Recensioni

I sessanta nomi dell’amore

Tahar  Lamri
I sessanta nomi dell’amore
FaraEditore   2006

raffaele taddeo

Tahar Lamri ha raccolto in un unico volume i racconti brevi e lunghi scritti in un periodo  di una decina d’anni. Ha però voluto dare una specie di cornice ai suoi testi, un po’ come fa Boccaccio con il Decameron, ma meglio come avviene nelle Mille e una notte, ove i racconti sono raccordati dalla storia del re che aveva deciso di uccidere ogni notte la vergine con cui aveva trascorso la notte, per vendicarsi del tradimento della moglie. Sharazad tiene in vita se stessa e le altre vergini del regno raccontando ogni notte una storia al re senza però finirla mai, in modo da tenere la curiosità del re sempre desta. Dopo mille e una notte il re ha  dimenticato il suo proposito riconciliandosi con la vita.
Nel testo di Tahar Lamri, però, la cornice diventa essa stessa una storia, anzi la storia. Un  delicato racconto d’amore costruito su una corrispondenza via e-mail fra una giovane curiosa di cultura araba e uno studioso algerino.
Stupisce la tenuità del linguaggio, la leggerezza con cui si dipana l’intreccio che porta alla reciproca conoscenza che si approfondisce attraverso le parole  scritte.
Il libro non può essere assimilabile ad una qualsiasi narrazione epistolare, perché  in questa tipologia letteraria si prevede una diversa scansione temporale.  Quando si scriveva una lettera era necessario prevedere un tempo di andata  del messaggio e un tempo di ritorno della risposta. Le dinamiche dei sentimenti d’amore potevano assumere caratteristiche legate proprio all’attesa che poteva essere più o meno lunga. I sentimenti ne venivano esaltati per la tensione dell’aspettativa, per la frustrazione della lontananza.
In una corrispondenza via e-mail l’uso del tempo è diverso. Il tempo per far giungere il messaggio può essere quello reale e l’ansia dell’attesa della risposta può bruciarsi nel giro di qualche secondo o di poche ore.
L’intensità di comunicazione che si stabilisce fra i due partner è da porre  in relazione alla diversità dei ritmi temporali.
L’amore che si stabilisce fra Tayeb ed Elena  non viene supportato da connotazioni fisiche. Nella relazione elettronica non si scambiano informazioni sul fisico. L’amore  si sviluppa per   consonanze culturali e per supposte affinità di interessi e di visione della vita. Sembra di trovarsi di fronte a un amore ideale,   platonico che per   sopravvivere ha bisogno di non essere mai toccato dalla fisicità e quand’anche ciò avvenisse, è la sfera sessuale che deve essere evitata perché diversamente la tensione si esaurisce e quel tipo di amore scompare.  Il coinvolgimento fisico non può che fermarsi agli occhi, al viso, alle mani: parti che possono ancora essere  idealizzabili.
Un aneddoto su Petrarca racconta che il grande poeta toscano abbia avuto licenza dal Papa di poter sposare Laura, la sua donna del cuore e che l’abbia rifiutata.  Egli sapeva molto bene che l’amore idealizzato sfiorisce quando diventa troppo fisico o quando si entra nella sfera sessuale.
In una coppia di e-mail Tayeb e Elena si  spiegano l’affinità semantica fra habibati (amore mio) e habitat; l’amore non può che essere una abitazione nell’altro e dell’altro. Rimane però solo una riflessione perché ….
Oltre alla storia-cornice  ci sono nel volume  tanti racconti che l’autore ci ripropone raccolti in questo testo.
Gli scritti di Tahar Lamri   si dirigono generalmente su due piani.
Un primo testo importante,  il pellegrinaggio della voce,  fa da  supporto a una pièce teatrale molto efficace, ove lo scrittore algerino mette a fuoco la sua capacità di novello cantastorie  quasi a riproporre quanto è insito nella profonda cultura italiana, soprattutto dei secoli passati,  riscoperta in tutta la vivacità comica dal premio Nobel Dario Fo.
E’   questo aspetto  che Tahar Lamri    si diletta a mostrare nelle sue rappresentazioni, dimostrando la sua padronanza  nell’uso sciolto e spedito  delle varie lingue locali. Tanto più sorprendente in quanto la sua lingua materna è l’arabo e la lingua italiana l’ha appresa da adulto in Italia. Che uno straniero possa esprimersi con tale libertà ed agilità linguistica stupisce oltre che meravigliare e suscita anche invidia.
Ma non è solo sul piano della lingua che il testo sorprende. Intanto il moderno cantastorie è diventato globale, perché al di là delle lingue, le storie degli uomini che soffrono sono uguali in tutte le parti del mondo. E’ un percorso che va dal Nord al Sud, cioè un percorso all’inverso di quello solitamente compiuto, oggi, dai diseredati. Il testo di Lamri diventa un invito a superare i sospetti, le diffidenze che le diversità delle lingue possono veicolare. Inoltre si offre la possibilità di ritrovare una funzione sociale ed educativa oltre che spettacolare della parola fascinosa che si ripropone come valore di comunicazione e di verità.
E’ un testo, insomma,  in cui è esaltata la funzione orale del racconto.
Un secondo gruppo di scritti, numerosi e non meno importanti,   riguarda la risposta all’urgenza di eventi drammatici   oppure alla simultanea percezione  di contrasti e di storture rispetto a valori umani consolidati.  In genere sono testi brevi ma significativi.
Lo scrittore algerino sembra insofferente nei riguardi delle ingiustizie e della disattenzione nei confronti dell’uomo e dei suoi bisogni. Attraverso i suoi scritti egli continua a richiamare la necessità di andare oltre  le forme per capire il dolore degli uomini al fine di alleviarlo.
E’ importante, nella riflessione sul valore della laicità, un  lungo racconto dal titolo l’henne’.  La genesi inventiva è da rapportarsi alla   necessità   di trovare   soluzioni che aggirino la interpretazione, in questo caso del Corano, ma in genere di ogni norma religiosa ,   che costituisca un legame alla espressione dei sentimenti e allo sviluppo umano della vita.  Ciò che emerge dalla lettura è una sorta di contraddizione presente nel carattere del personaggio maschile Ahmed. Inizialmente viene presentato violento, iroso, tale da suscitare immediato biasimo da parte del lettore nei suoi confronti. Man mano Ahmed rivela invece il suo vero carattere; è  remissivo, ragionevole, ama le persone:  è tutt’altro che violento ed iroso. E’ una contraddizione apparentemente inspiegabile, ma  necessitata dall’atto generativo del racconto.
Il racconto è divertente,  “bonario” e nel medesimo tempo tende a mettere in risalto  il valore per l’uomo di  essere libero e di sapersi liberare perché sa usare l’intelligenza, facoltà che Dio gli ha messo a disposizione, per aggirare le rigidità che i “sacerdoti di Dio” hanno posto sulla naturale espressione della felicità umana.

14-03-2006

 

 

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".