Il muro (in)finito

chi su chelu fid in terra
l’haiant serradu puru.”

(ché se il cielo fosse stato sulla terra
anche quello l’avrebbero chiuso)

Melchiorre Murenu

Il ragazzo cammina lungo il muro bianco. Cammina da giorni. Il muro sembra non avere fine. Il ragazzo è solo. Sulla strada di terra e polvere i radi alberi si riempiono di piccole gemme, di verde, di foglie gialle, secche, che cadono lasciando l’albero spoglio. Il sole lascia il posto alle nuvole, alla pioggia. Il sole cede alla luna, il giorno alla notte. E così all’infinito.
Il bianco del muro si screpola, rivela la pietra. Il ragazzo vi poggia la mano, a volte l’orecchio, sperando in un suono, in una voce che non arriva. Riprende il suo cammino sempre più lento, più stanco.
Ora non è più un ragazzo. Se avesse uno specchio comincerebbe a vedere dei fili bianchi fra i suoi capelli, sempre più bianchi. Ma non ci sono specchi. E nessuno che lo guardi.
Qualcuno ha tagliato il mondo, ha negato lo sguardo, il gesto; ha spento i canti, le risa. Tutto è uguale a se stesso, terribilmente vuoto, deserto.
Finito per sempre.