Donato Ndongo Bidyogo
Il metrò
Goree 2010
La redazione
“Il metrò” di Donato Ndongo Bidyogo, edizioni Gorée, è la prima opera uscita in Italia di un autore della Guinea Equatoriale. Tra gli ultimi paesi a raggiungere l’indipendenza e unica colonia spagnola dell’Africa, la Guinea Equatoriale rappresenta un caso a sé nel contesto delle post-indipendenze africane, sia dal punto di vista politico che da quello culturale. Le due dittature che si sono succedute al governo del paese – di cui l’ultima vige ancora oggi ed è annoverata tra le 10 peggiori del mondo -hanno ferito e dissezionato il naturale e graduale processo di autodeterminazione culturale, fagocitando e silenziado in sé tutte le potenzialità che normalmente sprigiona un percorso di democratizzazione. Si stimano in quasi 15.000, su un totale di circa 600.000 abitanti, gli equatoguineani esiliati politici in Europa e negli Stati Uniti, insieme protagonisti e vittime di una diaspora che ha sacrificato le migliori energie intellettuali, privando il paese del traino verso lo sviluppo.
La letteratura, va da sé, ha subito contraccolpi durissimi, cominciando a prendere coscienza delle proprie possibilità di strutturarsi solo a metà degli anni ’80; paradossalmente però – o anche per questo? – ne è emersa irrobustita e contraddistinta da grande originalità nell’esplorazione del significato del proprio essere nero.
E proprio all’opera di Donato Ndongo Bidyogo, uno dei maggiori intellettuali equatoguineani, si deve la prima antologizzazione della giovane e feconda letteratura del suo paese, che ufficializza e rende consapevole tutto un popolo della scrittura come segno di identità culturale nazionale.
In questa cornice si inserisce “Il metrò”, ultimo romanzo di Donato Ndongo, forse il più maturo dal punto di vista storico e stilistico. Il protagonista, Lambert Obama Ondo, contadino analfabeta dell’entroterra camerunese, conduce il lettore nella rappresentazione di tutta la sua vita, dalla nascita nel villaggio fino alla stuoia stesa in una metropolitana spagnola. Ma nel racconto di questo segmento di vita, paradigmatico dei milioni di altre vite che quotidianamente approdano sulle coste occidentali, si condensa il primo tratto peculiare: una storia che, proprio in quanto narrata nella sua interezza, diventa una vera e propria particella di Storia. Ci racconta la poligamia e la spiritualità, i riti tribali e la negromanzia, la contaminazione cattolica e l’animismo, il ruolo della donna e la medicina ancestrale; e poi il viaggio e l’approdo, la connivenza dell’occidente con il malato sistema dittatoriale dei paesi africani, il lavoro nero e la tormentata integrazione; è così che Lambert ci induce a comprenderlo, a immedesimarci quasi simbioticamente nella graduale spersonalizzazione, nel dramma della radice culturale che si spezza senza potersi aggrappare a quella che gli hanno imposto. Il nero che esce dallo stereotipo, il nero che da immigrato anonimo diventa persona con un passato.
Il metrò chiede molto a noi lettori occidentali: ci chiede di guardare a quel passato e accettare finalmente di conoscerlo, renderci consapevoli delle nostre responsabilità – pur involontarie e indotte – nella lacerazione del legame tra il nero e la sua radice.
Nel romanzo non c’è neppure un dialogo diretto: e soprattutto nella prima parte – relativa allo scorrere della vita tribale – questo è l’autentico tributo alla tradizione orale millenaria. Lungi dall’appesantire la narrazione, questo aspetto accompagna il lettore a scoprire la dimensione quasi epica del raccontare, come se stesse dialogando con un immaginario interlocutore che davvero volesse raccontargli una storia.
Nella seconda parte del romanzo, quella dell’esodo e dell’approdo, il racconto cambia abilmente registro narrativo assumendo un linguaggio piano, raccolto e quasi guardingo, metaforizzando in certo senso lo stupore del protagonista nella necessità istintiva di guardarsi le spalle a ogni passo nella nuova vita.
La pubblicazione in Italia, per la prima volta, di un autore in lingua spagnola della Guinea Equatoriale, ha lo scopo di aprire un altro piccolo varco nel silenzio steso su quel piccolo, ricco e martoriato paese.
15-03-2013