Letteratura nascente

Da La promessa di Hamadi

Saidou Mousa Ba (Senegal, Italia) Alessandro Micheletti
(La promessa di Hamadi, De Agostini, 1991)
(La memoria di A, De Agostini, 1995)
(Modou, Uouzin, ‘Mbare e Belal, 1999)[1]

Il primo testo di Saiudou Moussa Ba e Alessandro Micheletti è stato pubblicato nel 1991, cioè in un periodo che possiamo dire pionieristico della storia della letteratura della migrazione. Dopo il testo di Pap Khouma, quello di

Salah Methnani e il libro diario di Mohamed Bouscane esce La Promessa di Hamadi.

Il libro è diverso da quelli che lo hanno preceduto perchè i referenti sottesi sono differenti. I primi tre si rivolgono al grande pubblico italiano, che sta subendo lo shock dell’arrivo di un  numero di immigrati impensabile.

Quello di Ba e Micheletti si prefigge di parlare a ragazzi in età scolare   che va dalla terza media al biennio di scuola media superiore.

La comunicazione che si intende fare riguarda il mondo degli immigrati, in special modo dei senegalesi, la loro vita, i loro costumi, le difficoltà di ambientazione in Italia.

È un testo che prende per mano lo studente e lo avvicina alla vita dei senegalesi nel loro territorio, alle difficoltà di poter sopravvivere, alle carestie che determinano la povertà di quel popolo, alla necessità e speranza di emigrare come ultimo tentativo di porsi davanti una prospettiva di vita.

Il testo scandisce con un percorso lineare e comprensibile i vari passaggi che, all’inizio degli anni ’90, portavano l’emigrato a trovare la strada per arrivarein Italia con tutte le problematiche relative al mondo degli immigrati di queglianni. La difficoltà di vita senza un permesso di soggiorno, la umiliazioneche dovevano sopportare sempre ricattati nella loro posizione di irregolari, lecontinue angherie perpetrate dalle forze dell’ordine, la difficoltà nel trovarel’alloggio.

In questo viaggio didattico si inserisce la vicenda di Hamadi, che viene man mano svelata dal fratello Semba. Quegli ha sfidato la  camorra, perché non solo non ha voluto sottomettersi ad atti di prepotenza ma ha anche denunciato gli autori di violenze e soprusi.

È solo in parte un libro di formazione, non riesce ad essere neppure un vero giallo, perchè l’investigazione, la ricerca, è limitata, attenuata.

C’è infatti  un’altra preoccupazione   presente negli autori: mostrare quanta è dura la vita di un immigrato senegalese in Italia,  in una grande città.

L’intelligenza degli autori è quella di aver fornito alle scuole uno strumento didattico informativo non sotto forma di saggio, ma sotto forma di romanzo.

Nell’ambito della letteratura della migrazione  è da tener presente un primo elemento.

I tre testi che precedono La promessa di Hamadi trattano di storie autobiografiche; a torto o a ragione sono stati definiti “racconti di vita”, e presentano tutte le caratteristiche di un tale tipologia di scritti: il narratore è in prima persona, i fatti avvenuti riportati fedelmente, i personaggi non metaforici, ma reali.

Nel libro scritto da Ba e Micheletti si organizza, invece, una fiction particolare che ha scopo didattico, ma sempre fiction è. I personaggi non sono riproduzione di personaggi vissuti ma hanno la caratteristica della verosimiglianza, unico modo per far passare informazioni e notizie alla scuola su quel mondo degli immigrati che era ancora del tutto sconosciuto alla maggior parte degli italiani agli inizi degli anni ’90, il cui massiccio arrivo stava producendo ostilità, resistenza, e atti di xenofobia.

In tutta la letteratura mondiale ci sono testi che, scritti con intento essenzialmente didattico, si sono poi rivelati capolavori anche sul piano letterario: Si pensi a I viaggi di Gulliver, oppure al nostro Pinocchio.

L’operazione fatta dai coautori è stata   quella di scrivere un testo per ragazzi di scuola su cui fosse possibile intervenire con strumenti didascalici sul piano della conoscenza e sugli aspetti più formali di un testo, conservando anche il sapore letterario  di un vero romanzo con tutte le sue caratteristiche.

