami fra italiani e neri chiamati indigeni.
La guerra d’Etiopia (1935-1936) è stata fra le più sanguinose del periodo coloniale. Benito Mussolini per vendetta della disfatta di Adua del 1896 aggredisce l’Etiopia causando gravi danni al suo popolo e instaurando leggi razziali come il madamismo, il divieto di coppie miste e punizioni severe a chi avesse violato queste leggi.
L’opera di Pap Khouma inizia con questa citazione : « L’espressione sporco negro pronunciata da un uomo bianco di venticinque anni, mentre ai suoi complici, massacrano di botte due donne nere, provocando loro serie lesioni, non denota, di per sé, l’intento discriminatorio e razzista di chi la pronuncia perché potrebbe anche essere una meno grave manifestazione di generica antipatia, insofferenza o rifiuto, per chi appartiene a una razza diversa ». Lo scrittore riporta cosi una sentenza pronunciata da un giudice italiano della Corte di Cassazione nel dicembre 2005. Qui il razzismo sembra consolidare la razza come una sorta di auto-assoluzione o autodifesa.
2. Razzismo come autodifesa dell’identità italiana
Pap Khouma dimostra attraverso i suoi personaggi, come sia difficile per un africano o un italiano nero in Italia resistere agli episodi di razzismo che dalle ingiurie arrivano alle aggressioni fisiche e persino all’omicidio. Lo scrittore denuncia nel suo romanzo l’ingiustizia subita dagli africani perché di pelle nera. Narra le peripezie di uno dei principali protagonisti, Paolo Diop Ravenna, di padre bianco e madre nera e quindi di un personaggio ibrido: dai campi di calcio, al quotidiano dei nuovi italiani neri, agli eroi dimenticati fino al suo grande amore per la sua prima patria il Senegal.
Per Achille Mbembe il razzismo viene usato come un’arma contro l’altro considerato come aggressore, perché la paura è prima di tutto una costruzione mentale e ha per obiettivo la difesa della razza considerata superiore e inalterabile. E dunque l’arrivo dell’altro è considerato un rischio altissimo alla coesione sociale.
Nell’ambito di questa nostra ricerca consideriamo che nascere in Italia potrebbe significare un cattivo destino, per riprendere Pirandello, e quindi essere nero in Italia per lo scrittore Pap Khouma è come un’avventura incerta e una missione casuale. E percio è molto difficile per i nuovi italiani neri essere ben accetti in quanto italiani.
Edouard Glissant, nella sua teoria sull’appartenenza, presenta tutti noi come stranieri da qualche parte. Nell’ambito nella sua critica storica il teorico sostiene che le comunità siano“un caso” della storia perché i popoli più forti hanno preso dominio sui popoli più deboli, dalla schiavitù praticata alla colonizzazione. E quindi pensare ad un’identità superiore è una presunzione perché questi episodi della storia hanno permesso le mescolanze razziali e hanno costretto i popoli a condividere spazi comuni nonostante le intolleranze. Edouard Glissant prosegue dimostrando come sia impossibile vivere in un mondo con identità fissa.
Il nero come colore ha una connotazione negativa secondo quanto abbiamo detto in precedenza e cosi Pap Khouma cerca di ricostruire la memoria storica attraverso il suo romanzo mettendo i suoi personaggi di fronte a dure prove di razzismo, con l’obiettivo di coinvolgere la coscienza degli italiani e di fargli capire che con la mondializzazione diventa molto difficile difendere la razza, o meglio nel mondo contemporaneo è quasi impossibile pensare ancora la razza come identità immutabile nonostante. E lo scrittore Pap Khouma secondo la teoria di Edmond Cros, usa i suoi personaggi come arma politica e sociale per combattere il razzismo nella società italiana e dare un po’ di sollievo ai nuovi italiani neri. Il testo letterario opera una dura critica della struttura organizzativa sociale italiana nella quale interagiscono i suoi personaggi. Prendiamo il caso di queste due donne nere picchiate in pubblico e questa sentenza maldestra del giudice che vede l’episodio come un semplice atto di antipatia. L’autore con questa scena testuale fa una critica alla giurisprudenza italiana in quanto il magistrato garante della giustizia, con il dovere di proteggere i più deboli, in nome del popolo italiano, si trova a giustificare atti di violenza contro le donne e per di più di colore nero. Lo scrittore dimostra così che il razzismo non è solo l’idea di superiorità ma è una costruzione identitaria.
