Irene Chias
Sono ateo e ti amo
Elliot 2010
raffaele taddeo
Tre episodi, più che un romanzo, con tre donne diverse, con caratteri diversi, con sentimenti diversi.
Questi tre episodi, proprio come i film a episodî, che si compongono di più racconti o azioni staccate, seguendo un filo conduttore o svolgendo un generico tema comune, sono unificati da alcuni aspetti unitari di fondo, che più che tematiche, riguardano il gender, l’aspetto femminile, la sua espressione psicologica, il suo modo di essere e di agire in confronto a tre situazioni differenti.
Un primo personaggio, Ulna, incerta, alla ricerca della sua espressione sentimentale e lavorativa, che non trova perché il mondo palermitano è un luogo vuoto di attività, ove la creatività, la professionalità non viene riconosciuta, ove si trova lavoro solo ad essere sottopagati o non pagati per nulla. Ma anche il mondo maschile è arrogante e alla ricerca solo della facile avventura con l’idea che tutte le donne stiano ad aspettare i maschi e siano disposte a sottoporsi a tutte le stravaganze sessuali che loro desiderano o sognano.
Emergono gli aspetti della precarietà lavorativa giovanile specie nel mezzogiorno d’Italia ove le forze più vive vanno orgogliosamente e sdegnosamente via, in contrapposizione a coloro che invece restano e che si sentono legati a questo territorio. Il dualismo “siciliani pesci di scoglio e siciliani pesci di mare aperto” sembra un elemento basilare della sicilianità. E’ certamente passato più di un secolo da quando Verga predicava l’ideale dell’ostrica come elemento costitutivo del sentire l’appartenenza a una comunità insulare come quella siciliana. Ma la persistenza di quest’aspetto culturale, in tutte le sue espressioni è testimoniato dal sentire di Ulna la quale può alla fin fine dire: “tutti si piazzano più o meno comodamente o più o meno orgogliosamente in una di queste categorie. Certo, ci sono quelli di mare aperto che non nascondono un’accorata nostalgia dello scoglio. E quelli di scoglio che si lamentano dello scoglio. Quasi tutti però hanno fatto una scelta, ad un certo punto della loro vita. Ma se c’è un pesce che periodicamente torna a deporre le uova sullo scoglio, quel pesce sono io”. Ma forse non solo Ulna direbbe così ma ciascun pesce che è costretto a scegliere il mare aperto.
Se il moderno ha appena toccato la cultura e la vita del siciliano così che si possa desiderare che uno dica “sono ateo e ti amo”, il postmoderno lo sta riportando alla dimensione verghiana perché anche in quel caso uova non ne nascevano ma guai ad allontanarsi dallo scoglio.
La figura di Adele è diversa. Anche lei siciliana, ma ormai da qualche tempo in Francia a Lione, dove lavora. Il caso funesto della morte della nonna la porta ad un viaggio sostitutivo del rientro in Sicilia per il funerale.
Si tratta del tentativo di superare la “morte”, la noia di una routine di vita impiegatizia e sperimentare fino in fondo i suoi sentimenti nei confronti di un giovane che l’aveva corteggiata anche gelosamente quand’era ancora studente all’Università, “era venuto apposta da Ginevra per vedermi e c’era rimasto male per il fatto che avessi invitato tutti quegli amici”. Con Jean-Pierre, che continua a corteggiarla, forse solo per fare sesso con lei perché ormai ha anche un’altra storia, Adele rimane sempre fredda e lo respinge più volte.
Se qualche barlume di possibilità di vita sentimentale era possibile prima, ora dopo averlo rivisto, essere stata con lui qualche tempo anche questa possibilità è morta.
Il viaggio metaforicamente è l’elaborazione della morte della nonna, ma non attraverso una nuova vita ma nella riconferma della morte.
Se la figura di Adele è collocata nel bivio dell’incertezza dell’incapacità di cogliere i propri sentimenti, di vederli chiari, la figura di Jean-Pierre è quella di una uomo sbiadito, rispettoso, ma poco incline a mettere a nudo e a fuoco i suoi sentimenti; è un uomo senza personalità e forse falso.
Se il precedente episodio si colloca fra la modernità e la postmodernità, questo secondo episodio pone al centro la crisi delle generazioni di mezzo, cioè quelle che vanno dai trent’anni ai quarant’anni che non sanno più che cosa sono, quali sono i loro valori, e forse continuano a elaborare lutti su lutti.
Il titolo di un capitolo dell’episodio è elemento chiave del senso di tutto l’episodio e della generazione che si vuole descrivere: “ipnopenia”.
Infine abbiamo la terza figura Elena, che decide di rimanere vicino alla zia ormai in fin di vita. In effetti in questo caso più che di Elena si parla di Delia, la zia che ha preso cura di lei e di sua sorella Agata dopo che la madre, Diana, sorella di Delia, era morta a causa di un incidente.
Elena rivive momenti della sua giovinezza, di quando andava a scuola, dei compagni e compagne, del clima dei parenti, del suo rifugiarsi, in fondo, alla consapevolezza e alla protezione della zia che ancora in punto di morte riesce ad intervenire a risolverle un problema di ordine fiscale.
L’organizzazione formale dei tre episodi avviene attraverso brevi capitoli non necessariamente sequenziali né sul piano cronologico né sul piano logico, ma spesso per ricordi.
Qua e la avviene l’immissione di altra lingua, ora del dialetto siciliano, ora dello spagnolo.
La lettura è lineare e spesso intricante.
12-07-2010