In questa costruzione narrativa è peculiare la figura del narratore. È un defunto, il fratello del protagonista Semba. Due sono gli aspetti che se ne possono trarre fuori. Il primo è che avere come narratore un fratello diventa accattivante sul piano didattico. È un’invenzione funzionale alla finalità dello scritto,  riuscitissima. 

È una figura pedagogica particolare che assume sul piano semantico la funzione della paternità, di guida e riferimento valoriale per il giovane Semba. Non è un caso che nella vicenda il padre dei due giovani sia scomparso fin da quando i ragazzi erano in tenera età.

Ma il narratore è   uno che è morto. Si saprà alla fine come e perché, quando  diventerà per un breve capitolo personaggio che si esprime in prima persona, ma è pur sempre uno che può conoscere il mondo narrato perché ha una visione   extraumana degli avvenimenti.

L’intelligenza dei due autori è stata quella di aver offerto questa possibilità narrativa senza che il testo diventasse macabro o assumesse contorni funerei.

Non so come si sono svolti i rapporti creativi fra Saidou Moussa Ba e Alessandro Micheletti, ma la leggerezza del narratore rappresentato da un defunto, così come avviene in questo romanzo, quasi certamente è ascrivibile

alla cultura senegalese, e di quel poco o tanto di animistico che è presente in essa.

Il romanzo, perché di romanzo si tratta, si pone l’obiettivo di insegnare qualcosa e di aprire la strada a una speranza futura ove la rigidità degli steccati nazionali, delle separazioni di etnie per motivi di colore, scompaiono. Vuole insegnare ai giovani che nonostante le apparenze il mondo degli immigrati è fatto di gente che esprime valori di giustizia, eticità, amicizia, rispetto.

Alcune sottolineature espressione della cultura centroafricana fanno da contorno essenziale della struttura della narrazione. L’importanza data alla “maga” Mahali, più venerata, più temuta, più ascoltata del marabutto, il “sacerdote” islamico. Non è un caso che il testo si apra e si chiuda con una invocazione a Mahali.

L’importanza degli amuleti, che si tratta di una conchiglia, che si tratti della sabbia è un elemento portante della cultura africana e non c’è uomo che parta, che si avventuri in un viaggio senza portarsi il suo amuleto.

Ma anche la sottolineatura data alla cultura dei griots, cantori, aedi della comunità anch’essi costretti a emigrare e incapaci quasi di esprimere la loro arte di canto fuori dal loro territorio.

Il romanzo di Saidou Moussa Ba e Alessandro Micheletti alla fine si rivela un testo che piace anche agli adulti. Non è un testo che giustifica tutto degli stranieri;  mette in rilievo che anche fra di loro ci può essere chi cerca di approfittare e delinque screditando  tutti gli altri.

Il testo è una geografia della realtà del mondo degli stranieri con le loro miserie e le loro grandezze.

Anche La memoria di A. è organizzato come un testo per ragazzi. La stessa premessa scritta dagli autori al testo lo esplicita in maniera chiara. È anch’esso un testo narrativo, perchè gli autori hanno voluto affrontare, sul piano della narrazione piuttosto che su quello del saggio, alcune problematiche inerenti al dilagare del razzismo in Italia e al rigurgito nazista in Germania.

Romanzo quindi finalizzato. E tuttavia alcune elementi di duplicità esistono. Intanto ci sono due edizioni fatte da due case editrici diverse. Una edizione per la casa editrice De Agostini corredata da note didattiche, così come era avvenuto per il precedente testo La promessa di Hamadi, ed un’altra per la casa editrice Abele associata alla organizzazione ONG dalla stessa denominazione.

Questa   edizione non è corredata da note.

Con molta probabilità, con questa operazione editoriale gli autori hanno voluto strizzare l’occhio a  tutta quell’ area geografica del mondo associazionistico, ipotizzando quindi che il testo potesse reggersi anche sul puro piano narrativo.

