SELINA TUSITALA MARSH: NEGLI SPAZI IDENTITARI DELLA POESIA SAMOANA IN VIAGGIO
Ia Manuia le malaga – blessings for your journey: a conclusione di un prolifico scambio di idee, Selina Tusitala Marsh fa dono di un saluto toccante, inteso come chiave imprescindibile per accedere alla sua opera. Poetessa di origini samoane, tuvaluane, scozzesi, inglesi e francesi nonché Professore di Letteratura Neozelandese e del Pacifico presso la Auckland University, Selina Tusitala Marsh ama condividere il suo universo in poesia, accompagnando i lettori in un viaggio emblematico in terre lontane, brulicanti dei simboli della storia insita in molti dei suoi abitanti.
L’autrice comincia col presentare l’identità composita degli “Afakasi”, ricostituendola nelle membra dell’ambiente fatto suo e degli elementi che lo caratterizzano. I cosiddetti “Afakasi” uniscono, nella loro persona, discendenza samoana e origine palagi; quest’ultimo termine, proprio alla cultura samoana, designa gli stranieri, soprattutto gli europei e in generale gli occidentali, o comunque quanto non strettamente appartenente al retaggio delle suddette isole. L’incerta etimologia della parola è riconducibile alla radice polinesiana “pa” dal significato di portale e alla desinenza “lagi”, riferita all’idea del cielo. Si pensa che il composto alluda a quella che fu la prima reazione dei polinesiani dinanzi all’arrivo dei missionari europei, visti quasi come intermediari celesti e ritenuti di aver aperto un passaggio tra le due realtà distinte. Altre interpretazioni etimologiche sono, invece, legate alle prime armi introdotte dai conquistatori occidentali in questi luoghi. Nascere “Afakasi” implica inevitabilmente farsi carico di una duplice eredità, accordandola all’accettazione di sfumature comportamentali nell’ambito dell’individualità assunta. Il sentimento di discriminazione, alienazione ed isolamento provato convive con la presa di coscienza del proprio stato altro e della duplicità e versatilità etnica e culturale ad esso sotteso e di conseguenza attingibile. Forte del potere dello Spoken Word, Selina Tusitala Marsh incastra la dualità dell’origine “Afakasi” con i molteplici aspetti della realtà samoana, rendendola in tal modo spazio poetico per eccellenza dell’identità in formazione. La poesia penetra i dettagli di tale corporeità in trasformazione, lasciandola scivolare tra le rive del mare, lungo una barriera di corallo al fine di rafforzare, nonostante la camaleontica e frastagliata condizione d’appartenenza, un rinnovato rapporto con la terra, valorizzato come un filare di diamanti sul verde. Forze opposte, ma complementari, che emergono nel singolo attraverso il paragone con l’unione di ying e yang: alla base della filosofia cinese, entrambi i concetti sono concepiti come parti integrate di un sistema dinamico che trova, nel nuovo tutto costituito, un vigore più grande di quello generato dai singoli elementi separati. Una nocca unita a un’altra nocca per rinsaldare un legame di sangue nel tempo, come nella spirale di una lacrima su un ramoscello da cui proviene il battito di un’ala in volo verso l’introiezione della sua storia.
Selina Tusitala Marsh scandisce e immortala in poesia la vita che ruota attorno alle Samoa, suo centro sacro, oltrepassandolo. Il termine di origine samoana “Tusitala”, dal significato di “narratore di storie”, venne attribuito dal popolo di queste isole allo scrittore Robert Louis Stevenson che trascorse a Upolu, la maggiore delle due, gli ultimi anni della sua esistenza, per poi essere così sepolto sul monte Vaea. Approdo a una storia di colonizzazione in uno spazio di passata conquista che dal silenzio affiora nella creatività di un suono nuovo, richiamo collettivo, preposto a dare rinomanza a uno spirito concepito di terra, nato lontano, ma pronto a percorrere una via più ampia nella parola della Marsh.
Scoperte nel 1722 dall’olandese Roggeveen e ritrovate nel 1728 dal navigatore francese Luigi Antonio de Bougainville, le isole Samoa furono ribattezzate isole dei navigatori e in seguito sottoposte a un lungo processo di cristianizzazione. Se l’arrivo degli europei e degli americani risale al 1870, fu il trattato di Berlino del 1889 a confermare il protettorato occidentale sulle isole e un successivo trattato del 1899 a sancire una nuova divisione in modo che agli Stati Uniti spettasse la parte orientale e alla Germania la parte occidentale del territorio. La proclamazione dell’indipendenza delle Samoa occidentali nel 1962 fu seguita dalla promulgazione della Costituzione e dall’elezione di un Capo di Stato e di un’Assemblea Legislativa cui si accompagnarono nel tempo e fino ai giorni nostri una serie di vicissitudini politiche, economiche e ambientali.
Selina Tusitala Marsh scaglia il manto del passato samoano sulle acque di una riflessione condivisa nello spazio innovatore della poesia odierna, dove anche Bruttezza citata dal poeta, pittore e filosofo Khalil Gibran prova pentimento e rinuncia al travestimento, restituendo a Bellezza il mantello sottrattole.
L’autrice si lascia guidare giù attraverso le dita, sin dentro le vene, dal cosiddetto “matariki” che in lingua maori assume duplice significato: nome attribuito alle Pleiadi o alla stella centrale di questo gruppo come al periodo, tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, del loro primo apparire, sotto un cielo che Dio sembra cospargere di sale. Stagione ottimale per preparare il terreno per l’anno a venire e istruire i giovani al culto della terra e alla cura dei suoi frutti.
Selina Tusitala Marsh definisce lo spazio della sua opera sin dai più piccoli dettagli corporei per accogliere gli indizi salienti dell’identità del mondo samoano compattato in poesia. Una realtà che si offre ai lettori attraverso un viaggio di mutuo scambio, proiettato alla riflessione sul valore eterogeneo di quello stesso universo lontano.