I D scuola media Cassinis

El-ghibli Riguarda Niguarda e i ragazzi delle scuole: come crescere imparando a raccontarsi.

Durante l’anno scolastico 2013/2014 la nostra rivista è  intervenuta nel progetto Riguarda Niguarda a fianco della Cooperativa sociale Pandora, cooperativa milanese radicata nel quartiere periferico di Niguarda. Pandora, nata nel 1996 come cooperativa interculturale (Pap Khouma e Moussa Saidou Ba erano tra i membri fondatori), si occupa da sempre di agevolare lo scambio tra culture differenti e l’integrazione tra persone di ogni provenienza valorizzando la diversità quale aspetto positivo ed arricchente per ciascuno. Interviene nelle scuole di ogni ordine e grado accompagnando i giovani nei loro percorsi di crescita e nel diventare cittadini attivi, consapevoli e partecipi. Il progetto Riguarda Niguarda, finanziato dalla Fondazione Cariplo, si occupa di ‘coesione sociale’ con l’intento di supportare e finanziare azioni che aiutino il dialogo tra giovani, adulti, cittadini italiani ed immigrati. Per il triennio 2013-2016 il progetto si concentra proprio sul quartiere di Niguarda, periferia milanese in grande evoluzione sociale e culturale. Da oltre 10 anni questo territorio è interessato da un profondo mutamento che coinvolge i suoi abitanti: accanto ai niguardesi storici, prevalentemente anziani, si sono aggiunti molti nuovi cittadini provenienti da altre città italiane e soprattutto dall’estero. Niguarda è tra i quartieri milanesi a maggior tasso migratorio che ad oggi affronta, anche a scuola, le dinamiche legate alle differenze culturali. Niguarda fu un anno fa il teatro di uno degli episodi più drammatici dei rapporti immigrati e italiani , quando Kabobo, un africano che ha perso il senno, uccise tre persone innocenti. Gli abitanti del quartiere di Niguarda seppero reagire con sangue freddo, pur con la presenza delle sirene razziste di alcuni movimenti politici.  Tra l’altro i bambini e i giovani adolescenti sono le persone più fragili che vengono coinvolte dai processi migratori: spesso non sono loro ad aver scelto di allontanarsi da tutto ciò che conoscevano ma affrontano comunque la sfida dell’inserimento in una cultura, una lingua, una scuola e un ‘mondo’ diverso. In questa difficile condizione sono in molti ad essere a rischio di abbandono scolastico e, ancor peggio, di deriva culturale e sociale. In questo contesto particolare, si è deciso di proporre l’autobiografia come attività per i giovani, partendo dal presupposto che la conoscenza reciproca è un utile strumento di confronto e rielaborazione dei conflitti.  I primi laboratori di scrittura si sono tenuti quest’anno nella scuola media Cassinis, di Niguarda. Sono stati coinvolti più di 70 adolescenti dai 10 ai 13 anni:

–          la classe 1° D accompagnata dalla professoressa Angela Giroletti

–          la classe 2° E accompagnata dalla professoressa Cinzia Cirillo

–          la classe 3° B accompagnata dalla professoressa Simona Bacci.

Quest’anno, El-ghibli, con Pap Khouma, ha partecipato ai percorsi di coesione nelle periferie urbane a partire proprio da questi giovani alunni ritenendo che la scuola sia fotografia della società che cambia in chiave multietnica, sia ‘luogo’ di formazione della società futura. Il progetto Riguarda Niguarda è triennale e gli ideatori vorrebbero chiamare altri scrittori per animare i futuri laboratori. Per questi ragazzi, scrivere è una vera occasione di emancipazione, crescita, conoscenza di sé e degli altri, quindi un investimento sia sul dialogo multiculturale che sulla cultura in senso più lato. Inoltre, imparando ad usare le parole e a metterle nero su bianco, si lavora alla propria identità personale e, quindi, collettiva. Ne sono usciti molti racconti autobiografici che, al di là del valore letterario, descrivono  le sfide della giovanissima generazione di oggi, in un territorio in evoluzione e sempre più multiculturale. Alla fine sono stati scelti quattro testi collettivi. E senza pretendere dei  “prodotti letterari”,   questi testi vengono pubblicati per il valore che ha avuto l’esperienza dei laboratori e l’impegno di tutti gli adolescenti.

