Racconti e poesie

Abitare in alto

La BMW proseguiva, portando Umberto, Elena e i due figli alla loro destinazione. Con la radio della macchina accesa, Umberto non sentì la vocina di Fabio: “Quanto manca, papà?”
Accanto al fratello più piccolo, Bernardo allungò il braccio e guardò l’orologio: “Arriveremo fra un’ora e mezza.”
“Forse un po’ di più” disse il padre, “non mi aspettavo tutto questo traffico.”
“Mamma, voglio tornare a casa” piagnucolò Fabio.
“È stanco” disse Elena, “lo siamo tutti.”
Umberto si spazientì: “Sapevate che era un lungo viaggio.”
“Fabiuccio” Elena era entrata nel suo abituale ruolo di mediatrice, “ti racconto una storia.”
“Quale?”
“Scegli tu.”
“Hansel e Gretel” fece il piccolo.
Lei descriveva bene le scene e imitava a perfezione i personaggi dei cd di Fabio. Prima che Hansel e Gretel fossero arrivati dalla strega, Fabio già dormiva. Lei si girò verso il figlio più grande:
“E tu, Bernardo, ti va di fare un gioco?”
“Sì” rispose il ragazzo.
“Dobbiamo guardare fuori dalla macchina e, seguendo l’alfabeto, trovare delle cose che cominciano con la “a”, poi con la “b”, la “c” e così via.”
“Fino alla zeta?”
“Possiamo smettere prima, se ci stanchiamo. Chi trova più cose con una lettera, fa un punto. Vince chi fa più punti.”
“O.K.,” disse Bernardo, “comincio io: alberi.”
“Io dico: aria.”
Bernardo guardava dal finestrino: “Ho trovato!”
“Cosa?”
“Abitazioni.”
Proprio in quel momento passava un aereo. Elena non perse l’occasione di fare un nuovo punto con la “a”. Iniziarono con le altre lettere. Giocarono fino alla “effe”. Era il turno di Bernardo:
“Basta, mamma. mi sono stufato!”
“Va bene, la partita rimane sospesa” disse Elena.

Erano tutti stanchi, pensò Umberto, lui forse più di tutti perché la mattina aveva pure lavorato. Temeva l’arrivo del mal di testa.
“Papà, guarda che divertente!”
Era difficile per Umberto pensare qualcosa di divertente nel momento in cui il mal di testa si annunciava.
“Due vecchietti in una Smart” disse Bernardo ridendo.
“Sembra un foto montaggio” commentò Elena.
Umberto guardò la piccolissima Smart con la carrozzeria piena di adesivi che riproducevano teschi neri. Dentro la macchina c’era una coppia di anziani, ma dire anziani era un eclatante eufemismo. Se uno sommasse l’età di quei due avrebbe un totale di più di centottanta anni, troppi per una Smart.
“Chissà dove andranno?” domandò Umberto
“In discoteca, sicuramente” rispose Bernardo. E nuove risate.
Mentre la BMW superava la Smart, Umberto accennò un ciao con la mano. Elena e Bernardo fecero lo stesso. Muovevano anche le braccia per salutare i due vecchietti. Ridevano da morire.