Come una radice che penetra nella terra, il razzismo non risparmia nemmeno gli uomini di legge e impedisce loro di fare il loro dovere come diceva lo scrittore italiano Cesare Beccaria nel suo trattato Dei delitti e delle pene. Il razzismo costituisce un ostacolo all’integrazione come fattore di sviluppo.
3. Razzismo come ostacolo all’integrazione e allo sviluppo
Il razzismo perciò un ostacolo all’integrazione perché come spiega Pap Khouma sfoccia nella paura dell’altro e cosi impedisce l’incontro con altre culture, evita le mescolanze. Lo vediamo in questo passaggio del testo di Noi italiani neri:
“ cosa ci fate qui voi due? Parli italiano? Capisci?”
“non ti sembra ovvio perché siamo qui?”
“non dovete tifare il Milan!” aveva gridato l’uomo bianco alle mie orrecchie. Il nome di Geoge Weah era stampato sulla maglia che indossava. Si era fermato davanti a noi e bloccava il passeggino. (P. 42).
Ariel Dorfman nel saggio di Albertazzi Sivlia in Lo sguardo dell’altro, dice: le identità non sono immutabili e dunque l’incontro con l’altro concede maggiore vitalità alla nuova cultura ed evita la stagnazione culturale dell’eurocentrismo e dunque l’incontro con l’altro dà maggiore vitalità alla cultura italiana.
Citiamo un altro passaggio del testo Noi italiani neri che illustra un’aggressione verbale subìto dal personaggio perché ha un bambino meticcio.
“non sono di colore, sono italiano”.
“tu sei arrogante. Di chi è questo bambino?” aveva preteso il milanista.
“questo bambino bianco è mio figlio.”
“sei un bugiardo! Tu non puoi avere un figlio normale, come lui. Sei di colore. Dimmi la verità!”
“L’ho rubato questo piccolo bianco”.
“Ma guarda, lo dico alla gente mentre chiamo i carabinieri per arrestarti, cosi non scappi. È un bambino bianco e sei di colore”. (P43)
In questa scena c’è una persona di fronte a chi è diverso e questo è una presunzione di cui parla Achille Mbembe ( ) riguardo alla superiorità razziale.
Il meticcio è visto male dai difensori della presunta purezza razziale perché considerato frutto di un incontro di due esseri che avrebbero violato le regole del mondo immaginando un futuro diverso. Il comportamento del protagonista del romanzo mostra come gli aggressori digeriscono male la presenza del nero che deve festeggiare lo scudetto in quanto italiano.
E per loro ogni razza corrisponde ad una specie di sangue, cosi l’incontro tra due identità diverse produce un essere selvatico. E dunque le mescolanze di razze devono essere ben controllate e limitate nel tempo. Perché certe mescolanze possono migliorare le identità mentre altre fanno un effetto opposto.
Anche sul piano spirituale l’incontro con l’altro non è sempre ben accetto perché la convivenza tra due religioni diverse non è sempre facile, poiché i dogmi sono spesso contrastanti. Corsaire Malouin afferma:
“Dans le cas de l’Islam (et, plus silencieusement du judaisme parfois), le métissage est difficile: très fréquemment beaucoup souvent qu’on ne le croit), la partie non-musulmane (pour prendre cet exemple) est poussée à la conversion, soit par sa moitié, soit, le plus souvent, par la pression de la famille musulmane. La personne concernée finit toujours par se convertir, quitte à abandonner une partie de son identité et de ce qu’elle est, ce qui est particulièrement injuste”.
Edmond Cross (2016) dice, nella critica sociale della letteratura, che il meticcio o l’essere ibrido si trova in una sorta di tormento identitario. Spesso ha anche un complesso di superiorità perché si crede di essere il risultato di due patrimoni genetici e di possedere due culture. Spesso si vergogna di una parte delle sue origini. Per questo in Italia qualche meticcio afro-italiano, per riprendere Igiaba Scego in “la mia casa è dovesono”, si crede più italiano che africano . Spesso considera altri neri inferiori.
Fin qui l’essere ibrido presenta un’identità complessa per non dire una non identità (Edouard Glissant ….).Invece per una maggior vitalità alla cultura italiana, l’esistenza del meticcio o dell’italiano nero dovrebbe anche essere augurata/auspicata.
- L’afro-italiano come vitalità alla cultura italiana
Nel romanzo di Pap Khouma l’italiano nero deve rappresentare una conciliazione con il passato coloniale. Il nero deve essere visto come una cultura transnazionale che porta del sangue nuovo alla struttura della società italiana. L’identità non è riducibile ad un’essenza o un dato immutabile. Bisogna pensare l’identità in termine di pluralismo, di complessità. Una sorta di negoziazione o mediazione e soprattutto una strategia. L’unico mezzo per giungere a questa convivenza è il meticciato culturale.
