Interventi

Tre domande a Erri De Luca

“Una mosca sul naso del bue”:
3 domande (più una) a Erri De Luca
intorno ai versi di Solo andata

Ugo Fracassa: “Chi viaggia ha molto da raccontare”, dice il proverbio che anche Benjamin ricordava nelle prime pagine del saggio dedicato al Narratore. Cosa lega il viaggio alla scrittura, il passo al verso, la traversata al racconto?

Erri De Luca: Vasta è la letteratura di viaggio e di esplorazione, come anche nel cinema. I viaggi di Sindbad, l’Odissea, l’ Esodo, il Milione, poi quelli di Gulliver e di Crusoe, il Giro del mondo in 80 giorni: il sedentario si fa raccontare la geografia dalla storia degli altri e dalla sua immaginazione. Il viaggio produce suggestione e in ogni giovane c’è il desiderio di sporgersi sulle esperienze lontane. Sono a stragrande maggioranza giovani quelli che arrischiano il trasporto marittimo su gusci di noce strapieni.
Per mio vocabolario chiamo viaggio solo quello che si fa senza biglietto di ritorno. Il turismo per me rientra nella più stretta definizione di spostamento.

Coro

Siamo gli innumerevoli, raddoppio a ogni casa di scacchiera
lastrichiamo di scheletri il vostro mare per camminarci sopra.
Non potete contarci, se contati aumentiamo
figli dell’orizzonte, che ci rovescia a sacco.
Siamo venuti scalzi, invece delle suole,
senza sentire spine, pietre, code di scorpioni.
Nessuna polizia può farci prepotenza
più di quanto già siamo stati offesi.
Faremo i servi, i figli che non fate,
nostre vite saranno i vostri libri d’avventura.
Portiamo Omero e Dante, il cieco e il pellegrino,
l’odore che perdeste, l’uguaglianza che avete sottomesso.

(Erri De Luca, Solo andata. Righe che vanno troppo spesso a capo, Milano, Feltrinelli, 2015, pag. 35)

*

U.F.: La letteratura può essere viatico. Un libro può stare nella sacca o nel taschino, dimorare insieme a chi si sposta, a chi nel pericolo attraversa. Leggere è sosta o è cammino? Riparo o repentaglio?

E.D.L.: Sul Mediterraneo dopo i naufragi galleggiano copie del Corano. Nella riduzione al minimo di bagaglio, imposto dai traghettatori, quei viaggiatori tolgono spazio all’indispensabile e lo sostituiscono con un libro. Quel libro per loro è il bagaglio che contiene tutto il necessario. Quello è un libro sacro.
Anche qualche libro di letteratura può riuscire da salvacondotto, in condizioni difficili. In prigione due soli momenti separano il prigioniero dalle sbarre, quando dorme e quando legge un libro, aprendo le sue pagine davanti ai suoi occhi e così facendo scomparire le sbarre e anche il rumore di ferraglia dei cameroni e dei corridoi. Leggere è mettersi al passo del libro, andare insieme.

Con l’aiuto di Hölderlin

Il mese di maggio del novantanove
i belgradesi facevano gli astronomi
e scrutavano i cieli.
Il suolo esplodeva, tremavano le pietre
più dei vecchi, dei cani e dei bambini.
Le bombe alla grafite avevano staccato l’elettricità,
al buio aumentava la fraternità.
“Dove esiste pericolo, cresce
pure quello che salva”
(Wo aber Gefahr ist, wächst / das Rettende auch).
Il poeta non era a Belgrado quel mese di maggio,
era morto da un secolo e mezzo,
le sue pagine sì, stavano in tasca mia
da contraerea, da salvacondotto.
In guerra le parole dei poeti proteggono la vita
insieme alle preghiere di una madre.
In guerra gli orfani e quelli senza un libro
stanno allo scoperto.

(Erri De Luca, Solo andata. Righe che vanno troppo spesso a capo, Milano, Feltrinelli, 2015, pag. 52)
*

U.F. : La parola dello scrittore è detta oggi, si pronuncia in un presente, ma trova alimento nella memoria (da Mnemosyne scaturiva per i greci, con le altre arti, anche la poesia). Cosa ne resta dopo? È fatta per il futuro? Il suo tempo è domani?

E.D.L.: La parola appartiene al presente. Quella scritta nella nostra Carta Costituzionale chiede al presente di essere attuata. Pure quella scritta nei Vangeli chiede di essere praticata. I verbi possiedono il tempo passato e quello futuro, ma la frase di una storia, di una pagina esiste solo nel momento in cui un lettore la legge, la dice a voce alta, la canta, la balbetta. La parola aiuta a stare nel presente. Chi ha un buon vocabolario abita meglio il suo tempo, non se lo fa falsificare dal potere di turno.

Dopo

Non quelli dentro il bunker,
non quelli con le scorte alimentari, nessuno di città,
si salveranno indios, balti, masai,
beduini protetti dal vento, mongoli su cavalli,
e poi uno di Napoli nascosto nel Vesuvio,
un ebreo avvolto in uno sciame di parole,
per tradizione illesi dentro fornaci ardenti.
Si salveranno più donne che uomini,
più pesci che mammiferi,
sparirà il rock and roll, resteranno le preghiere,
scomparirà il denaro, torneranno le conchiglie.
L’umanità sarà poca, meticcia, zingara
e andrà a piedi. Avrà per bottino la vita
la più grande ricchezza da trasmettere ai figli.

(Erri De Luca, Solo andata. Righe che vanno troppo spesso a capo, Milano, Feltrinelli, 2015, pag. 88)
*

U.F. : «notre seule justification, s’il en est une, est de parler pour tous ceux qui ne peuvent le faire»: così Albert Camus nel 1957 a proposito de L’artista e il suo tempo. Molto è cambiato da allora, in particolare l’avvento della Rete sembra poter colmare ogni lacuna di comunicazione. Lo scrittore però continua a prendere parola per gli altri, a dar voce all’Altro. Oggi, in Italia, la storia della cosiddetta “letteratura migrante” ha compiuto un quarto di secolo, ma molti sono gli autori che narrano storie di viaggi di “sola andata” di cui non hanno esperienza diretta. Come si gestisce la delega per una simile narrazione?

E.D.L.:Non è stata data nessuna delega a scrivere di loro, i viaggiatori del peggiore trasporto marittimo della storia dell’umanità. Dovrà passare una generazione, forse due, allora i nipoti scriveranno per onorare il ricordo dei loro magnifici nonni e magnifiche nonne. Noi di adesso assistiamo alla più vasta narrativa di viaggio dal tempo delle grandi esplorazioni del pianeta. Oggi si esplora la salvezza.
Delle nostre grandi migrazioni del secolo scorso non abbiamo praticamente traccia nelle nostre letterature. I nostri emigrati hanno abbracciato la nuova terra e la nuova lingua, conservando il dialetto solo per uso domestico. Oggi noi che scriviamo di migrazioni siamo la mosca sul naso del bue che sta arando. Siamo spinti da una forza che scava il più profondo solco del nostro tempo.

I versi sono tratti da: Erri De Luca, Solo andata. Righe che vanno troppo stesso a capo, Feltrinelli, 2005

L'autore

Ugo Fracassa

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