Intervista 13. Flavia Capitani
JULIO MONTEIRO MARTINS, IL BRASILIANO DA CUI GLI ITALIANI IMPARANO A SCRIVERE
di Flavia Capitani, in «Il passaporto» – La Repubblica / Kataweb, 22 Luglio 2005)
ROMA – E’ molto soddisfatto ma un po’ affaticato. Il seminario sugli scrittori migranti che organizza ogni anno a Lucca è appena terminato, e Julio Monteiro Martins deve ancora mettere a fuoco gli spunti emersi durante i tre giorni di dibattiti con scrittori e studiosi della letteratura della migrazione: “Sono venuti esperti da Stati Uniti, Germania, Olanda, Irlanda e mi rendo conto che questo fenomeno è sempre più interessante, soprattutto in Italia. In tutti gli altri Paesi, dall’Inghilterra alla Francia, la letteratura migrante è un fenomeno post-coloniale. Qui invece ci sono autori di tutto il mondo che hanno scelto di vivere in Italia e di scrivere in italiano. Si tratta di un fenomeno unico e ricchissimo: alcuni studiosi sostengono che qui oggi esiste il primo vero esempio di letteratura mondiale”.
Julio parla con passione e grande serietà della letteratura. La sua carriera di autore è iniziata in Brasile nel 1975, quando aveva solo vent’anni. Nel suo Paese ha pubblicato nove libri: raccolte di racconti, romanzi e saggi. Nel 1979 ha iniziato il suo “giro del mondo” per insegnare agli altri l’arte della scrittura: “Quando avevo 24, anni sono stato invitato in Iowa per seguire l’International Writing Program. Poi sono andato al Goddard College, nel Vermont, per tenere un corso di scrittura creativa. Sono rimasto lì tre anni: insegnavo agli americani come scrivere in inglese”.
Quando è rientrato in Brasile, Julio ha fondato una casa editrice. Voleva scoprire i nuovi talenti della letteratura brasiliana e ci è riuscito: ha pubblicato più di cinquecento libri e venduto migliaia di copie, ma la terribile inflazione che regnava nel suo Paese all’inizio degli anni Novanta lo ha costretto ad abbandonare l’iniziativa: “Non riuscivamo a sopravvivere perché, anche se i libri avevano molto successo, le librerie non pagavano, o pagavano dopo molto tempo. Quando nel 1994 sono stato invitato dall’Istituto Camões di Lisbona per creare il primo laboratorio di scrittura creativa portoghese sono partito. E lì è iniziata la mia nuova vita, perché ho conosciuto una una ragazza italiana e mi sono innamorato: dopo sei mesi sono venuto in Italia per sposarla”.
Lucca sembra l’approdo definitivo per Julio: adora la città, la considera il luogo ideale per uno scrittore. Quando è arrivato non conosceva una parola d’italiano, oggi nella sua scuola, Sagarana (www.sagarana.net), insegna agli altri come scrivere un racconto o un romanzo in questa lingua: “Le persone che frequentano il mio master sono ragazzi neolaureati che vogliono diventare scrittori o persone con più di 50 anni che hanno sempre avuto questo sogno nel cassetto e a un certo punto della loro vita lo hanno tirato fuori. Molti di loro, dopo il corso, hanno pubblicato dei libri. Credo che, se una persona sa osservare e ha la sensibilità di capire cosa succede nella società, possa sempre acquisire gli strumenti tecnici per indirizzare il suo talento. Io posso aiutarlo a materializzare quella pulsione”.
Ormai Julio parla la sua lingua madre solo durante le lezioni che tiene all’Università di Pisa, dove insegna portoghese e traduzione letteraria. Da quando vive qui scrive solo in italiano. Ha pubblicato due raccolte di racconti, Racconti italiani (Besa, Nardò, 2000) e La passione del vuoto (Besa, Nardò, 2003) e un romanzo, Madrelingua (Besa, Nardò, 2005). I racconti hanno mille spunti, sono fotografie, frammenti, dialoghi con frequenti riferimenti alla realtà italiana e lampi di ironia. La costante ricerca di uno stile e di una nuova forma narrativa ha portato Monteiro a scrivere un romanzo molto originale, in cui l’autore commenta le azioni del protagonista, segue i suoi personaggi senza dar loro un’identità netta e senza fornire molte indicazioni sul loro futuro e la loro vita: “Sono storie aperte, perché il lettore con la sua fantasia deve riempire gli spazi vuoti. Credo sia necessario adeguare la letteratura e le tecniche di narrazione alla sensibilità contemporanea: non si può scrivere esattamente come 50 anni fa. E’ una ricerca che avevo iniziato con i miei primi libri in portoghese, e ho capito nel tempo che posso tradire la mia lingua madre ma non posso tradire la letteratura e la ricerca di una scrittura diversa, contemporanea”.
La letteratura per Julio è una ragione di vita e quasi una fede: “Mia madre insegnava letteratura all’università, e quando da bambino le dissi che volevo diventare uno scrittore lei mi ammonì: ‘Scrivere è un sacerdozio, non ha niente a che fare con la celebrità e il divismo’. Io ho seguito questo insegnamento e ho intrapreso un percorso rigoroso. Credo nella letteratura, penso sia l’unico linguaggio in grado di contrapporsi all’egemonia del linguaggio pubblicitario. E’ l’unico specchio che la società ha per guardarsi e riflettere su se stessa: io la considero una questione di sicurezza nazionale.”
Oggi, secondo Martins, sono proprio gli scrittori migranti a offrire la fotografia più fedele della realtà italiana. Colgono aspetti nuovi e sanno dare un contenuto forte e vivo alle loro opere, anche grazie al loro passato fatto di traumi, sradicamento e sofferenza. Lui, il professore-scrittore venuto dal Brasile, intanto continua a scrivere nella sua tranquilla casa di Lucca: “Ho terminato una raccolta di racconti che si intitola Benessere e ora sto lavorando ad un libro, L’amore scritto, fatto di racconti brevissimi, frammenti, aforismi sull’amore, organizzati in modo tale che alla fine formano un romanzo”. La ricerca continua.