Poesia transnazionale

Un confine in comune

Scritto da Raffaele Taddeo

Barbara
Un confine in comune
Ensemble 2021

La poesia di Barbara Pumhösel non è di facile comprensione e lascia in dubbio il lettore su quale sia l’ispirazione iniziale che porta alla composizione e alla scrittura di versi. La silloge è divisa in molte parti, una di queste ha per titolo “un confine in comune”. La poeta premette ad ogni sezione titolata un verso di altri autori. Quello che precede questa porzione è il seguente:” noi e noi   lingue-oscuro” di Andrea Zanzotto. Con questo verso sembra che la poeta stessa ci voglia dire che la sua poesia è oscura. Quando ci si trova davanti a questo genere di poesia, che è costituita essenzialmente da un grumo di metafore, ci si domanda se siano le metafore trovate, immaginate, che stabiliscono il senso della composizione oppure non sia stato il senso, l’aver sentito, avvertito un senso che aveva bisogno di essere declamato, impreziosito da metafore. “Non capisco proprio il perché/ di tutti questi formicai in poesia-/ di così tante formiche./ …/ E caos e ordine sono solo due punti di vista / momentanei, umani.”

Riguardo alla primarietà delle metafore rispetto alla necessità di dire qualcosa di sé o d’altro è emblematicamente espresso dalla seguente poesia, che la riporto per intero per la sua pregnanza significativa, da cui si evince come la poeta procede nella sua costruzione di poesie:” catturo un’immagine tra due parole/ come fossero le leve incrociate/ di una tenaglia – stringo e la osservo/ a lungo fisso i suoi punti più cupi/ quelli su cui non cade la luce/ poi la deposito in una casella/ confinata nel bianco/ senza vicini/ senza titolo e senza note/ la chiudo in un quaderno e talvolta/ la cerco come si fa con uno specchio”.

Una dichiarazione poetica poi la si trova nella poesia soglia, ove la poeta afferma intanto la continuità fra poesia e vita (per non frapporre barriere/ tra la fine dei versi e la vita), ma specialmente la necessità di entrare nella poesia senza “vestiti, né pelle”. È la necessità di vedere più chiaro attraverso la poesia, perché la scrittura, in prosa o in poesia, ha proprio il potere di essere una sorta di meditazione che ci aiuta a metterci davanti alla nostra persona, al nostro essere, a scoprire i nostri problemi, a risolverli o a condividerne l’esistenza.

L’intera silloge si presenta come una satura ove gruppi di poesie di diverso senso e ispirazione sono proposte un unico testo. Il nucleo più compatto è quello intitolato L’acqua salata per chi ha sete, verso potente che sta ad indicare non solo il rifiuto dell’altro, ma anche la falsa accettazione, perché non si rifiuta l’acqua a chi la chiede, ma gli si dà quella salata che porta alla morte. In questa sezione, cifra significativa poetica è il filo spinato, metafora ricordata e riportata più volte in questo gruppo di poesie anche se con modalità diverse. Filo spinato che indica l’impossibilità di andare oltre, di oltrepassare soglie, porte, confini, recinti.  La chiusura non permette neppure al vento di passare perché “anche il vento/ ha il volto/ sfregiato/ la pelle d’aria/ sempre più/ sfilacciata e/ la sua voce/ è rimasta/ attaccata/ alle spine”. Tutto riesce a passare il confine, il regno vegetale, quello animale “non posso/ attraversare il confine/ perché non sono né un orso/ né/ uno scoiattolo o una volpe”, ma non l’essere umano. Anche la poesia perde la sua forza e valore perché “anche domani/ come prima e durante/ a produrre filo spinato/ perché quello/ serve sempre”. Questa sezione della silloge si chiude con la denuncia della fallacia della capacità dei missili di colpire in modo affidabile che procura sempre e invariabilmente vittime.

La sezione “un confine in comune” sembra manifestare un atteggiamento di incertezza, insicurezza, che avviene in ogni cosa e in poesia, ma quando in questo campo si presenta il disorientamento, allora è tutto l’essere, che si credeva capace di mostrarsi in versi, a trovare il suo disagio: “E all’improvviso nello scaffale in basso/ oscilla un verso chiuso da molto. Chiede/ ascolto e voce”. L’oscillazione è sintomo di incertezza, così che la parola chiede di essere ascoltata.  Ed ancora: “un rifugio dove ospitare versi/ mutilati a cui la metrica/ ha serrato la porta poesie mute/ che non sopportano il freddo”. Ecco allora che “lo sguardo è condannato a sbattere contro confini che non riesce/ a scavalcare, vede soltanto i colori/ all’interno e non l’armonia o l’agguato, appena oltre l’orizzonte”. In fine ancora una testimonianza di quanto l’io in questo disagio di espressione arriva a rintracciare in sé: “Il circo la terra e la luna ogni/ cosa del caos ha trovato il suo/ posto e lo mantiene fino all’orlo/ dell’incubo che arriva puntuale”.

La terza sezione intitolata Storielle ci mostra la capacità della poeta di far poesia attraverso una scenografia ove la scena stessa diventa una metafora.

Ma ai fini di una recensione di questo genere è fuorviante fare un’analisi di tutte le sezioni che, come detto in precedenza sono diversissime fra di loro per sensi poetici. Voglio invece soffermarmi su alcuni aspetti tecnici che mi paiono rilevanti in tutta la silloge.  Qua e là c’è la presenza della sinestesia anche se può, ad una prima lettura, sfuggire. Ecco un esempio: “dal più recente al più antico/ asportiamo strati di senso/ tornano alla luce cocci e dati/ ma il pennello non si ferma/ fino a che non tocca un suono/ sotto i reperti più in basso”. È evidente la copresenza della luce, del suono e del colore che vengono associati in questo percorso di rinvenimento di reperti.

Ma un’altra figura retorica è usata a piene mani da Barbara. Si tratta dello enjambement. Non c’è quasi poesia che non ne presenti una. Cito qui qualche esempio: “sotto le pietre ancora immagini/ tue…”; “le frontiere di una volta si sono/ spostate…”; “ma sono deboli instabile e tutti/ colpiti dalla stella aspettiamo/ l’avvento nel cielo mattutino”.
L’enjambement dà un senso di continuità e fluidità alla poesia. È come una sospensione che ha bisogno di essere conclusa per ricominciare immediatamente.

La silloge presenta tante ricchezze di versi, metafore e significati, anche se traspare alla fine un senso di insoddisfazione che ha bisogno di essere chiarito e solo attraverso la poesia si spera che possa avvenire.

 

raffaele taddeo nov 2022

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".

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