L’operazione è riuscita? Forse, anche se risente del periodo in cui è stata scritta. Proviamo a delineare alcune caratteristiche. Anche questa volta gli autori per incontrare il favore del giovane pubblico a cui il testo è destinato scelgono una figura di adolescente come narratore. Tutti i fatti, gli avvenimenti vengono quindi filtrati da quest’ottica particolare di una  realtà  percepita con gli occhi di un ragazzo.

Nel percorso narrativo il compito di coerenza fra fatti e organizzazione del narratore regge, in qualche momento però sembra non rispondere più a verosimiglianza, obiettivo prioritario degli   autori.

È chiaramente un romanzo di formazione che si determina attraverso le esperienze direttamente vissute dal protagonista. 

Un’indicazione che emerge sia sul piano didattico che su quello psicologico generale riguarda  la modificazione comportamentale dei soggetti che non avviene per informazioni   culturali, ma per esperienze direttamente vissute sulla   “pelle”.

L’idea del  razzismo trattato attraverso lo strumento narrativo e non saggistico   è significativo perché con  l’immedesimazione nel personaggio   è possibile convivere  e condividere le sue esperienze.

Il romanzo di Saidou Moussa Ba e Alessandro Micheletti sotto questo aspetto risulta efficace oltre che istruttivo.  È  chiaro che se fosse cattedratticamente imposto, piuttosto che scelto e letto con piacere, potrebbe produrre   effetti contrari.

Un altro aspetto sul piano della costruzione del testo sembra significativo. Ogni capitolo non tratta di un tema, ma di un personaggio. La vicenda si snoda quindi attraverso la presentazione successiva di varie tipologie di personaggi, percepiti attraverso gli occhi del protagonista. Scelta anche questa molto felice perchè i fatti e gli avvenimenti vengono visti attraverso questo filtro;  ogni personaggio nuovo fa da veicolo per la comprensione della realtà, che   viene acquisita attraverso un ripensamento personale, una riflessione, un contatto diretto, una complicità.

L’unità di azione viene stravolta attraverso la presentazione di più storie che si intrecciano e che servono a denunciare le varie forme di razzismo a volte evidenti, a volte nascoste nei ragionamenti più normali e più comuni. 

Emerge un razzismo   xenofobico e ve n’è   un altro molto più marcato che ripropone ideologie di un passato recente  che hanno sconvolto la storia del XX secolo. Le diverse storie che si intrecciano permette ai due autori

di far vedere come il razzismo attuale, che può sembrare a volte solo intolleranza o disagio, si lega strettamente al razzismo così nefasto perpetrato dal nazismo, che ha portato alla shoa.

Modou, Uouzin, Mbare è una storia semplice, senza molto intreccio o struttura narrativa. Viene fotografata una situazione, con tre personaggi senegalesi che nel loro rapporto con la cultura ospitante, occidentale, si comportano diversamente. C’è il restio, che tenta disperatamente di mantenere tutte le resistenze nei confronti dell’Occidente e dei suoi modi spicciativi ed emarginanti; ma c’è invece l’invaghito che accetta senza alcun filtro ciò che gli viene propinato dal Nord del mondo. C’è chi prende la vita così com’è.

Tre modi di rapportarsi, tre modi di essere che indicano come quel mondo dell’immigrazione che noi spesso registriamo nella nostra mente come a unadimensione, compatto senza variazioni salvo forse nei colori,  reagisce  in maniera del tutto diversificata a contatto con altra cultura.

Saidou Moussa Ba non dà giudizi sulla evoluzione e sui mutamenti che sono avvenuti in questi tre personaggi, ma termina il racconto con le parole di Modou che indicano amarezza per come non ci si sappia difendere dall’omologazione che i mass media continuano a forgiare ogni giorno dissipando culture, differenze, e in questo processo ancor più emarginando, perchè l’omologazione del pensiero in sé è il veicolo della perpetuazione delle ingiustizie, della separazione, della giustificazione di tutta la politica di sopraffazione

perpetrata proprio dal Nord del mondo.

Nel racconto pubblicato nel testo La lingua strappata mette in evidenza la tentazione che ogni immigrato subisce nell’incontro con l’altra cultura, accettando senza senso critico gli elementi anche più discussi. È un avvertimento di ordine pedagogico rivolto  ai propri connazionali.


[1] La lingua strappata, Leoncavallo 1999