Esperancé
Espérance Hakuzwimana
Tutta intera
Einaudi, 2022
Le vicende del romanzo di Espérance Hakuzwimana possono essere lette acquistando il suo testo, che spero venga fatto, o è possibile farsene un’idea dalle note della quarta di copertina. Voglio soffermarmi su alcuni aspetti riguardanti l’organizzazione strutturale e il senso generale che ne deriva dopo la lettura della narrazione.
Ultimamente mi sono imbattuto in due testi in cui la struttura dominante è quella contrappuntistica. Derivo questo termine dal linguaggio musicale, in cui il contrappunto è uno delle forme più significative ed usate. Il romanzo Tutta intera si muove su due spazi che sono in contrapposizione quello di Basilici e quello di Bellafonte. Sono spazi opposti e divisi dal fiume Sele, procedono parallelamente, ma non simmetrici perché sono discordanti. La diversità degli spazi sta ad indicare una differenza di condizione sociale, etnica. Il Sele segna quasi un confine, ma non solo fisico. È un confine di obiettivi, di scelta di vita, di condizione economica. È una demarcazione di possibilità di speranza di vita, di sogni.
Sara, una giovane donna di ventitré anni, è la protagonista che cerca di cucire la frattura esistente fra i due spazi, fra le diverse etnie. Lei ha avuto l’incarico di svolgere una sorta di doposcuola a ragazzi “difficili” e di colore. Lei spera di potere, attraverso il lavoro, operare la cucitura anche perché anche lei è di colore e quindi, in qualche modo, appartenente al loro mondo. L’operazione non è semplice e a questo punto si inseriscono i ricordi di Sara bambina, poi a scuola prima elementare e poi media. Si riflette sui suoi rapporti con amici/amiche, con i genitori adottivi.
I ragazzi di Basilici non riescono, però, a ritenerla del loro gruppo, la chiamano Bellafonte.
L’esperienza di Sara che emerge man mano le fa pensare a come a volte si è sentita ricacciata indietro, non riconosciuta appartenente a quella società dei genitori che l’hanno adottata, a quello spazio privilegiato. La protagonista non riesce a condividere quanto al di qua del Sele si vive e si realizza, spesso proprio per lo sfruttamento operato a scapito di coloro che sono al di là del Sele. Ma neppure può accettare l’emarginazione di coloro che sono al di là del fiume, quasi segnati definitivamente alla loro condizione. Gli abitanti di Bellafonte arrivano a impedire a chi vive al di là del Sele di poter convivere anche le feste del paese, non vogliono che venga disturbato il loro quieto vivere. Per questo arrivano a chiudere anche un ponte per impedire l’accesso a Bellafonte degli abitanti di Basilici.
Il romanzo non prospetta una soluzione perché la protagonista da una parte vede che la vita nello spazio privilegiato consente di raggiungere obiettivi, anche lottando, consente di poter sognare una propria emancipazione, dall’altra vive l’amarezza di non essere accettata nel gruppo che vive in Basilici ma anche la consapevole inquietudine di una condizione difficile da mutare.
Da sottolineare in questo romanzo la funzione che acquista la lingua. In sé ogni lingua diversa da quella dominante, che sia dialettale, che sia gergale, che sia di appartenenti ad etnie diverse da quella prevalente sul piano politico e sociale, è uno strumento di opposizione, di difesa, di lotta. In questo romanzo questi ragazzi di Basilici usano la diversità di lingua per difendersi da Sara non ritenuta appartenete al loro gruppo. Notevole è il fatto che pur di etnie diverse, quindi con lingue prime differenti, loro sanno capirsi. I gruppi minoritari, che rivendicano una loro presenza, che si oppongono allo strapotere di chi domina, fanno uso della lingua per i loro fini emancipatori.
raffaele taddeo gennaio 2023