Dal prossimo anno, sempre con la collaborazione di El-ghibli, anche ragazzi dai 13 ai 20 anni italiani e stranieri del contesto extra-scolastico -giovani maggiormente a rischio perché spesso fuori dalle scuole e non ancora inseriti nel mondo del lavoro- saranno chiamati a partecipare. Si tratta spesso di persone con percorsi di vita non semplici …. Chissà che la scrittura non sia anche per loro davvero l’occasione di svolta.

Sarà fondamentale la collaborazione di scrittori della migrazione o di altre orizzonti.

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L’ultimo giorno alla “Cassinis”

A cura di Irene, Gulia, Davide, Amedeo

 Era un Venerdì di Dicembre. Quella mattina mi sentivo diverso, ma non sapevo il perché. Giunto all’ingresso, vedendo quell’edificio vissuto, mi venivano in mente i momenti più belli, i momenti importanti, quelli delle grandi emozioni: il primo giorno di scuola, la prima interrogazione, il primo voto sul libretto scolastico, gli intervalli chiassosi, la festa di Natale. Quei ricordi li avrei sempre tenuti con me, anche se il resto delle medie l’avrei vissuto in un ambiente diverso.

Sono entrato in classe, la mia classe, e mi sono seduto. Tutti ci siamo seduti. Ho tirato fuori i quaderni. Tutti abbiamo tirato fuori i quaderni. Ma già da diversi giorni avevo un unico pensiero; tutti avevamo un unico pensiero: lasciare una traccia su quelle pareti prima che fossero demolite. La nostra fantasia si è scatenata e quei muri anonimi si sono animati di disegni e colori. Dopo aver scritto sui muri mi sentivo leggero, come una nuvola bianca.

All’uscita l’atrio che poche ora prima si presentava come tutti gli altri giorni aveva cambiato aspetto: libri ammonticchiati, banchi, sedie accatastate, strumenti di laboratorio, tutto quello che apparteneva alla scuola.

Io e i miei compagni eravamo euforici all’idea che quello fosse l’ultimo giorno prima delle vacanze di Natale, ma nello stesso tempo ci sentivamo infelici nel lasciare la nostra diroccata ma adorata CASSINIS.

Tutti a teatro

 A cura di Marco, Alyssa, Nour, Luca, Tommaso

 Che bella giornata! Fuori un bel sole, dopo tanti giorni di pioggia. La prima ora è regolare: lezione di matematica. Ma siamo tutti distratti, perché dobbiamo uscire, per andare a teatro. Finalmente suona la campanella. Ci mettiamo in fila, eccitati; scendiamo rumorosamente le scale e ci dirigiamo verso la fermata del tram numero 4. Saliamo civilmente: destinazione largo Greppi, dove si trova il teatro Strehler. Andiamo a vedere l’Odissea.

Ci hanno detto che lo Strehler è un teatro importante, il più importante della città. Noi ci aspettiamo una sala grande, con un palco grande e tante poltrone; ci aspettiamo delle scene imponenti: il mare, le navi, la grotta di Polifemo, la spiaggia dei Feaci; ci aspettiamo tanti personaggi: l’astuto Ulisse, il ciclope, la maga Circe, Nausica, Penelope, Telemaco, i Proci. Niente di tutto questo: la sala è piccola, il palco non esiste, la scena è spoglia e tutto lo spettacolo è affidato a un solo attore, che è anche il regista. Le nostre aspettative si abbassano; non proviamo più molto entusiasmo.

Ma l’attore ci fa ricredere e ci conquista: la nostra attenzione è catturata dalla sua voce che cambia tono ed espressione e dalle battute inaspettate e spiritose. La scenografia è solo un telo, ma quel telo si anima di figure colorate in movimento al suono di una musica piena di ritmo. E per finire, dopo il bacio e l’abbraccio tra i due sposi che si sono ricongiunti, i due profili sullo schermo scompaiono per lasciare il posto a un’altra ombra, che avanza verso di noi e pronuncia una frase di grande effetto: “Se qualcuno vi chiede chi vi ha raccontato questa storia, dite: NESSUNO!”.