Cheikh Tidiane Gaye
Voglia di meticciato
Kanaga edizioni, 2022
La lettura del saggio di Cheikh Tidiane Gaye, che induce a una speranza di dialogo, in questo periodo diventa straniante. Sembra anacronistico rispetto a quanto si sta vivendo con la guerra Russa-Ucraina. Non si comprendono a fondo gli obiettivi che la Russia si è prefissa nell’attaccare l’Ucraina, né sono chiare le strategie che sta mettendo in campo. Incombe un senso di timore che il capo del Cremlino, vista l’impossibilità di aver ragione degli ucraini e in uno scenario di sconfitta militare, faccia mosse disperate usando l’arma nucleare.
Ma veniamo al testo. In una prima parte l’autore fa presente, rifacendosi alla storia, come non vi sia sulla terra una popolazione che non sia stata contaminata da altre popolazioni. La contaminazione è una necessità che deriva da un elemento costitutivo all’essere uomo, e cioè il suo “motismo”, la sua tendenza alla variazione dello spazio in cui vive. L’uomo si è spostato nell’antichità alla ricerca del cibo per trovare modalità di sopravvivenza più adeguata alla sua persona. In questo trasmigrare ha incontrato l’altro, contaminandosi e contaminando.
Si dimostra fallace tutta quella teoria che pone in risalto la purezza, una volta della razza, ora della cultura, perché ogni cultura, anche quella prettamente culinaria è frutto di un rimescolamento di tante culture. La pizza, vanto della cucina italiana ha come ingredienti base il grano che deriva dal medio oriente e il pomodoro che arriva dalle Americhe.
Poi l’autore mette a critica il concetto di ibridismo e di identità. Sulla critica a quest’ultimo ha insistito molto perché è uno degli elementi teorici a sostegno del sovranismo che rivendicano una identità nazionale che non dovrebbe essere intaccata. Ma cos’è l’identità nazionale, cos’è l’italianità? Lascio al lettore la risposta a questi interrogativi.
Successivamente l’analisi passa a termini come multiculturalità e integrazione facendo notare come quest’ultimo non possa e non debba essere adottato come strategia di rapporto con gli immigrati perché li relega ad una condizione di subalternità.
Il concetto che rivaluta in toto è quello di interazione che non può che portare al meticciamento. L’autore si augura che ciò possa avvenire anche perché è la stessa cultura europea che da tempo ha affermato l’assoluta parità delle persone anche se provengono da spazi diversi. L’interazione ha come presupposto una totale apertura verso l’altro (direi, insieme a Tommaso d’Aquino) cioè una totale intenzionalità.
Quello che stupisce in questo testo è la presenza di argomentazioni basate quasi esclusivamente sulla cultura europea. In tutto il libro, Senghor viene citato una sola volta e così Martin Luter King, mentre si attinge a piene mani dalla cultura filosofica europea, da quella greca a quella medioevale fino all’illuminismo e a quella dei nostri giorni. Così ci troviamo di fronte a tesi di Platone, S. Anselmo, Pascal, Kant, Hans Kung, Arendt. Il testo sembra fare un occhiolino alla cultura europea e sembra voglia dire che quei popoli, come l’italiano, che si fregiano di essere depositari di una cultura del genere, hanno poi il sacrosanto dovere di non tradirla.
Raffaele Taddeo luglio 2022