La strada in salita offriva un bel panorama. Le curve sinuose della collina sembravano ballare in quel verde spazio libero. Umberto scese dalla macchina per scattare delle foto. Fotografare era per lui prendere possesso di ciò che vedeva. I paesaggi diventavano suoi e lui li portava a casa.
Si fermarono a una tavola calda per uno spuntino. Fabio ancora dormiva. Elena lo portò in braccio e lo sdraiò sulla panchina di un tavolo, sedendosi accanto a lui. Guardarono il menu. Umberto andò al bancone per prendere i panini scelti. Bernardo lo accompagnò. In fila, sussurrò al padre:
“Guarda dietro a te, papà!”
Il ragazzo non ebbe tempo di dire altro: accanto a loro c’era la coppia di anziani della Smart.
“Lei è il signore della BMW che ha sorpassato la mia Smart, vero?” disse il vecchietto.
Umberto confermò, pronto a scusarsi per come si erano comportati, lui e famiglia, con quelle risate fuori posto, ma il vecchio non aveva finito: “Io e mia moglie siamo rimasti incantati dalla vostra affabilità.”
La signora estese verso Umberto una mano grinzosa: “Non dimenticheremo i vostri sorrisi pieni di simpatia.”
Bernardo e il padre si guardarono con voglia di ripetere “i sorrisi pieni di simpatia” ma si trattennero.
“Vi siete fermati a mangiare pure voi?” chiese Umberto.
“No, solo per comprare sigarette” continuò l’anziano, “ce ne andiamo adesso.
“Io, però, voglio chiedervi una cortesia” disse l’anziana signora togliendo dalla borsa una vecchia macchina fotografica: “Posso farvi una foto? Sarà un ricordo del nostro incontro.”
Umberto stava per dire che non gli piacevano le foto, ma si lasciò fotografare tra il vecchietto e Bernardo.
“Un bel sorriso!” disse l’anziana. “Così!” e scattò la foto.
“Non ci resta che salutarci” disse Umberto.
“Arrivederci” disse il vecchietto, “magari ci rivedremo al vostro prossimo sorpasso.”
“Può darsi” disse Umberto incamminandosi al tavolo con Bernardo.
Mangiarono insieme a Elena, commentando l’incontro con i vecchietti della Smart.
Prima di lasciare la tavola calda, Elena separò una fettina di vitella e la mise dentro a un panino per quando Fabio si sarebbe svegliato.

Il silenzio compatto all’interno della BMW era disturbato soltanto dal rumore delle ruote sull’asfalto. A Umberto quel rumore ricordava il respiro di grossi animali africani. Sbadigliò. Guardò Elena: dormiva. Sullo specchietto retrovisore constatò che dormivano anche Bernardo e Fabio. Sbadigliò una seconda volta. Le sue palpebre stavano diventando pesanti, molto pesanti: “Nooo!”
Elena si svegliò di soprassalto: “Che è successo?”
“Ho tamponato” disse Umberto.
Elena prima guardò i figli. Stavano bene. Poi, guardò fuori:
“Perché tanti poliziotti?”
”Più avanti c’è stato … ”
“Un incidente?”
“Sì, Elena, un incidente.”

Con la B. M.W. ferma era sparito il suono che ricordava a Umberto il respiro di animali africani. Pensò alla settimana trascorsa in Kenya qualche mese prima. All’insaputa di Elena, era andato a cacciare con degli amici. La caccia gli aveva procurato forti emozioni, ma le aveva tenute nascoste alla moglie, convinta animalista. Se Elena avesse saputo quanto lui si era divertito a sparare e a uccidere gli animali, non glielo avrebbe perdonato. Gli venne la voglia di raccontarle tutto, ma era tardi, troppo tardi ormai. Guardò la moglie, quasi a temere che lei potesse appropriarsi dei suoi ricordi.

I genitori lo credevano addormentato ma con il botto della macchina Bernardo si era svegliato. Era rimasto in silenzio perché suo padre e sua madre parlavano di un incidente. I poliziotti facevano dei segni alle macchine per evitare la corsia dove si era ribaltato un camion. Erano arrivate le ambulanze con le sirene spiegate. Bernardo non sentiva quello che suo padre gli stava dicendo:
“Cosa, papà?”
“Non guardare, Bernardo, non guardare!”
Ma Bernardo guardò. Una macchina era stata schiacciata dal camion. Una piccola
macchina. Una Smart.
I due corpi sdraiati sull’asfalto confermarono il timore di Bernardo.

In macchina Elena aveva fatto un sogno: era al cinema e vedeva un film. Fin qui, niente di strano. Il problema è che il film era … era la sua vita. C’erano i suoi genitori, nonno Placido e nonna Costanza, zii e cugini. Sembrava una festa. Sì, era la festa, ma perché tutto quel buio?