E il nostro studio basato su una prospettiva post-coloniale presenta il nero come una modalità di conciliazione tra due culture opposte. Noi italiani neri si presenta come una narrazione ideologizzata in quanto ridefinisce le nuove frontiere e cerca di ricomporre le identità. Come teorizza Edouard Glissant: la presenza nella società italiana dell’essere nero permette anche di stabilire gli equilibri, correggere gli errori della storia e lottare contro l’odio seminato da uomini come il Duce Benito Mussolini attraverso il suo Manifesto del partito fascista . Non si tratta di fondere, l’essenza africana con quella italiana ma di consolidare ambedue per poi trovare un equilibrio identitario più tollerante. Ciò che Edouard Glissant e Armando Gnisci chiamano la creolizzazione nella società europea. E l’opera di Pap Khouma è un emblema della creolizzazione in quanto con la finzione letteraria presenta il personaggio di Paolo Ravenna come meticcio e il personaggio di Diop in coppia mista con una ragazza italiana. Insieme hanno anche avuto un bambino. Questa scena dimostra anche l’inarrestabilità dell’amore e l’importanza del multiculturalismo. Perché gli uomini spesso stanchi della stagnazione culturale, hanno bisogno di sangue nuovo e di nuove visioni della vita. Edouard Glissant teorizza che il mondo è chiamato ad evolvere e il metticciato diventerà inevitabile. E soprattutto il meticciato porterà alla creolizzazione dell’Europa e cosi farà sparire ogni diversità e dunque ogni idea di appartenenza e di superiorità culturale.
Teorie basate su politiche razziste hanno portato a guerre di sterminio e perciò attraverso i personaggi del libro, come il meticcio Paolo Diop lo scrittore sottolinea l’importanza dell’uomo nero che partecipa alla guerra come soldato per difendere gli europei contro l’aggressione nazista. Questo spirito di sacrificio è una testimonianza di come siamo tutti uniti di fronte al pericolo. Nonostante l’essere nero non fosse considerato con la stessa importanza, il soldato nero venuto d’Africa ha trovato il corraggio, l’istinto umano e il dovere morale di arruolarsi nell’esercito degli alleati, mettendo a rischio la propria vita per partecipare alla salvezza dell’Europa. La stessa Europa gli ha negato, poi, la cittadinanza dopo la vittoria sul nazismo. Lo scrittore, così, mette l’Italia di fronte alle sue responsabilità coloniali e cerca di ricostruire una nuova ideologia collettiva di appartenenza. Prospetta, quindi, una fusione identitaria in uno spazio in cui il nero o il meticcio navighino nella stessa direzione in quanto italiani senza distinzione di colore. Lo scrittore dimostra come l’italianità, al di là della pelle bianca, è una costruzione più mentale che fisica.
Edouard Glissant rappresenta il meticcio come un essere alle prese con il nuovo mondo in quanto appartiene ai diversi spazi culturali e cerca disperatamente un equilibrio sociale soprattutto mentale. Il meticcio cerca di gestire tutte queste influenze.
L’italiano nero, protagonista di Noi italiani neri, è anche lui meticcio, ma culturamente, perché ha la pelle nera ed è di cultura italiana in quanto arrivato giovane in Italia o nato proprio in Italia come il giocatore della Nazionale italiana di calcio Mario Balotelli che è presente nel romanzo come personaggio realistico-letteratario. Questo serve anche ad illutrare la realtà descritta nel romanzo in quanto reppresentazione della società italiana in cui vivono i nuovi italiani neri. Alcuni sono meticci perché nati e cresciuti con usanze italiane e percio molti non si riconoscono più africani del tutto e cosi vivono un trauma culturale e hanno bisogno di sostegno morale. Altri rivivono il trauma del passato subìto dai loro genitori nella schiavitù, nella colonizzazione e nelle guerre con gli stermini e deportazioni nei campi nazisti. Sul piano puramente testuale e linguistico il meticciato si risente con le varietà di registri linguistici e della testualità.
- Il meticciato linguistico e letterario in Noi italiani neri.
