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Ram Krishna Singh: la definizione dell’io nella corporeità poetica della parola

Nel grembo di un’ispirazione ha origine la forza poetica dell’autore indiano Ram Krishna Singh, la cui arte alimenta un percorso di definizione e palingenesi dell’io.

Il seme della creazione germoglia gradualmente sul terreno di un sentire umano dall’estrema delicatezza ricettiva, le cui percezioni palpitano nella corporeità d’espressione che le sostiene e le esibisce. Ram Krishna Singh matura nel tempo, in poesia, un senso capace di lasciarsi sfiorare dai connotati del suo stesso essere uomo a confronto con la variabilità degli stimoli esterni. La volontà di rendersi ente naturale, come risaia nel vento, fa sì che la gradevolezza dell’immedesimazione sensoriale che ne deriva incontri a ogni modo le mutevoli sfumature dell’individuo, al momento del confronto con la società.

Le esperienze e le consuetudini che scandiscono la normale esistenza, portando a un rischio di consunzione dello spirito vitale generatore di versi, abbisognano di una forma di rinascita proprio nella naturale evocazione di un linguaggio liberatore. Le presenze che circondano l’io, avvertite come lontane, sollecitano un’ansia spontanea di riscoperta del sé, ricorrendo al potere di un lessico reiterato nei suoi elementi più intimi. Con l’intento di spogliarsi del guscio affannoso della vita, l’autore si veste del corpo della poesia, affidando a questo strumento la salvezza di un’identità in evoluzione.

Un passato in bilico tra l’oblìo e il ricordo fa da sfondo al profilarsi di un canto in cui cresce una fascinazione poetica dalle note frenetiche e appassionate. Esse si rivelano, tuttavia, portatrici del ritmo eterno di una placata serenità che attenua il delirio di fuoco della mente, dove sono sedimentate le luci e le ombre delle emozioni che essa concepisce.

La fusione di tale sensibilità con la tangibilità della parola in atto arriva a pervadere la notte, sovverte quel persistere nell’oscurità perenne, delineando nuove occasioni di apertura all’altro e all’altrove. Come un’aquila in volo, il poeta attraversa apparizioni spettrali: si rivela in tal modo abile nel trasformare i sogni artistici ed esistenziali, avviluppati nel fango degli incubi, in liriche inattese, in creta nuova plasmate.

L’accostarsi alla stagione rinnovata della poesia introduce, nella materialità dell’immaginario di Ram Krishna Singh, istintive visioni di riconciliazione con le figure amate. L’autore è difatti in grado di assaporare una sensazione di libertà personale e creativa nel rapimento dello sguardo materno, dalla cui vicinanza si sprigiona un sentimento di amorevole misericordia verso il prossimo. L’incontro ideale e risanatore con la madre innesca di conseguenza il bisogno di rinsaldare, con una simbolica figura femminile, quell’unità originaria, matrice di un’inclinazione artistica primigenia. Un ritorno all’unità archetipica che assurge alla sfera del divino nel riferimento all’incontro tra shiva e shakti, adottati come termini di comparazione per designare tale rapporto. Principi assoluti e perpetui che, in quanto controparte l’una dell’altra, si fondono in un’indissolubile sinergia. Shiva rappresenta, in tal senso, un movimento centrifugo immutabile per mezzo del quale ogni forma vivente si dissolve nell’infinita magnificenza della divinità, oltre la concretezza del reale. L’esistenza trae, inoltre, da questo principio una risorsa allo stesso tempo vitale e distruttiva, così da giungere alla cognizione di se stessa. Shakti incarna, invece, la pulsione energetica che completa l’altra; avente come centro propulsore Shiva, essa è depositaria del mistero dell’essere, dell’essenza elusiva della realtà, grazie a cui si incarna la bellezza del dinamismo creativo del mondo, fondamento di una ricerca di gioia universale.

Il percorso di beatitudine perseguito scaturisce dall’effluvio emanato dall’involucro poetico di Ram Krishna Singh, a cui l’io, modellato nella corporeità di quella medesima parola, affida le sue riflessioni sul divenire umano e sul protendersi verso atmosfere d’accennata associazione nella valle della pace.   

L'autore

Angela Caputo

Angela Caputo è nata nel 1985 a Bari. Ha conseguito la laurea triennale in Scienze della Mediazione Linguistica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici “Carlo Bo” (Bari) e la laurea specialistica con
lode in Lingue e Culture Europee e Americane presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Nel corso dell’ anno accademico 2012/2013, ha frequentato il Master di II livello in Traduzione di Testi Postcoloniali in Lingua inglese presso l’Università degli Studi di Pisa, durante il tirocinio del quale, sotto la guida del Prof. Andrea Sirotti, è stata impegnata nella stesura di saggi critici e di commenti bio-bibliografici per le riviste “Soglie” ed “El Ghibli”. È stata inoltre impegnata nella stesura di un saggio critico per la rivista di poesia comparata “Semicerchio”. Durante l’anno accademico 2014-2015, è risultata vincitrice del corso di tirocinio formativo attivo Tfa II ciclo (corso di abilitazione all’insegnamento per la scuola secondaria di primo e secondo grado) per le classi di concorso Lingua e civiltà straniera inglese e Lingua e civiltà straniera francese presso l’Università degli Studi di Bari
“Aldo Moro” . È attualmente abilitata con la massima votazione per la classe di concorso Lingua e civiltà straniera francese. È docente di ruolo di lingua francese presso l’Istituto Comprensivo “Ilaria Alpi” di Vicopisano (PI).

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