Recensioni

Il tempo dalla mia parte

Mohamed Ba
Il tempo dalla mia parte
San Paolo, 2013, pp. 137  €  12,00

raffaele taddeo

Il romanzo di Mohamed Ba si muove su canoni letterari diversi da un’estetica europeo-occidentali, per cui la struttura, la tensione, la finalizzazione  sono elementi stranianti rispetto a come si imposterebbe un testo letterario europeo.

Vediamo alcuni aspetti significativi del romanzo in questione. Intanto presenti, specie nella prima parte, sono gli aspetti relativi all’animismo. Il rapporto tra vivi e spiriti pone le condizioni di vita e di sopravvivenza di un’intera comunità. La vita, i rapporti fra le persone sono determinati da come gli spiriti si esprimono, dicono.  Esiste quasi una dipendenza della comunità vivente da coloro che sono passati ad altra vita. Nel territorio di Olof, che sta soffrendo da molto tempo di enorme siccità, gli abitanti devono Interpellare gli spiriti per risolvere i problemi dell’oggi ed è importante  avvertire, interpretare  i messaggi che dall’altro mondo arrivano;  è di primaria importanza. Nella seconda parte viene a mancare questo elemento, anche perché lo spazio è diverso.  Si opera una conciliazione rispetto ad una cultura che si basa tutta sul commercio con l’aldilà. La sintesi è il riconoscimento del valore della tradizione e della memoria nella cultura italiana, occidentale.

1)      Quando il protagonista arriva ad Agrigento e ne scopre le meraviglie architettoniche, si sofferma su un tempio “dedicato ad un dio antico che, nonostante nessuno venerasse più da secoli, restava a sorvegliare tutti i cittadini”. Il protagonista ha animato il luogo, il dio facendolo diventare un protettore, una sorta di spirito.

2)      Ma anche quando vede il duomo di Milano si esprime in questo modo: “Avevo davanti a me il grande duomo, il baobab di Milano: quella pesante eredità che cercava di dettare a tutti i suoi figli il modo migliore di agire in armonia con i suoi santi valori, umani e propiziatori”. Anche il duomo viene animato perché è il baobab di Milano, è la sede degli spiriti della città, ed è attraverso questo spazio  che si stabilisce il rapporto fra la comunità e l’aldilà.

3)      Nel territorio italiano dove l’arte, l’architettura sono gli elementi più forti del rapporto fra passato e presente gli elementi artistici diventano la sede di suggerimenti morali, di direzione etica, proprio come il baobab in Africa, sede degli spiriti è anche sede di riferimento morale ed etico. Un comandamento del decalogo, che viene posto al termine del romanzo, è il seguente: “onora la memoria della tua città e raccontala ai nuovi compagni che vengono da terre lontane”. L’arte, l’architettura diventa la sede della memoria e proprio perciò il baobab nell’occidente.

 Un secondo aspetto che bisogna prendere in considerazione è quello relativo alla forte tensione finalistica del romanzo, nel senso che si vuole esprimere un messaggio, si vuole dire qualcosa che debba e possa servire. Il romanzo vuol significare qualcosa di esemplare. Sotto questo aspetto il testo di Mohamed Ba marca una forte differenza rispetto alla letteratura di stampo europeo, nel senso che quest’ultima si costruisce a partire dal disinteresse rispetto a insegnamenti da offrire. Fare letteratura, nel nostro gusto europeo oggi, deve partire da un  godimento dello scrivere, dalla ricerca degli aspetti formali, non dall’intento di dare suggerimenti  morali  o di comportamento di vita, perché ipotizziamo che sia la vita stessa ad insegnare e questa cerchiamo di trasportare nella narrazione. Il romanzo di Mohamed Ba si pone su altra strada perché è tutto teso e preoccupato a che si possa comprendere fino in fondo il messaggio etico morale che vuole trasmettere. La stessa storia è essenzialmente  simbolica, poco realistica, perché appare immediatamente strano che questa tribù debba affidare la propria sopravvivenza al ritrovamento di un tamburo trafugato da un bianco, ritrovamento affidato un neonato, Biran, che potrà mettersi a cercarlo solo dopo aver raggiunto la maturità, quindi dopo 20 anni circa, e quando di questi si perdono le tracce, la comunità dopo 10 anni affida ad un altro il compito di rintracciare il primo inviato per poter recuperare il tamburo. E’ certamente tutta una narrazione incentrata su valori simbolici. Lo è la siccità, il tamburo trafugato, lo sono  i vari viaggi. Sotto questo aspetto Mohamed Ba si accosta al canone letterario africano, a testi come quelli di Al-Tayyb Salih (La stagione della migrazione al Nord)o di Cheikh Hamidou Kane (L’ambigua avventura)

Diventa importante a questo punto cercare di comprendere qual è il messaggio che il testo vuole consegnare.  Un passo è fondamentale a tale scopo e cioè quando il protagonista pensa alle possibili azioni di Biran: “Nella mia mente si muoveva tra uomini e donne, cercando un contatto, una vicinanza, un’amicizia. Un’intesa. Biran era un dito pronto a battere sulla pelle del tamburo il suo ritmo, con la dannata convinzione che quel battito sarebbe stato mille volte più bello se fosse riuscito a coinvolgere un secondo dito. E un terzo, un quarto. Fino a formare una musica, in cui ciascuno suona la sua parte, ma tutti insieme si crea il battito della vita.”

Ciò che appare fondamentale è la capacità di aprirsi, comprendere gli altri, le altre culture e insieme tracciare la vita, lo sorte dell’umanità. L’attuale apertura deve andare oltre gli odi, le rivendicazioni, le diffidenze, perché col loro superamento sarà possibile incamminarsi verso una società tollerante e pacifica, ove nel suonare il tamburo della vita ciascuno farà la sua parte.

Ma per arrivare a questa maturazione sono necessari passaggi di apprendimento, che prevedono l’esperienza di diversi stati di vita da quella più emarginante a quella più consapevole. Per passare dalla condizione di “vu’ cumprà” a quella di “vu’ pensà”, occorre prima essere “una scarpa” per poi diventare “un cappello”.

Nel processo di crescita è necessario riuscire a cogliere la sofferenza degli altri ed è così che il protagonista nel suo peregrinare desidera arrivare a Lampedusa e qui alla vista del mare tante voci gli si rivolgono, si aprono, perché possa capire fino in fondo cosa sia il migrare, cosa comporti una scelta di questo genere, che cosa sia la sofferenza degli uomini e fino a dove può  arrivare la degradazione umana. Egli sente le voci di tante persone che gli rivelano la loro esperienza, la loro storia di naufragio e morte.

Il libro si chiude con una sorta di nuovo decalogo da coniugarsi in questo processo contemporaneo di rimescolamento dei popoli e delle culture.

  7 Giugno 2014

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".