Come abbiamo già accennato precedentemente, il meticciato identitario nel romanzo di Pap Khouma s’illustra nella testualità e nel comportamento dei personaggi. Già dal titolo del romanzo si percepisce l’ibridismo in quanto Noi italiani neri, testualmente sta a significare che il lettore è già di fronte a un’identità complessa. Questa complessità deriva dal fatto che l’italianità pensata dai fautori della razza superiore è stata da molti anni concepita come rappresentata dalla pelle bianca. E questo vediamo nel romanzo quando il protagonista arrestato e portato in caserma con l’accusa di aver rubato un bambino bianco viene rilasciato e pulito da tutti i capi d’accusa solo con l’intervento di sua moglie perché italiana bianca. Citiamo questo brano del romanzo:
“mia moglie era accorsa quasi contemporaneamente nella caserma dei carabinieri, per fortuna non lontana da casa nostra. Era stata avvisata al telefono della vigilessa che aveva simpatizzato con mio figlio. I carabinieri, prima sprezzanti con me, erano diventati rispettosi con lei. A lei sono bastate due frasi, per riportare subito marito e figlio a casa”.
“Lui è mio marito, è italiano! Questo pomeriggio è uscito col piccolo per festeggiare lo scudetto del milan”.
L’ibridismo è descritto nelle mescolanze di genere letterario, nelle molteplicità delle voci dei personaggi e dei punti di vista diversi.
Possiamo citare questo brano del testo:
“ci siamo incontrati in occasione di un breve viaggio a Dakar. Ero andato con mio figlio Mademba a trovare i miei genitori. Sia io che Rama uscivamo da un matrimonio fallito. Lei aveva due bambini. Ci eravamo scambiati le nostre delusioni sentimentali e le nostre mail. Eravamo rimasti in contatto tramite mail, sms e telefonate. Qualche mese dopo, ero ritornato a Dakar per rivederla. Alla fine ci siamo sposati e lei mi ha raggiunto a Milano”. (p 17)
In questo testo abbiamo una messa in scena di diversi luoghi tra Africa e Italia e ciò dimostra un’ibridismo testuale e culturale. E sapendo che il genere letterario si riferisce al senso morale che ogni paese dà all’orientamento del suo popolo, Noi italiani neri mette in crisi questa struttura sociale dell’italianità cercando di fare uscire un genere nuovo che integri due modi diversi di percepire la realtà.
La presenza dei protagonisti italiani, neri e meticci sul piano semiotico dà un senso di pluri-etnicità della società italiana. Una presenza mal concepita. E la messa in scena testuale riflette un disagio sociale dell’essere nero in una società a forte presenza bianca.
Possiamo menzionare le stereotipizzazione testuale attraverso il dialogo tra il milanista e l’uomo bianco nel testo:
“Hai un permesso di soggiorno?” I vigili mi avevano accerchiato.
“Non ho un permesso di soggiorno”, avevo replicato irritato. “Fatemi passare!”
“Tu rimani qui! Da dove vieni?”
“Dal Marocco”.
“A me aveva detto che era italiano. Lo sapevo, era un bugiardo. Ma guarda, non va bene mentire. Adesso i vigili te la fanno pagare”, si era vantato l’inquisitore milanista.
“Allora sei clandestino e porti in giro un bambino normale”. (P 44)
La resistenza al pubblico ufficiale non è un desiderio per il personaggio meticcio di trasgredire le leggi italiane, ma quello di affermare la sua appartenenza alla struttura sociale italiana. Il protagonista non accetta più di sentirsi emarginato e come dice il teorico (Edouard Glissant, 1997) l’appartenenza alla nuova società di accoglienza diventa una lotta per la sopravvivenza e dunque una necessità vitale; come succede ai protagonisti del film best seller italo-americano Scarface (1983).
L’opera di Pap Khouma rappresenta la società come spazio di querelle e di affermazione dell’identità. Uno spazio in cui i vinti di ieri, cercano di appropriarsi la cittadinanza spesso mettendo a rischio la loro vita perché quando il protagonista viene accusato e portato in caserma resiste al pubblico ufficiale e riafferma di essere italiano e padre del bambino. E anche in caserma non si lascia intimidire. Noi italiani neri è dunque il simbolo della difficile adattazione dell’immigrato afro-italiano alla nuova realtà. Il romanzo diventa l’incarnazione di una società italiana alle prese con ripetuti episodi di razzismo, un male che ostacola l’integrazione sociale.
Infine per sdramatizzare la difficile condizione dei personaggi, l’autore italo-senegalese usa un tono ironico e soprattutto mette in scena un desiderio di conciliazione:
“Lei non ha probabilmente rapito questo bambino. Ma mi dica la verità, non è suo figlio, perché lei è di colore”.
“Non sono di colore! Questo bambino è mio figlio”.
“Non sono cieco, lei è di colore e il bambino non è di colore, è normale”.
“Quindi se il bambino non è di colore allora è transparente? (P 45).
