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Le stazioni della luna

Questa nuova fatica di Ubah Cristina Ali Farah, si iscrive nel filone della letteratura post-coloniale. In questo testo viene preso in esame il periodo dell’AFIS ed in più pagine viene dato risalto al fatto che anche negli anni dell’Amministrazione fiduciaria, sostanzialmente, l’Italia non aveva svolto una politica diversa da quella perpetrata prima della Seconda guerra mondiale e quando nel nostro paese c’era il regime fascista. “Gli italiani sono tornati promettendo protezione, amicizia, commercio, e invece non hanno fatto altro che sopraffarci distretto per distretto, usando la forza. Chi difendeva le proprie terre e case è stato punito come ribelle”, dice Kaahiye, uno dei personaggi principali del romanzo.
Ma se questo motivo postcoloniale è quello di fondo, un altro, forse più importante, più umano che va oltre quello strettamente politico è forse il tema dominante del romanzo. La maternità è proposta in questo romanzo in maniera inusitata. Solitamente consideriamo due possibilità di maternità, quella biologica e quella sociale. Quest’ultima quando una famiglia adotta un bambino/bambina, adolescente e la mamma diventa madre giuridica a tutti gli effetti.
In questo romanzo la maternità è dovuta al fatto che una neonata ha preso il latte non dalla madre, ma da una sorta di balia. Il rapporto di latte che si stabilisce fra i due fa assumere alla balia una reale maternità che non è solo un fatto affettivo, ma diventa quasi la valenza di fatto biologico e stabilisce una sorta di condivisione di valori morali e sociali. Ebla, somala, alla fine così si esprime: “Mia cognata mi ammoniva sempre, diceva che sbagliavo a crescere mia figlia come un maschio, che sbagliavo a non vedere il colore  della pelle di Clara, ma eccolo il frutto del mio raccolto: le mie ragazze ( il neretto è mio)unite con me nella resistenza, tutte insieme ci batteremo per Kaahyie”. La somala dice proprio “Le mie ragazze”. Clara è posta sullo stesso piano di Sagal la figlia biologica di Ebla.
Clara è la piccola allattata, di carnagione bianca, che sente quasi biologicamente la maternità di Ebla.

Ma un’ulteriore possibilità di comprensione dei sensi del romanzo di Cristina Ali Farah ci viene dall’analisi della struttura formale della narrazione. I narratori sono due. Uno esterno che racconta varie vicende e il loro sviluppo. L’altro interno, contrassegnato tipograficamente dal termine “assolo” posto davanti al capitolo. Gli assolo sono quattro. Tre ad introduzione di otto capitoli ciascuno. Il quarto è conclusivo. Il fatto che gli assolo sono la voce di Ebla sta a testimoniare l’importanza di questo personaggio nella struttura e senso dell’intera narrazione, quasi che tutto il romanzo derivi e dipenda dal personaggio Ebla. In questa somala si condensa il valore della donna libera che si ribella alla volontà degli anziani del clan, rifiutando di sposare un uomo che lei non desiderava. Sceglie per sé la libertà della sua vita e perciò stesso la libertà nella scelta della persona con cui unirsi, la libertà dell’amore.

Ebla è, però, una donna che pone al centro la felicità dei figli e va oltre una educazione formale e le usanze culturali del popolo a cui appartiene. Sua figlia sarà risparmiata all’infibulazione, perché non vuole che soffra come ha sofferto lei.  Avverte in maniera chiara che la donna non può essere a livello di inferiorità rispetto all’uomo  e impartisce questi valori ai suoi figli. Sagal non avrà paura di parlare davanti ad una folla di somali per difendere le posizioni di chi sosteneva la liberazione dallo straniero, gli italiani occupanti. Avverte che anche a livello sociale è necessaria la presenza e funzione della donna. Ogni cambiamento è impossibile se non viene coinvolta anche la donna.  Ebla va oltre le superstizioni. 

Il romanzo è organizzato su molteplici livelli. Varie storie si intrecciano e si rincorrono. Dapprima c’è la storia di Clara. A questa si aggiunge, fondamentale quella di Ebla. Poi c’è la storia di Mirella. Parallela è quella di Enrico. Questi e Clara sono fratelli con, però, evidenti modi diversi di concepire la vita. Enrico è il continuatore delle spavalderie fasciste, dei soprusi in nome di una pretestuosa maggiore civiltà degli italiani, che però non è altro che sfruttamento. Clara è chi si pone subito dalla parte dei somali. Clara ed Enrico sono nati in Somalia e vi sono rimasti fino alle soglie dell’adolescenza. Hanno avuto una stessa educazione. Sono ritornati in Italia quando l’Italia era ancora in guerra. Tutti e due ritornano nel paese africano, ma il loro comportamento è totalmente differente. Anche i motivi del ritorno sono diversi. L’uno è in sodalizio con il gruppo di italiani che vogliono arricchirsi sfruttando, l’altra, invece ci arriva per insegnare in una scuola somala l’italiano. Si pone cioè al servizio della comunità somala.
Qual è l’elemento causale della differenza di atteggiamento fra Clara ed Enrico? Ritengo che Clara sia altro rispetto al fratello per aver assunto latte dal seno di Ebla. Gli altri aspetti, l’essersi innamorata di Kaahiye,  figlio di Ebla, l’aver giocato da piccola con i figli della somala, avere una apertura mentale più ampia del fratello derivino da quel primo atto costitutivo della sua personalità.

settembre 2021

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".

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