Intanto il tempo

Mia lecomte
Intanto il tempo
La vita felice  2012

Margherita  Rimi

La parola degli oggetti

Paesaggi di oggetti, di atti quotidiani, sono quelli che danno una identità alla casa, alle persone, ai vissuti che in essi si iscrivono; sono questi che ci parlano, sono questi lo spunto per le riflessioni dell’Autrice sull’esistenza. Nella prima parte del libro gli oggetti tracciano come una trama la vita, sono come specchi, riflessi di uomini, di donne e di bambini: «Rotola una palla, costante, e la polvere è viola»(p.19), «Sventolano appena questi panni/i colori della famiglia intera»(p.18). Ma negli oggetti, che hanno una loro vitalità, si coglie anche un senso di abbandono, qualcosa di finito, si riconoscono parti distaccate del proprio sé, forse qualcosa che appartiene già al ricordo. Nella sezione Kloe o l’intermittenza della materia, attraverso la metafora del circo, Mia Lecomte rappresenta acrobati, giocolieri e funamboli, domatori e clown che si confrontano con i loro corpi, con il rischio e gli equilibri, le sospensioni e i precipizi, con il «far ridere». Le loro immagini appaiono poste come in una perenne instabilità tra la vita e la morte, tra la finzione e la realtà, e cosi scrive la poetessa: «un piede sospeso insieme all’altro posato//due città sconosciute/ nell’equilibrio malcerto di stare»(p.44) e ancora: «Le gemelle siamesi/si specchiano oltre il/ profilo perduto»(p.36). Nella rilettura di alcune favole, nell’ultima sezione del libro Della buonanotte vi è la rappresentazione dell’infanzia, delle sue fantasie, delle paure, del sogno che questa porta con sé. È nelle favole, in particolare in alcuni aspetti angoscianti della ri-narrazione, che avviene come un passaggio all’età adulta, e matura così anche il significato della propria infanzia.
Lo stile è discorsivo e diretto, il dettato è essenziale, la punteggiatura ridotta al minimo, e si ravvisa a tratti una venatura malinconica.

Il libro reca una nota critica di Gabriela Fantato e una postfazione di Elio Grasso.

 27-03-2013