Assistiamo semanticamente ad una doppia negazione. Il protagonista rifiuta questa considerazione come essere di colore perché ha una connotazione negativa ed è simbolo di inferiorità essere considerato uomo di colore. E l’autore con questa stuttura testuale vuole decostruire il mito dell’uomo bianco.
6 Decostruire il mito italiano
L’opera dello scrittore senegalese è un appello all’ordine, un richiamo alla presa di coscienza del danno che impone il razzismo, del vantaggio della convivenza delle razze. La letteratura, con la fiction, vuole creare una nuova identità italiana, che non sia una rottura con il passato coloniale in Africa, ma piuttosto un rimodellamento dell’identità italiana perché ci identifichiamo meglio con l’altro. Con la produzione letteraria si rivalorizza la cultura africana conciliandola con quella italiana attraverso l’uso della lingua italiana anche con parole di origine africana. Per questi scrittori è un modo di trasmettere e di recuperare valori africani. Cosi la nuova letteratura migrante vuole mutare la coscienza degli italiani verso il rinoscimento dei nuovi italiani neri. Mettiamo questa citazione del testo di Pap: « perché parli con lei ? lascia perdere » avevano ordinato. «siete insieme ?» aveva chiesto il cugino di Saba alla ragazza. «no, non li conosco». aveva chiesto lei. «non importa. Voi extracomunitari non dovete venire qui e parlare con le nostre donne ».
Infine come teorizza (Edouard Glissant, 1997), il mondo è chiamato a mescolarsi e il meticciato è incoraggiato in uno scenario possibile al livello mondiale, in cui i gruppi etnici si troveranno diversi e sprovvisti di ogni forma di rivendicazione di appartenenza a tal punto che nessuno potrebbe più identificarsi ad una razza detta d’origine. Cosi le tracce spariranno e ci troveremo in una sorta di uguaglianza deprimente. Anche se come dice lo stesso teorico della letteratura, gli uomini hanno sempre bisogno di qualche traccia di riferimento culturale per la loro evoluzione.
Lo scrittore chiude il romanzo con grande ottimismo:
«Arriverà un giorno in cui in questo paese ci saranno medici neri, poliziotti neri, avvocati, e anche controllori dei mezzi pubblici neri. Quello sarà un gran giorno, spero di vederlo. Questo è il mio sogno…»
Conclusione
Insomma il razzismo prima come ideologia di razza superiore sulle razze inferiori sfocia nella violenza simbolica, nelle aggressioni fisiche e nell’omicidio. Angelo Del Boca descrive il passato coloniale italiano in Africa. Purtroppo un passato ignorato da troppi italiani della nuova generazione. Lo scrittore italo-segenalese Pap Khouma con il suo romano Noi italiani neri ripercorre gli episodi di razzismo nella vita quotidiana in Italia. Infine al di là della denuncia lo scrittore vuole conciliare il passato con il presente richiamando gli italiani ad una presa di coscienza (come fanno Achille Mbembe, Franz Fanon, Césaire, Edouard Glissant, Armando Gnisci, Gadda, Pirandello ecc…) e una ridefinizione identitaria attraverso il riconoscimento dei nuovi italiani neri per una migliore integrazione sociale e convivenza pacifica.
Bibliografia :
Achille Mbembe, De la Poscolonie, essai sur l’imagination politique dans l’Afrique contemporaine, 2000.
Albertazzi Silvia, Le letterature postcoloniali, dall’Impero alla world Litterature, Carocci editore, maggio 2013
Angelo Del Boca, italiani brava gente?, Neri Pozza, Vicenza, 2005
Edouard Glissant, Traité tout-monde, Gallimard, 1997.
Edouard Glissant. 1995. Introduction à une poétique du divers. Presses de l’Université de Montréal. Montréal.
Edmond Cros, La Sociocritique, 2016
Gustave Lanson (2020), Hommes et livres, : la littérature et la science. Ed Hachette.
Igiaba Scego, La mia casa è dove sono, Rizzoli, 2010.
L’identitaire . URL : http : // identitairepur.wordpress .com/2013/10/09/La richesse-du-métis-ou-la-fortune-embarassante. Consultata l’11 febbraio 2022.
Luigi Pirandello, uno, nessuno e centomila, Feltrinelli Editore, 2021.
Nicoletta Maraschio, Domenico De Martino, Giulia Stanchina, L’italiano degli altri, in Atti di convegno, Firenze, 27-31 maggio 2010.
Pap Khouma, Noi italiani neri, storia di ordinario razzismo, Dalai Editore, 2010
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