Il piccolo Fabio non mangiò il panino che sua madre gli aveva preparato alla tavola calda. Continuò a dormire.

* * *

Eleganti e belle erano le signorine. Indossavano un tailleur celeste e usavano scarpe con tacchi a spillo. Sulle loro camicette, dello stesso colore del tailleur, era ricamata una casetta fra nuvole bianche.
Era di sabato, giorno in cui lavoravano di più. Molti clienti erano già arrivati e altri continuavano a presentarsi. Le signorine dovevano creare le condizioni ideali perché ogni cliente di Abitare in alto si sentisse perfettamente a suo agio nella nuova abitazione. Le clienti donne si innamoravano delle case, ben costruite e arredate con gusto. I clienti maschi si innamoravano delle signorine.
Le case proposte da Abitare in alto erano diverse da tutte le altre offerte sul mercato. Circondate da nuvole, occupavano la parte più alta della collina.

Umberto, Elena e i due figli entrarono nell’ampia sala di ricevimento. Adesso era Umberto a portare Fabio in braccio. Incontro a loro venne subito una signorina:
“La famiglia Motta?”
“Siamo noi” disse Umberto.
La giovane donna sorrise: “Benvenuti ad Abitare in alto! Sono la vostra accompagnatrice. Mi chiamo Angela.”
“Chiedo scusa per il ritardo ma c’è stato un incidente” spiegò Umberto.
“Lo so, non è una strada facile quella che porta quassù” ammise la signorina, “ma lasciamo stare quel che è già successo. Adesso vi accompagno alla vostra casa.”
Quando attraversarono il giardino ed entrarono in quella che sarebbe stata la loro abitazione, i nuovi arrivati rimasero semplicemente meravigliati e ampiamente compensati dai disagi del viaggio.

Si svegliarono presto, riposati e di buon umore. Finita la prima colazione, Bernardo uscì per una passeggiata a piedi. Circondati da fiori che riempivano l’ambiente di colore e profumo, Umberto ed Elena restarono a chiacchierare in giardino. Da lì potevano sentire quando Fabio si sarebbe svegliasse. Dopo un po’, Elena si mise sull’amaca tra due frondosi tigli. Chiuse gli occhi.
“Ah” disse Umberto buttandosi sull’erba, “non c’è ombra più gradevole di quella dei tigli.” Chiuse gli occhi pure lui.
“Papà! Mamma!”
Era Bernardo. Aveva corso e si avvicinò ai genitori col respiro affannoso:
“Abitano qua vicino!”
“Chi?” domandò Elena
“I vecchietti della Smart!”
Umberto si mise a ridere: “Ma cosa dici, figlio mio?”
“Sì, papà, li ho visti!”
“Certo, certo,” continuò Umberto con ironia, “nessuno lo mette in dubbio.”
“Erano loro, papà! Te lo giuro! Guarda cosa mi hanno dato.”
Bernardo tolse dalla tasca dei pantaloni un pezzo di carta. Lo consegnò al padre. Umberto impallidì. Aveva in mano la foto scattata alla tavola calda.
“Non è possibile” disse. “Non è possibile. A meno che …”

L'autore

Christiana de Caldas Brito

Christiana de Caldas Brito ( www.miscia.com/christiana ), brasiliana, ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Rio de Janeiro. Psicoterapeuta e scrittrice, vive e lavora a Roma. In Italia ha pubblicato i racconti raccolti in:Amanda Olinda Azzurra e le altre (Lilith, Roma 1998; II edizione Oedipus, Salerno-Milano 2004. I Premio Narrativa “Il Paese delle Donne”, Roma 2003); la favola per bambini e adulti La storia di Adelaide e Marco ( Il Grappolo, Salerno, 2000). Presso la collana Kumacreola, diretta da Armando Gnisci, ha pubblicato il volume di racconti Qui e là. Nella stessa collana ha pubblicato nel 2006 il romanzo500 temporali.

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